Appena riaperto il CPR di Milano si ritrova già con una bella rivolta

14 ottobre 2020

Non devono aver avuto una bella cera le facce del sindaco Sala e del questore Bracco quando, lunedì mattina, persi in grattacapi tra un focolaio di Covid e l’altro, sono stati accolti con la notizia di un ben più preoccupante focolaio di rivolta scoppiato nell’appena inaugurato Centro di Permanenza per il Rimpatrio di via Corelli.

Da quello che si è appreso dai giornali infatti, dalla notte di domenica fino al pomeriggio di ieri una trentina di reclusi ha dato vita a una rivolta svuotando gli estintori, danneggiando la struttura e salendo sui tetti. Alcuni avrebbero anche tentato la fuga e qualcuno sembra essere riuscito a far perdere le proprie tracce, mentre quattro migranti sarebbero stati feriti dalla polizia accorsa in forze.

Nei giorni successivi è giunta notizia che 27 reclusi sono stati rimpatriati. Tra essi molti partecipanti alla rivolta

Appena saputa la notizia anche un gruppetto di nemici delle frontiere ha cercato di raggiungere il centro iper-militarizzato per portare la propria solidarietà ai reclusi. Mentre una parte dei solidali si raggruppava in presidio nei pressi del centro bloccando a singhiozzo il traffico su via Corelli e dribblando i goffi tentativi della Digos di portarsi via lo striscione, altri con una non indifferente abilità acrobatica e vocale cercavano di farsi sentire dai reclusi urlando a gran voce dal cavalcavia della tangenziale. Nel frattempo alcuni hanno raggiunto i campi che fiancheggiano il Cpr dando conferma che le urla dalla tangenziale arrivavano forti e chiare.

Verso sera poi un rumoroso corteo improvvisato si è snodato tra le vie adiacenti alla stazione di Lambrate per raccontare con megafono, striscione e fischietti quello che stava succedendo nel vicino centro.

Al di là della cronaca però, una breve riflessione è doveroso farla. Sono solo quindici i giorni trascorsi dalla riapertura del CPR di Milano e già c’è stata la prima rivolta dei reclusi. Due settimane sono bastate per rammentare a tutti, se ce ne fosse ancora bisogno, che nonostante i decreti sicurezza, l’inasprimento delle pene, le inchieste e gli arresti, rivolte ed evasioni continuano a essere le armi più affilate a disposizione degli harraga per riprendersi un pezzo di libertà.

In tutti questi anni chiunque fosse al potere si è trovato a dover fare i conti con l’impossibilità di coniugare una facciata ipocritamente accogliente con la gestione manu militari di questi centri. La città di Milano in questo senso ne è testimonianza, con un CPR chiuso anni fa grazie alla determinazione di chi lo distrusse pezzo dopo pezzo, e che anche oggi si ritrova nel solco di quella stessa storia che sembrava essere stata dimenticata.

Sempre a fianco dei rivoltosi e contro tutte le galere

Nemici delle frontiere

FONTE: https://hurriya.noblogs.org/post/2020/10/14/milano-sulla-rivolta-nel-cpr-di-via-corelli/

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Sulla riapertura del CPR di via Corelli a Milano

Milano si sveglia con una nuova prigione

Come ogni luce ha la sua ombra, così lo scintillio delle metropoli ha il suo volto oscuro.

Il capitalismo è guerra dove si estraggono petrolio, oro, nichel e diamanti ed è siccità nei luoghi più torridi del mondo. Per non vivere nel terrore e nella carestia molte persone si mettono in viaggio verso l’Europa. Spesso attraversano un deserto e il mare. Durante il viaggio non si contano i pestaggi, gli stupri, i rapimenti, le torture e le morti. Le persone sopravvissute al viaggio, giunte in Europa vengono forzate all’identificazione e bloccate alle frontiere verso il nord. Alcune trovano la morte sui sentieri per il confine.

In Italia le persone migranti, ricattabili e senza documenti lavorano in nero, ai margini della legalità e senza tutele. Alcuni, si ribellano. Lo stato teme le rivolte e premia la sottomissione. Promette i documenti a chi lavora a testa bassa e costringe al terrore tutti. Chi vive senza documenti teme e odia la retata, il fermo, il controllo sul treno e ogni divisa.

Il CPR, centro di permanenza per il rimpatrio è il cuore di questo dispositivo. I CPR servono a ricordare che in qualunque momento si può essere prelevati dal territorio, rinchiusi e deportati.

A Milano ha aperto un CPR in via Corelli, dove un tempo c’era il Centro di Identificazione ed Espulsione. Il CIE di via Corelli è stato reso inutilizzabile dai detenuti che, organizzati, hanno dato fuoco alla struttura.

A partire da quando sono stati aperti, nel 1998 con il nome di CPT, le rivolte esplose all’interno non si sono mai fermate fino a rendere inagibili e a chiudere i CIE di Modena, Bologna, Brindisi, Gradisca, Crotone, Catanzaro e Trapani, altrove ne hanno ridotto i posti disponibili.

Dentro al CPR di via Corelli non mancheranno certo le rivolte e noi saremo con loro. Continueremo a lottare come in passato per la chiusura di questi campi d’internamento.

Solidarietà ai reclusi

perché i CPR brucino ancora.

Punto di rottura

FONTE: https://hurriya.noblogs.org/post/2020/10/02/milano-riapertura-cpr-corelli/


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