Il movimento del Rent Strike è nato negli Stati Uniti con l’intenzione di creare una rete tra tutte le persone che non hanno la possibilità di pagare gli affitti e quelle che, pur avendola, solidarizzano. Il costruirsi di questa rete, fa sì che un problema individuale diventi una rivendicazione collettiva. La lotta per l’annullamento degli affitti – senza morosità da trascinarsi nel post quarantena, quindi – è attiva anche in Italia attraverso diversi nodi territoriali sparsi su tutta la penisola. Una partecipata assemblea nazionale telematica ha avuto il compito di unire queste reti, raccogliere testimonianze e proporre modalità di azione.
Ne abbiamo parlato insieme a Stefano di NapoliMonitor:
Affrontare la questione sanitaria all’epoca del coronavirus ci porta a percorrere un terreno sdrucciolevole. Nell’indicare le responsabilità di chi ha gestito questa crisi, nel parlare dei limiti strutturali e organizzativi dell’istituzione sanitaria, addentrandosi nella matassa dei tagli alla Sanità o del frammentato mercato del lavoro, si rischia di ricadere in una retorica riformista. Non ci interessa infatti chiedere che lo Stato funzioni meglio, o indicare come un potere altro dovrebbe gestire la situazione senza variare, però, la natura e la struttura che stanno alla base.
Nella notte arriva la ripercussione delle guardie: 100 agenti in assetto antisommossa svegliano i detenuti di soprassalto e li piacchiano selvaggiamente. Le comunicazioni e le videochiamate vengono bloccate ma la notizia riesce ad uscire e un gruppo di parenti si riunisce davanti alla casa circondariale per sapere lo stato di salute dei propri cari. Appena iniziano a uscire alcuni detenuti, sono evidenti sul loro corpo i segni di una mattanza.
Qui vi riportiamo le parole di un parente che ha deciso di telefonare a RadioBlakout ed esprimere le sue preoccupazioni e la sua rabbia.
Coronavirus nel carcere di Caserta,
i detenuti: «Massacrati in cella»
Martedì 14 Aprile 2020
È un detenuto scarcerato venerdì l’uomo comparso, in questi giorni, in una foto pubblicata sui social network con la schiena striata da lividi e graffi. Quello stesso detenuto compare in un video inviato a Il Mattino in cui racconta ciò che, secondo lui, è accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere tra le 15 e la mezzanotte di lunedì. Quando, secondo il recluso napoletano che ha denunciato il tutto alle autorità preposte, una volta andati via dal carcere i magistrati di sorveglianza, nel reparto Nilo ci sarebbe stata una rappresaglia della polizia penitenziaria nei confronti dei detenuti che avevano preso parte alla protesta del giorno precedente.
«Quando abbiamo saputo che c’era un detenuto contagiato ci siamo spaventati, noi chiedevamo le distanze e che le guardie non entrassero più nella sezione senza mascherine. Abbiamo chiesto i tamponi e ci hanno promesso che li avrebbero fatti il lunedì. Sono uscito oggi (ieri, ndr) e di tamponi non ne ho visti. L’unica cosa che ho visto, per la prima volta in vita mia nonostante sono stato quindici anni in carcere, è un abuso di potere senza precedenti»: parla un detenuto ai domiciliari da ieri mattina. «Abbiamo protestato, è vero, ma abbiamo fatto solo lo sciopero della fame e la battitura, non abbiamo mai alzato le mani. Abbiamo manifestato la nostra paura di morire come topi in carcere. Lì al Nilo ci sono cardiopatici e diabetici, ormai il virus arriverà anche lì e se non si prendono provvedimenti sarà una tragedia. Dicevano che ci avrebbero fatto i tamponi, lunedì aspettavamo le telefonate normali alle 14.30 e ci hanno detto che non c’era linea. Al quarto piano, io stavo all’ottava sezione, abbiamo iniziato a sentire grida d’aiuto. La gente del padiglione Tevere ci urlava che stavano venendo pure da noi. Ci hanno detto: “Togliti le lenti e mettiti faccia a muro”. Sono arrivate 100 guardie e ci hanno presi a colpi di manganelli nelle spalle e sulle gambe. Urlavano “Noi siamo lo Stato! Noi comandiamo, voi siete la munnezza”. Mi creda, in quel momento anche il più grande delinquente ha avuto paura di morire. Quelli che hanno fatto i promotori della rivolta sono stati picchiati molto più duramente, c’era sangue nelle celle. Io ho preso solo calci perché non ho reagito. Mai in vita mia ho visto una cosa simile, denuncerò tutto». Il detenuto, 50 anni, si è rivolto al suo avvocato per informare la Procura. E non è il solo. «Ci hanno presi a anni di manganellate su tutto il corpo, pensavo che saremmo morti. Ci hanno tirato fuori dalle celle, picchiandoci anche mentre eravamo sulle scale, sto soffrendo per quello che ho subito, ci hanno danneggiato fisicamente e psicologicamente. Chiedo un aiuto per i miei amici che sono rimasti ancora lì». È il racconto di un secondo detenuto, liberato venerdì, colui che ha inviato un video a Il Mattino. Ha grossi bernoccoli sulla testa oltre ai segni rossi sulle spalle. «Dovevano scarcerarmi lunedì sera, ma la misura firmata dal giudice è stata eseguita cinque giorni dopo nella speranza che si attenuassero sul mio corpo i lividi e gli altri segni di percosse. Altri sono messi peggio di me: ho denunciato tutto per tutelare chi è ancora dentro il carcere».
Dal giorno della protesta delle donne dei detenuti davanti al carcere di Santa Maria Capua Vetere, molti di questi racconti sono stati inviati al garante dei detenuti napoletani, Pietro Ioia, che li ha condivisi sui suoi canali social, e al garante campano, Samuele Ciambriello, che ha scritto alla Procura di Santa Maria Capua Vetere per chiedere che si avviino le verifiche del caso. Anche i Radicali hanno trasferito ai pm l’sos dei familiari. E, prima ancora, erano stati i magistrati di sorveglianza ad apprendere dell’esistenza dei file di denuncia sui maltrattamenti e a innescare verifiche.
Diametralmente opposta a quella resa dai detenuti è la versione dei fatti del Dap. Dopo la rivolta del fine settimana, infatti, il Dipartimento ha negato ogni forma di violenza. E, nel contempo, è stato reso noto che, dopo la «battitura», diversi detenuti del Nilo avevano probabilmente in animo di organizzare una rivolta ben più energica di quella di domenica. Durante una perquisizione straordinaria, la polizia penitenziaria avrebbe infatti ritrovato in diverse celle del reparto Nilo armi rudimentali, come mazze e lame ricavate da oggetti di fortuna, oltre a diversi telefoni cellulari. Inoltre, nel corso della prima protesta, alcuni reclusi avrebbero minacciato gli agenti con dei contenitori pieni di olio bollente. Saranno gli accertamenti della Procura a chiarire se, dentro le mura dell’Uccella, lunedì si è verificato qualcosa di illecito.
La libertà di scelta, già pesantemente condizionata dai limiti imposti dalla legge 194, in questo periodo diviene molto difficile e spesso impossibile.
Abbiamo provato a capirne di più con Eleonora di Obiezione Respinta, gruppo che da anni si occupa di monitorare l’obiezione in ospedali e farmacie, che ha lanciato “Sos aborto – Covid 19” un canale telegram che fornisce i dati sulla situazione nelle varie regioni e nelle diverse strutture ospedaliere e consultori. Si occupa anche di accogliere le testimonianze delle donne, che devono affrontare un percorso ad ostacoli sempre più arduo.
Carcere Opera, avv Losco: “Mio assistito buttato a terra e preso a calci e pugni in testa” “Possibile che l’aggressione sia legata alle proteste del 9 marzo” CRONACA (Milano).
“Il 9 marzo scorso il mio assistito ha partecipato attivamente ai disordini nel carcere di Opera dove i detenuti hanno protestato per le misure restrittive messe in atto dalla direzione sotto impulso del Governo. Continue reading
Come ogni venerdì abbiamo fatto il nostro viaggio settimanale su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.
Commenti disabilitati su Anarres del 3 aprile. Il gigante con i piedi d’argilla. Flash sul mondo capovolto. Epidemia rende visibili le nostre catene. Lottare al tempi del Covid… | tags: Anarres, audio, INPS, lotte, Massimo Varengo, radio Blackout | posted in Audio e video
Come ogni venerdì abbiamo fatto il nostro viaggio settimanale su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.
Come ogni venerdì abbiamo fatto il nostro viaggio settimanale su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.
Uno sguardo sul reparto sanità con Alessandro (cub-sanità), per capire le richieste dei lavoratori socio-sanitari in prima fila nella lotta al covid-19. La retorica degli “eroi nazionali” si infrange con le solite condizioni contrattuali di precariato e sfruttamento, in cui vengono negate agli stessi operatori le condizioni minime di prevenzione.
Per ascoltare il contributo: https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/09/bosn3.png
Cub Sanità: Apertura stato di agitazione del personale nel settore socio-saniatario-educativo-assistenziale della Lombardia
26 marzo 2020
Residenze per Anziani e Disabili, soggetti portatori di patologie psichiatriche e Assistenza Domiciliare, che operano a vario titolo sul territorio Regionale su temi inerenti la situazione determinatasi con il virus Covid-19.
OGGETTO:apertura stato di agitazione del personale nel Settore socio-saniatario-educativo-assistenziale: Residenze per Anziani e Disabili, soggetti portatori di patologie psichiatriche e Assistenza Domiciliare, che operano a vario titolo sul territorio Regionale su temi inerenti la situazione determinatasi con il virus Covid-19
Con la presente, in ottemperanza dell’Art. 2 c. 2 Legge 146/1990 e s.m.i., si effettua la richiesta di conciliazione in relazione alle gravi problematiche inerenti la gestione dell’Emergenza Coronavirus sul territorio e si proclama lo stato di agitazione del personale dei Servizi in oggetto sull’intero territorio regionale lombardo.
Riceviamo infatti da settimane numerose segnalazioni dei lavoratori del settore (medici, infermieri, operatori socio-sanitari) e ci riferiscono di una situazione già gravissima in termini di contagi e di decessi, termini che sono di una gravità tale da costringerci a ignorare, se necessario, ogni limitazione al diritto e alla facoltà di sciopero e dobbiamo perciò rappresentarVi la richiesta di interventi immediati a tutela di salute e sicurezza di lavoratrici e lavoratori e per l’incolumità pubblica e dell’utenza dei servizi e della collettività tutta. La situazione sarà a breve “drammatica” perché nelle RSA e RSD e altre similari, in cui già mancavano i dpi utili a eventuale prevenzione, oggi mancano quelli da utilizzarsi nella fase di presenza Virus certa e conclamata. In questi settori necessita sia attuata una importante prevenzione attraverso norme igieniche e di utilizzo dei DPI in cui sia lavoratori che pazienti siano messi in sicurezza poiché è ormai palese che anche gli asintomatici sono veicolo attivo del virus. Per questo i lavoratori devono avere cuffia, occhiali/visiera protettiva, mascherina filtrante facciale con sopra mascherina chirurgica, camice monouso idrorepellente, guanti, calzari. Mentre i pazienti devono indossare per lo meno mascherine chirurgiche. Non è possibile aspettare di intervenire alla comparsa dei sintomi. E’ una strategia fallimentare che compromette la salute e la vita stessa di lavoratori e pazienti. Inoltre è essenziale che i lavoratori siano adeguatamente informati e formati per poter affrontare questa emergenza. Sempre in tema di prevenzione rivendichiamo il diritto che venga effettuato il tampone a tutti i lavoratori, oltre che a tutti i pazienti.
Siamo a chiedere infine che nelle norme ed i Decreti prossimi a venire o a integrazione dei passati, sia scritto a chiare lettere che i medesimi riguardano anche il Settore del Socio-sanitario-educativo-assistenziale o ci sia una nota a parte, poiché se ogni riferimento resta “generico” al solo Settore Sanitario, le Aziende Socio-assistenziali-educativo-sanitarie, non riconoscendosi come Soggetto Sanitario, non si adeguano alle norme emanate, in danno a lavoratori e Utenti.
Per quanto sopra CUB Sanità avvia lo STATO DI AGITAZIONE, e CHIEDE L’IMMEDIATA CONCILIAZIONE nei tempi previsti dalla Legge, quale strumento per evitare la proclamazione dell’astensione dal lavoro,
Rimaniamo a disposizione per contatti urgenti Distinti Saluti
Cub Sanità Italiana
Confederazione Unitaria di Base
Milano V.le Lombardia 20 – tel 0270631804 – fax. 0270602409
www.cub.it – mail: sanitamilano@cub.it – pec: sanita-cub@postecert.it
Militari per le strade, droni, tracciamento dei movimenti: l’epidemia rende normale la perdita degli esigui spazi di libertà di cui godevamo sino ad un mese fa. Persino la tutela della nostra incolumità va in secondo piano. Un esempio? L’ENAC ha sospeso tutte le regole che limitavano per ragioni di sicurezza l’utilizzo dei droni in aree abitate. Continue reading
Lavoratori e lavoratici contro il provvedimento governativo sulla sospensione delle attività produttive non essenziali a causa del Covid-19. Per i sindacati le maglie dello stop sono ancora troppo larghe. Chiedono di ridurre l’attività, perché ‘prima viene la salute’: dai calcoli della Cgil, sono infatti almeno 12 milioni le persone al lavoro. Ma a Confindustria non basta: “siamo entrati in un’economia di guerra, perderemo cento miliardi al mese”, dice il numero uno Boccia. Oggi, martedì 24 marzo, il governo ha convocato una videoconferenza con i sindacati, che chiedono di ridurre pesantemente il numero dei settori – 80 – lasciati aperti dal decreto.
l ministro della Giustizia Bonafede ha riferito in Parlamento sulle rivolte, negli scorsi giorni, in oltre 27 carceri italiane.
I detenuti protestano soprattutto per le forti limitazioni agli incontri con i familiari senza soluzioni alternative, chiedono garanzie contro il contagio da coronavirus e rinnovano la richiesta di un indulto per ridurre il sovraffollamento. 12 detenuti sono morti durante le proteste, in circostanze ancora da chiarire.
Le informazioni sullo stato della diffusione del coronavirus si ammassano e si susseguono agitate attraverso mezzi di comunicazione e protocolli governativi. La situazione pare cambiare in fretta. Le voci di questo audio sono state registrate a inizio settimana, forse le condizioni contingenti di cui parlano sono già mutate. Continue reading