In mancanza di idee e di profili politici più definiti la scelta della specie di pennuti alla quale iscriversi ha tutta l’aria di un provvisorio blasone identitario, un’esibizione di “carattere” e di “fermezza” che non teme in nessun modo la perdita di consenso
E’ ormai chiaro che il susseguirsi dei decreti e la scelta dei colori da assegnare alle regioni (con le conseguenti restrizioni) che cambiano in base alla criticità delle condizioni dei presidi ospedalieri rispetto al numero dei contagi, non sono volti a contrastare l’emergenza sanitaria in atto ma sono palesemente strumenti di repressione e di controllo messi in campo dallo Stato per agevolare gli affari della grande industria alimentare, dell’industria bellica e della logistica.
Dopo che col DPCM del 13 ottobre il governo ha introdotto l’obbligo di mascherina all’aperto in tutto il paese, ecco che arriva l’ennesimo abuso da DPCM del presidente del consiglio Conte. Possibilità di coprifuoco alle 21 nelle zone della movida dove si verificano assembramenti, vietate le tavolate nei ristoranti e i convegni in presenza. Alle superiori forme flessibili nell’organizzazione della didattica: incremento della didattica digitale, spinta ai turni pomeridiani e ingresso a partire dalle 9. No a sagre e fiere di paese, sì solo a manifestazioni fieristiche a carattere nazionale e internazionale. Sono alcune delle novità introdotte dal nuovo DPCM approvato nella serata del 18 ottobre.
Le nuove misure sono in vigore a partire dal 19 ottobre e fino al 21 novembre.
Alcuni chiarimenti di seguito.
Quello delle mascherine all’aperto per arginare il pericolo di una “seconda ondata” del virus che provoca il Covid-19 sembra essere diventato un mantra. Già l’ultimo dpcm del premier Conte aveva prorogato fino al 15 ottobre le misure decise finora (suscettibili di un prossimo prolungamento fino alla fine dell’anno): tra queste anche l’obbligo di indossare la mascherina dalle ore 18.00 alle 6.00 nei luoghi all’aperto dove “non sia possibile mantenere la distanza di sicurezza di un metro dalle altre persone” e dove permanga il rischio di “assembramenti” ovvero davanti a locali notturni, nelle vie della cosiddetta “movida”, nei dehor di pub e ristoranti a meno di essere seduti a un tavolo. Queste misure sono state da qualche giorno inasprite da alcune regioni. Dopo la Campania e la Calabria, ora con un’ordinanza firmata dal presidente Nello Musumeci il 27 settembre (valida dal 30 settembre al 30 ottobre) l’uso della mascherina all’aperto è stata resa obbligatoria anche in tutta la Sicilia.
Socializziamo uno scritto preparato per l’assemblea tenutasi alla Panetteria Occupata sabato 5 settembre come riflessione sul tema dell’utilizzo delle sanzioni per violazione del “distanziamento sociale”. Insieme a queste riflessioni che abbiamo voluto socializzare come nostra base per lo sviluppo di un percorso collettivo di risposta a questa forma di repressione alleghiamo delle note scritte all’inizio di questo anno (prima del periodo Covid) rispetto ai “Decreti sicurezza” in un momento in cui era all’ordine del giorno la necessità di una loro critica radicale. Pensiamo che entrambi questi terreni parziali di critica e di lotta siano oggi percorribili e necessari.
In democrazia dovrebbe essere un obbligo rendere chiari i passaggi che portano il Governo a compiere determinate scelte. Ora, il governo Conte ha deciso di tenere segreti i documenti del Comitato Tecnico Scientifico, cioè di quell’organismo che lo ha supportato nelle decisioni da prendere sulla pandemia. Perché?
Nella notte tra il 6 e il 7 luglio, il consiglio dei ministri ha approvato salvo intese il decreto legge Semplificazioni, noto anche con il nome di Italia Veloce. Euforici, in particolare, Italia Viva e il Movimento 5 Stelle. Il decreto, che trae ispirazione da alcune delle proposte avanzate dalla commissione che ha presentato il Piano Colao, prevede procedure semplificate e restrizione dei termini per la realizzazione di opere pubbliche, dalla costruzione di reti ferroviarie all’edilizia scolastica, dalla banda larga alla costruzione di metanodotti. Tali semplificazioni riguardano la normativa in materia ambientale e di contratti pubblici e, complessivamente, contribuiranno a rendere sì più veloce, ma anche meno trasparente e democratico l’iter di costruzione di opere pubbliche già oggi estremamente vulnerabile a infiltrazioni criminali e speculazioni.
Centinaia di persone in tutto il paese, specie nelle grandi città interessate da fenomeni di speculazione, hanno perso la casa per “colpa” dell’emergenza del Covid-19 che si è andata ad aggiungere alle consuete ingiustizie sociali. Il governo cerca di correre ai ripari sospendendo le misure di sfratto per morosità fino alla fine del 2020.
2020. Era Covid. La fase 1 è finita. L’economia arranca. Nell’impresa di far ripartire tutto senza ricostruire nulla, con l’intento di perseverare sulla strada della disuguaglianza sociale, dei doveri in entrata e dei diritti in uscita, un manipolo di politici prepara la più grossa diligenza carica di ori e di denari dai tempi della trilogia del dollaro. Quelli filmici. Come ai tempi, nel tragitto questa diligenza è stata presa d’assalto: lo scontro è stato cruento, gli esiti li descriveremo in quest’approfondimento che parte da un fatto, passato inosservato in un’epoca in cui l’esposizione mediatica pare direttamente proporzionale all’ignoranza messa in scena.
“Ci sono dei momenti in cui c’è da incazzarsi: quelle immagini sono vergognose”. Afferma Giuseppe Sala, sindaco di Milano, all’indomani dell’8 maggio 2020, giorno di “folla” sui Navigli. Segue ultimatum: “O le cose cambiano oggi, non domani, o prenderò provvedimenti e chiuderò i Navigli”. Poi ancora in rapida sequenza, Berlusconi: “Le foto mi hanno preoccupato” e gli indignati da social (tutti per uno, il regista Gabriele Muccino: “Sala chiuda i Navigli”).[1] Ovviamente non può mancare la partecipazione indignata del governatore della Campania Vincenzo De Luca che chiede di sensibilizzare tutte le forze dell’ordine e le polizie municipali “per la messa in atto di controlli rigorosi nei luoghi di maggiore assembramento della città e della provincia di Napoli, così come richiesto in tutta la regione”.[2].
FCA Group, attraverso la controllata FCA Italy che gestisce le attività in Italia, avrebbe intenzione di chiedere un prestito di 6,5 mld di euro a Intesa Sanpaolo con garanzia pubblica dello stato per l’80% dell’importo attraverso Sace.
Appena calata l’attenzione sull’emergenza sanitaria, il sistema imprenditoriale e proprietario italiano ha deciso di passare al contrattacco con inusuale violenza. Giocano d’anticipo per farci pagare la recessione che verrà e per evitare che la loro crisi di legittimità si fissi in nuove pretese sociali. Ora, con l’approvazione del decreto Rilancio, i nuovi rapporti di forza vengono ratificati da un esecutivo preso in ostaggio dagli interessi privati.
Cosa abbiamo vissuto dalla fine di febbraio ai primi di maggio del 2020?
In cosa è diverso il modo in cui si è gestita l’emergenza coronavirus dai modi in cui si affrontarono grandi epidemie nel passato?
Provo a gettare un primo sguardo retrospettivo, dal mio punto di vista, che è quello di uno storico. In sostanza, proverò a trovare analogie e differenze tra le politiche di contenimento del Covid-19 e le risposte ai contagi di massa verificatisi nella storia.
Da oggi parte la campagna “Ora a casa restateci voi” per chiedere le dimissioni dirette della giunta Fontana dopo la gestione disastrosa dell’epidemia in Lombardia (di cui abbiamo già avuto modo di parlare anche noi in diversi approfondimenti in questi due mesi). Consapevoli che le responsabilità del disastro non si fermano alla Regione ma sono molto più profonde e coinvolgono anche importanti pezzi del governo, del Comune di Milano, di Confindustria e Confcommercio, convinti che la soluzione non sia il commissariamento ma la fine di questa classe tecnico-politica, sosteniamo l’appello per iniziare a farla finita con i signori verde-nero-azzurri della destra lombarda.
Come ogni venerdì abbiamo fatto il nostro viaggio settimanale su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.