COVID 19 E FIAT: 6,5 M.DI A PREZZI STRACCIATI Il prendi i soldi e scappa non funziona più: non c’è niente da mungere!

17 maggio 2020

FCA Group, attraverso la controllata FCA Italy che gestisce le attività in Italia, avrebbe intenzione di chiedere un prestito di 6,5 mld di euro a Intesa Sanpaolo con garanzia pubblica dello stato per l’80% dell’importo attraverso Sace.

Tale possibilità è prevista dal decreto liquidità per garantire la continuità delle attività delle imprese con fatturati superiori a 1,5m.di o con più di 5000 dipendenti in Italia danneggiate dalla pandemia.
Se la richiesta venisse confermata, mentre i lavoratori sono dentro una crisi sanitaria, economica e sociale che si aggiungono con le pre-esistenti crisi ambientali, si imporrebbe una chiara e dura iniziativa per impedirla per un notevole numero di ragioni.
La richiesta è irricevibile perché la domanda di finanziamento, avvalendosi delle garanzie pubbliche dello Stato, è fatta da un grande gruppo industriale che ha abbandonato il paese cui ora chiede i prestiti, per spostare la sede legale nei Paesi Bassi.
Certo non è stata solo FCA a lasciare il nostro Paese per trasferirsi in Olanda. Lo hanno fatto anche l’Eni, l’Enel, Luxottica, Illy, Ferrero, Saipem, Telecom Italia, Cementir, etc,. Lo hanno fatto per i bassissimi prelievi presenti sui dividendi, sui guadagni da cessioni/partecipazioni e sulle royalties.
Sarebbe quindi ora opportuno che anche l’Italia, così come ha fatto la Francia e la Danimarca decidesse di escludere dai contributi statali le società con sedi nei Paesi che offrono una fiscalità di vantaggio.
La richiesta è irricevibile inoltre perché non è ancora chiaro il destino dei lavoratori e degli stabilimenti italiani dentro l’accordo di vendita a PSA e perché proprio per la cessione del patrimonio, costruito con contributi pubblici, Fca ha incassato 5,5 m.di per gli azionisti e in particolare per la cassa di famiglia Exor.
La stessa Exor non ha avuto problemi a comprare il gruppo Gedi non certo per far cultura ma per utilizzare per i propri interessi il settore dell’informazione.
La crisi economica avrà una dimensione superiore a quella del 2008, nella quale la manifattura ha perso oltre il 25% di capacità produttiva. I nostri imprenditori hanno delocalizzato e precarizzato il lavoro ben tutelando i propri interessi.
Si è invece allargata l’area della povertà, che ora coinvolgerà i nuovi disoccupati, le fasce del lavoro autonomo e irregolare, la piccola imprenditoria commerciale, ecc. Si amplieranno tutte le diseguaglianze: quelle economiche e territoriali per il diverso impatto della crisi sui diversi settori economici (si pensi al turismo in negativo e, in positivo, alle aziende del settore sanitario.
Più che sprecare risorse dando a tutti, anche a chi se ne è andato, a chi ha fatto lauti profitti o non ha avuto danni, occorrerà fare scelte precise: garantire ai lavoratori occupazione stabile e reddito e lavorare ad un piano straordinario di investimenti pubblici stabilendo quali settori tutelare nell’interesse del paese a partire dalla messa in sicurezza del territorio e dal rafforzamento di alcuni settori strategici per aumentare l’autosufficienza del paese.
Il giochino di imporre la priorità del mercato a discapito della funzione sociale dello stato, salvo chiedere soldi a fondo perduto, deve finire: cara Fiat non c’è più da nulla da mungere!

Milano 17 maggio 2020

CUB – Confederazione Unitaria di Base
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    Covid-e-fiat.pdf

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FONTE: https://www.cub.it/index.php/174-organizzazioni-cub/flmuniti-cub-metalmeccanici-telecomunicazioni/13788-covid-19-e-fiat-6-5-m-di-a-prezzi-stracciati-il-prendi-i-soldi-e-scappa-non-funziona-piu-non-c-e-niente-da-mungere


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