Di nuovo uno sgombero di uno spazio autogestito. Questa volta è toccato allo spazio anarchico Les Galipettes a Milano dopo soli tre giorni dall’occupazione, sgomberato martedì 27 ottobre alle sette di mattina dopo più di 30 ore di resistenza sul tetto di due compagni e gli spintoni della polizia per requisire una cassa bluethoot dal presidio permanente solidale mantenuto per tutto il tempo nelle vicinanze del palazzo circondato dalla celere. Dopo che i compagni sono scesi, un presidio si è mosso in corteo fino alla piazza vicina per poi sciogliersi.
Di seguito i comunicati dello spazio.
Manifestazioni di protesta si diffondono in tutta Italia contro la gestione dell’emergenza sanitaria e il nuovo dpcm in vigore. Migliaia in piazza a Napoli, un migliaio a Torino, centinaia a Milano. Manifestazioni anche a Palermo e Catania. A Torino e Milano scontri con la Polizia.
Mentre vi scriviamo la nebbia si rialza sulla pianura padana, non la canonica scighera ma la densa foschia dell’ effetto di legge.
La richiesta di coprifuoco inoltrata a Roma dai vertici di regione Lombardia diventa realtà.
Una nebbia cosi non si vedeva da decenni e di fatto la circolazione in tutte le lande della nostra bella e soffocante pianura sarà impossibile tra le 23 e le 5, una nebbia con il telecomando.
“E’ iniziato il secondo round”. E’ questo il messaggio che mi scrive il mio amico infermiere mentre mi metto in coda per fare il tampone al Drive Through dell’Ospedale San Paolo di Milano.
Sono le 8 di mattina, la fila di macchine lungo il controviale di Famagosta arriva già fino a piazza Miani. E’ chiaro che si prospetta una lunga attesa.
A fine marzo, in pieno disastro, pubblicavamo una prima intervista a un nostro compagno che lavorava come infermiere nei reparti Covid19 presso una grande struttura ospedaliera milanese. Poi, nei mesi, abbiamo continuato a sentirlo su altre questioni come il rinnovo del contratto della sanità privata e gli scioperi del personale medico. In questo fine settimana di metà ottobre lo abbiamo nuovamente interpellato per capire quale sia la situazione reale di un ospedale di Milano in questo momento.
Ora ad avere paura è Milano. A differenza della prima ondata, questa volta il grande malato lombardo è il capoluogo. È nelle corsie degli ospedali milanesi che si vede il ritorno del virus.
Non devono aver avuto una bella cera le facce del sindaco Sala e del questore Bracco quando, lunedì mattina, persi in grattacapi tra un focolaio di Covid e l’altro, sono stati accolti con la notizia di un ben più preoccupante focolaio di rivolta scoppiato nell’appena inaugurato Centro di Permanenza per il Rimpatrio di via Corelli.
È incredibile, ma in un momento come quello che stiamo vivendo, tra paure e impoverimento generalizzato, chi governa la città non trova niente di meglio che aprire una nuova prigione. Gente che, partendo da paesi in cui l’ansia di profitto dei predatori ha rubato terre e risorse offrendo in cambio guerre, quando riesce ad arrivare in questo paese, senza perdere la vita in mare o alle frontiere, cosa trova? Barriere, barriere mai riservate a chi viene dalla parte “giusta” della terra.
E’ passato quasi un anno dall’ultimo corteo che, il 12 ottobre 2019, portò in piazza a Milano migliaia di persone contro l’apertura del CPR di via Corelli. Salvini aveva lasciato da poco la poltrona di Ministro dell’Interno e al suo posto era subentrata la Lamorgese che non ha però cambiato linea. La pandemia ha rallentato la costruzione del centro di detenzione, ma l’apertura sembra ormai imminente. Per questo la rete NoCpr lancia un presidio sotto la Prefettura per le 18,30 del 2 ottobre.
“Noi oggi portiamo in piazza non soltanto la protesta, non soltanto il disprezzo verso chi si ostina a cancellare questi spazi di libertà, ma innanzitutto la nostra gioia, attraverso il teatro, la musica, i tessuti, i cento modi in cui quotidianamente animiamo questa città, che purtroppo respira al ritmo degli eventi e che invece vorremmo veder respirare al ritmo della festa”.
Nemmeno il tempo, per il premier Giuseppe Conte, di dirsi «felice di ospitare come Presidenza italiana del G20 nel 2021 il Global Health Summit con Ursula von der Leyen», all’indomani dell’annuncio della presidente della commissione Ue, che già si accende la contesa per la sede dell’importante vertice mondiale che per la prima volta si terrà in Italia l’anno prossimo. [..] c’è Milano che, dopo aver vinto la sfida con Torino come candidata italiana per ospitare il Tribunale europeo dei brevetti, si consorzia ora con Bergamo e Lodi, città martoriate dal Covid-19, nel tentativo di costruire un fronte lombardo che faccia da traino.
Spazi sociali, aree verdi, piazze, edifici e mercati comunali. La città pubblica giorno dopo giorno perde pezzi, alienata, messa a bando, privatizzata direttamente o con operazioni di greenwashing e socialwashing dentro fantomatici progetti di rigenerazione urbana. La Milano pandemica della “fase 3” continua nel solco tracciato nell’ultimo decennio, inseguendo un modello che proprio in questi mesi ha dimostrato limiti, disuguaglianze, esclusione, nocività. E proprio in questa fase è emerso il valore della città pubblica, intesa sia come spazi sociali da cui partivano e partono le Brigate Volontarie per l’emergenza o sia come le preziose aree verdi di quartiere.