Il focolaio di Covid-19scovato la settimana scorsa al magazzino Bartolini delle Roveri a Bologna si è riversato sul centro di accoglienza straordinaria (cas) di via Mattei dove risiedono due lavoratori dell’azienda del settore della logistica. Nel week end è emerso che i contagi all’interno della struttura che ospita richiedenti asilo erano otto, ma nel pomeriggio di domenica 28 giugno è stato effettuato il tampone a tutti i migranti e i risultati potrebbero rivelare nuovi positivi. Coordinamento Migranti, che insieme ad Asgi ed altre associazioni aveva già messo in guardia dai rischi che si correvano all’interno del Mattei a causa delle condizioni di permanenza nella struttura, torna a puntare il dito contro le istituzioni, che “dimostrano di non avere a cuore la salute dei migranti”.
Non solo: per il coordinamento esiste proprio un doppio rischio cas-logistica, dal momento che molti degli ospiti delle strutture cittadine lavorano saltuariamente nei magazzini, anche all’Interporto.7
Se a qualcuno fosse sfuggito, ricordiamo che la Costituzione e l’Ordinamento Penitenziario prevedono che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Che il trattamento dei detenuti deve essere integrato da un’azione di assistenza alle loro famiglie, tale azione è rivolta anche a conservare e migliorare la relazione dei soggetti con i familiari e a rimuovere le difficoltà che possono ostacolare il reinserimento sociale.
Sono quasi cinquantaquattromila le persone private della libertà che affollano le carceri italiane. Cinquantaquattromila persone costrette a spartire celle già anguste con migliaia di persone in più rispetto alla loro capienza regolamentare, determinando un sovraffollamento che impone una forzata prossimità e che annulla di fatto il rispetto di quella dignità umana che di diritto dovrebbe competere a chiunque.
In questi giorni in cui un’emergenza sanitaria ci impone il confronto con la vulnerabilità dei nostri corpi, dopo aver vissuto le nostre abitazioni come luoghi di reclusione forzosi, non possiamo non rimettere al centro di un ragionamento politico all’altezza della fase chi vive una vulnerabilità e una reclusione più assoluta e disperante: quella di decine di migliaia di persone il cui diritto alla incolumità e alla salute è stato negato, salvo qualche debole misura scarcerativa applicabile solo ad un numero esiguo di reclusi, dal decreto “Cura Italia”.
La famosa circolare era stata messa all’indice dalla commissione Antimafia presieduta da Nicola Morra, perché considerata responsabile della detenzione domiciliare concessa ai circa 500 reclusi per reati mafiosi
Non si fermano le violazioni dei diritti umani e la repressione delle proteste in piena pandemia: intanto, oltre 2.500 ragazzi e ragazze, tra cui anche molti minori, sono stati incarcerati senza una condanna ufficiale, mentre nelle carceri il rischio di contagio è altissimo e le misure di sicurezza sanitaria totalmente assenti.
Da alcuni giorni il penitenziario di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) è al centro delle cronache per un susseguirsi di eventi che richiamano non solo la gestione autoritaria ed antisociale del sistema penale italiano ma, anche, uno “scontro” tra apparati dello Stato attorno a snodi significativi (la questione Giustizia) dell’agenda politica del nostro paese.
AGGIORNAMENTI, COMUNICATI E AZIONI DI SOLIDARIETÀ CON LE COMPAGNE E I COMPAGNI ARRESTATI PER L’OPERAZIONE “RITROVO” DELLA PROCURA DI BOLOGNA E DEI ROS.
(AGGIORNAMENTO DEL 31 MAGGIO)
È uscito il rapporto dell’associazione Antigone sulle carceri italiane. Dalle “rivolte” al sovraffollamento, un’analisi della scarsa trasparenza con cui è stata spesso gestita l’emergenza sanitaria
Le carceri sono tra i luoghi più esposti al rischio di contagio.
Assistiamo al paradosso per cui all’esterno non si può stare a meno di un metro di distanza e lo Stato dichiara illegali gli “assembramenti”, mentre in carcere si è costretti dallo stesso Stato a stare anche in celle sovraffollate.
A riprova di come la vita dei detenuti sia tenuta in nessuna considerazione.
A un mese dall’inizio delle proteste nelle carceri italiane, proviamo a mettere in fila le poche informazioni reperibili sulla situazione del carcere veronese di Montorio.
Da quando è cominciata la cosiddetta emergenza Covid-19 e ancor di più da quando s’è avuta la famosa rivolta in diverse carceri il silenzio sulla realtà carceraria sembra diventato legge che nessun media infrange.
Diverse realtà collettive cittadine in solidarietà agli arrestati dal 13 maggio: “Messaggio chiarissimo: su quanto succede nelle carceri vige l’obbligo del silenzio, sulle violenze subite dai detenuti, sui trasferimenti punitivi, sull’assistenza e prevenzione sanitaria inesistenti, sull’estendersi dell’epidemia”. A firma “Complici e solidali”, invece, venerdì biciclettata e presidio sotto la Dozza.