Pubblicato il 28 Ottobre 2020 su carmillaonline.com
di Sandro Moiso, Maurice Chevalier e Jack Orlando
“L’unico attore sociale che ancora mancava nella crisi più clamorosa della modernità è dunque arrivato in scena, presentandosi a Napoli: è il ribellismo che scende in piazza […] contro tutto, la Regione, il governo, le regole, la prudenza, la paura, in quanto è fuori dal sistema, alla deriva in un luogo sconosciuto della politica dove anche il contratto tra lo Stato e i cittadini pare non avere più valore […] Come Napoli ha anticipato, qualcuno fa i conti con il costo di questa emergenza infinita, questa precarietà permanente, questa instabilità costante, scopre che il costo è alto almeno quanto il rischi del contagio, e presenta il saldo al potere.
Manifestazioni di protesta si diffondono in tutta Italia contro la gestione dell’emergenza sanitaria e il nuovo dpcm in vigore. Migliaia in piazza a Napoli, un migliaio a Torino, centinaia a Milano. Manifestazioni anche a Palermo e Catania. A Torino e Milano scontri con la Polizia.
26 ottobre 2020 – La pandemia di sars-covid19 ha mostrato in Italia con la massima chiarezza, se ancora ce ne fosse stato bisogno, la realtà del sistema concentrazionario di gestione delle persone che migrano, chiamato impropriamente e ipocritamente, anche a sinistra, “accoglienza”. Con il pretesto di presunte misure sanitarie hanno intensificato il mortifero filtro delle frontiere, l’immediato isolamento e segregazione delle persone al momento dello sbarco o del rintraccio ai confini, negli hotspot e sulle navi prigioni, i trasferimenti coatti, la reclusione di massa in strutture sovraffollate, la ripresa delle deportazioni, il controllo militare e poliziesco dei vari campi di concentramento, causando così il conseguente prevedibile insorgere di focolai di contagio, usati dai partiti per inasprire ulteriormente queste misure.
Abbiamo scritto a caldo nella notte su quanto stava succedendo a Napoli su facebook: “La piazza di questa notte a Napoli forse è stata di pancia, contraddittoria, ambigua, stratificata come la società in cui viviamo, come il suo rovescio. Ma a Napoli stanotte si è rotta l’ipocrisia dietro cui si nasconde l’incapacità di chi ci governa, il fallimento di questo modello economico di fronte al virus, la violenza che per mesi chi è stato lasciato indietro ha dovuto subire.”
“Tu ci chiudi, Tu ci paghi!” Uno degli striscioni esposti nello spezzone di corteo diretto alla regione campania riassume forse meglio di ogni altra cosa le rivendicazioni e le tensioni sociali che sono esplose infine stasera. Migliaia di persone in piazza San Domenico (nella stragrande maggioranza con mascherine e attenzione a rifuggire ogni lettura “negazionista”), centinaia, forse un migliaio che poi si sono recate sotto la regione Campania in quella che è stata la prima violazione di massa del coprifuoco. Tensioni che sono divampate in momenti di scontro e di rabbia sotto palazzo Santa Lucia.
19 ottobre 2020 – in Repubblica Ceca e in Slovacchia alcune manifestazioni contro le misure di confinamento per il Covid hanno dato vita a scontri con la polizia.
Quattro chiacchiere con gli Antifascisti della Garra Blanca, uno dei sottogruppi più attivi e schierati all’interno della tifoseria Colocolina tra i principali protagonisti delle proteste di piazza in Cile. Ne è venuta fuori una bella intervista, che pur essendo stata fatta prima dell’esplosione della pandemia nel paese andino quindi con dinamiche sociali differenti, riesce a darci un’idea di cosa significhi essere del Colo Colo e di cosa ha portato le tifoserie cilene a scendere in piazza contro Pinera e il neoliberismo.
(In Cile tra il 18 marzo e il 7 luglio sono state arrestate oltre 90 mila persone, il doppio di quelle registrate nel periodo della rivolta dell’autunno 2019, quando milioni di persone protestavano in strada. Foto Izquierdadiario.es)
1 ottobre 2020 – Non lasciano uscire la gente nemmeno per andare a fare la spesa. L’altro giorno hanno preso alcuni bambini che andavano a comprare qualcosa in un chiosco, li hanno fermati, perquisiti in tutto il corpo e poi gli hanno puntato l’arma alla testa. Uno dei bambini aveva tre anni. La denuncia di una mamma di una delle villas miserias di Buenos Aires, cui è stato ucciso il figlio lo scorso anno, è impressionante. Accade assai spesso che alcuni dei processi che in Europa si manifestano con maggior lentezza e in modo meno intenso e visibile, mostrino prima e più apertamente il loro volto in América Latina. Purtroppo si tratta quasi sempre di un volto spietato. Conosciamo da tempo e fin troppo bene le straordinarie capacità del capitalismo di trasformare le sue crisi, anche le più profonde, in opportunità. Sta accadendo con l’estrattivismo, in América Latina (ma anche da noi), che approfitta dell’emergenza (sanitaria, economica, etc.) per intensificare la violenza predatoria e giustificarne le devastanti conseguenze ambientali e sociali. Come racconta qui Raúl Zibechi, tuttavia, la pandemia e il confinamento forniscono oggi l’occasione per sferrare un’aggressione violentissima ai territori latinoamericani con una repressione di inaudita ferocia nei confronti di chi all’estrattivismo si oppone e, più in generale, dei settori popolari. In particolare di quelli che nell’autunno dello scorso anno erano stati protagonisti di grandi rivolte come quelle cilene ed ecuadoriane. Una impetuosa ondata di assassinii, arresti e abusi di potere da parte delle forze dell’ordine, accompagnata in molte regioni dall’offensiva dei paramilitari, si sta abbattendo sull’intero continente, dalla crescita del razzismo istituzionale e sistematico degli Stati Uniti alle repressioni “normalizzate” sui Mapuche nella Patagonia argentina e cilena. La tenebrosa risonanza tra la denuncia della quarantena selettiva che diventa segregazione in molti quartieri di Madrid, Portland, Bogotà, Rio de Janeiro e Santiago del Cile è piuttosto evidente, ma la resistenza non manca e comincia a organizzarsi
Si scende in piazza contro il piano di demolizioni di edifici costruiti in maniera abusiva in tantissimi quartieri e città egiziane portato avanti dal regime di Al-Sisi, sempre più attivo in operazione di gentrification e speculazione edilizia
Di fronte alle nuove restrizioni attuate da vari stati e in alcune città, nascono spontaneamente e un po’ dovunque proteste e manifestazioni contro le misure dei governi e delle amministrazioni locali, viste come un tentativo di nascondere le proprie inefficienze e un modo per colpire selettivamente i quartieri e gli strati popolari più poveri.
Chi governa e chi gestisce l’informazione ufficiale lancia già segnali di preoccupazione per la tenuta dell'”ordine pubblico”. Altri recuperatori della politica cercano di imbrigliare le proteste e farsi portavoce soprattutto della componente della classe media (ristoratori, commercianti, albergatori, negozianti) che non nascondono i propri malumori. Riproduciamo un articolo dai media mainstraem.
25 settembre 2020 – Risalgono i contagi da Covid-19 dopo il calo estivo. In alcuni stati d’Europa torna l’obbligo della mascherina anche all’aperto, ad esempio nella Repubblica Ceca e in molte zone della Francia. Anche in Spagna la comunità autonoma di Madrid ha deciso di estendere le restrizioni alla mobilità nella città con misure che interessano più di un milione di persone, che hanno anche provocato diverse proteste perché considerate come un “confinamento classista” che interessa solo le zone più povere della capitale. L’Inghilterra dal canto suo, dopo aver effettuato un nuovo lockdown “parziale” che vede coinvolti più di 2 milioni di abitanti, già pensa a un nuovo lockdown nazionale, sull’esempio di Israele che è stato il primo stato del mondo ad imporre una seconda chiusura totale. Ed anche in Italia dopo la fine del lockdown si registra un record di contagi riscontrati: circa 1.900 al 25 settembre e quasi 3.000 focolai attivi. Nelle scuole circa 400 quelle colpite e una quarantina di istituti chiusi. Alcuni comuni (ad esempio Foggia, Polignano (Bari), Formia in provincia di Latina, il centro storico di Genova ed altre zone della Liguria come i comuni della Lunigiana) hanno reintrodotto l’obbligo di portare la mascherina anche fuori dai luoghi al chiuso. L’esempio è stato ripreso dal governatore Vincenzo De Luca, che ha reso questa pratica obbligatoria sull’intero territorio della regione Campania attraverso una apposita ordinanza. Introducendo multe fino a mille euro. “Dopo l’ordinanza di ieri ci sono 24 ore di tolleranza sulla mascherina, poi devono partire con multe da mille euro (…). Se nei prossimi tre-quattro giorni – ha detto De Luca in diretta facebook – verifichiamo con gli epidemiologi che la curva del contagio non si stabilizza e non scende, chiuderemo tutto, senza dati tranquillizzanti cominciamo a prendere in mano questioni come la movida, senza nessuna esitazione”. La Campania è stata poi subito imitata anche dalla Calabria. E come sembra presto anche il Lazio potrebbe seguire la stessa strada delle due regioni. Intanto, dopo Lucoli, frazione dell’Aquila (Abruzzo), Aidomaggiore, piccolo paese di 430 abitanti in provincia di Oristano (Sardegna) è il secondo comune dopo la fine del lockdown in Italia a diventare interamente zona rossa, con la reintroduzione dell’autocertificazione obbligatoria per uscire di casa. Il Governo nega di pensare ad un nuovo lockdown nazionale e pensa a zone rosse localizzate, mentre si prepara a prolungare fino alla fine dell’anno lo “stato di emergenza” in scadenza il 15 ottobre.
Madrid. L’amministrazione di destra, oltre ad aver sottovalutato il primo stato d’allerta della pandemia, ha deciso un confinamento solo per le periferie dove vivono soprattutto immigrati e altre persone appartenenti alle fasce sociali più svantaggiate
Riguardo alle passeggiate dei cosiddetti “Walldorfer Corona-Rebellen”e alle loro “passeggiate del lunedì”, dopo essere stato tranquillo per un certo periodo di tempo, lunedì 21 settembre Walldorf è diventato di nuovo il terreno di marcia di circa 60 fan della cospirazione sul Covid e nazionalisti di destra.
Tuttavia, questi potevano tenere il loro raduno solo di fronte a diverse e soprattutto rumorose proteste antifasciste.
Coordinamento Precari/ie invita a rifiutare gli incarichi aggiuntivi: “Azione di protesta tesa a far emergere quanto noi precar* siamo essenziali per il buon funzionamento di un sistema scuola che si rifiuta, anno dopo anno, di stabilizzarci”.