Non siamo appassionati di anniversari e ricorrenze, ma l’anno appena trascorso ha lasciato dietro di sé una lunga scia di morti uccisi dallo Stato e, per questo, ci ha lasciato anche alcune certezze.
Sono oltre 100.000 le denunce di contagio sul lavoro da Covid 19 dall’inizio della pandemia al 30 novembre. Lo rileva l’Inail sottolineando che le denunce di casi mortali totali sono state 366, 34 delle quali arrivate a novembre.
Al carcere di Tolmezzo (Friuli Venezia-Giulia) ormai 161 positivi su 200 persone detenute. Su oltre 6mila tamponi effettuati, quasi il 18 per cento è risultato infetto. Tredici i decessi. Focolaio fuori controllo. Il rischio che corrono tutte le carceri. L’unica salvezza è la libertà.
1 novembre 2020. Post su Twitter di Giovanni Toti, Forza Italia, presidente della regione Liguria: gli anziani col covid? “persone (…) non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese”.
Le carceri brasiliane ai tempi del coronavirus hanno l’aspetto di un girone dantesco. È questa l’immagine che restituisce Sergio Grossi, ricercatore dell’Università di Padova e dell’Universidade Federal Fluminense di Rio de Janeiro, specializzato in Educazione e Carcere.
Tornato in fretta e furia in Italia a causa del collasso del sistema sanitario, pubblico e privato, del Paese – che finora ha registrato più di due milioni di contagiati da coronavirus e più di 80mila morti – il ricercatore racconta ai nostri microfoni la situazione nelle carceri brasiliane.
La polizia americana ferma un afroamericano, ok fin qui ci siamo, normale routine; ovviamente non sono a favore dei fermi di polizia, ma è per provare a buttare giù delle riflessioni su ciò che sta succedendo negli Stati Uniti. Nel video si vede il poliziotto che con il ginocchio schiaccia il collo di George Floyd, il tutto non dura pochi secondi, il tempo magari di ammanettarlo, ma ben 8 minuti. Sfido chiunque a resistere con un ginocchio che schiaccia il vostro collo per 8 minuti, difatti il ragazzo morirà da li a poco.
Esiste una relazione permanente tra l’idea che si ha della morte e l’idea che si ha di sé?
(Philippe Ariès, Storia della morte in occidente)
Le campane suonano a morto e per le strade del piccolo borgo di Alzano Sopra, in provincia di Bergamo, non va in giro nessuno. È aperto il portone della chiesa di San Lorenzo martire con la sua facciata austera, ma il porticato alla fine della scalinata di marmo è ancora vuoto. All’interno è stato allestito un altare, su cui è stata appoggiata un’urna nera, circondata da orchidee bianche. Prima di entrare, in mezzo alla navata centrale, c’è il distributore di gel per disinfettarsi le mani, sulle pareti ci sono cartelli che ricordano che indossare la mascherina è obbligatorio. L’unico segnale di una normalità che non può riprendere esattamente come prima.
Il quadro è terrificante. Centinaia di persone sono morte, il fetore di cadaveri appesta molte parti della città, intere famiglie sono morte così come molti operatori sanitari. Finora, lo Stato ecuadoriano ha riconosciuto solo 369 morti dovute a Covid-19, senza specificare quanti di loro provengano dalla città di Guayaquil. Ma secondo tutti i testimoni diretti di questa enorme tragedia (medici, giornalisti e ospiti stranieri)[1] , solo a Guayaquil, il numero di morti dovute al coronavirus è scandalosamente sottostimato.
Ieri in Cile ci sono state proteste perché gli aiuti promessi dal governo non arrivano e la popolazione inizia ad avere “hambre”. Nel frattempo, lo stato continua a mentire sui numeri dei contagi e dei morti di Covid-19.
Come dicevamo in tutti gli articoli precedenti,[1] di là da ogni altra considerazione, l’attenzione mediatica e le conseguenze politiche legate alle malattie da COVID-19 hanno fatto quasi del tutto dimenticare un dato, in sé banale ma fondamentale per capire la realtà effettiva della situazione; tutte le altre malattie che necessitano, nei casi gravi, di ricoveri in terapia intensiva – influenza stagionale, polmoniti batteriche, neoplasie, malattie cardiache e quant’altro – non sono sparite per nulla e necessitano di cure, né più né meno delle infezioni gravi da COVID-19. Eppure la cosa andrebbe continuamente ricordata in quanto è la chiave per capire il senso reale di questa emergenza; una strage di Stato dovuta alle politiche di distruzione dello stato sociale degli ultimi quarant’anni che ha ridotto il Sistema Sanitario Nazionale al lumicino e, di conseguenza, incapace di affrontare l’emergenza e moltiplicando la letalità del virus.
La domanda del titolo non troverà risposte qui: solo freddi numeri. Numeri che ci dicono che, se in Lombardia si muore di Covid-19 molto più che nel resto d’Italia (e del mondo!), nella provincia di Brescia si muore di più della media lombarda, e in alcune zone (come nella Bassa) molto di più che nel resto della provincia.
La pandemia di coronavirus, che sta dilagando in tutto il mondo, ha colpito in maniera particolarmente dura il più grande Paese dell’America Latina, il Brasile. Secondo i dati diffusi dal Ministero della Salute lo scorso martedì (21 aprile), i casi confermati sono più di 46.200, con oltre 2.930 decessi. L’epicentro dell’epidemia si trova nella città più grande del Paese, San Paolo. Anche altre regioni, specialmente quelle meno ricche, hanno difficoltà ad affrontare l’epidemia e in diverse città la situazione è ormai al collasso.
Anche negli USA gli operai, costretti a continuare a lavorare in fabbriche assolutamente non sicuri, muoiono a seguito del contagio del Coronavirus: due operai sono già morti nella sola FCA.