A pochi giorni dalla morte di tre lavoratori del 118 a causa del Coronavirus, a fine 2020 è stato rilevato un focolaio di Covid-19 presso la Centrale operativa del 118 di Roma.
Bologna. Multate per aver scioperato. E’ successo all’Interporto durante una protesta delle/gli operaie/i Gsi: 26 persone sanzionate con 400 euro a testa dai Carabinieri. Ma se si può lavorare si può anche scioperare.
Oggi è stato indetto [in tutta Italia] lo sciopero nazionale degli operatori sociali. (…)
Al centro della mobilitazione le disparità di trattamento lavorativo ed economico, specialmente durante la pandemia, che costringe lavoratrici e lavoratori ad una decurtazione del reddito.
Non è mai una cosa semplice indire uno sciopero generale. È paradossalmente ancor più difficile farlo in questo periodo, in cui pure le ragioni per fermare la produzione e farsi sentire diventano ogni giorno ancor più urgenti ed evidenti. È uno sciopero necessario ma dalla riuscita incerta e sarebbe sbagliato negare il rischio che una scadenza di lotta finisca per essere vissuta, e diventare, un appuntamento rituale. Vorrebbe dire aver trasformato un momento forte di rottura e di scontro, cui ricorrere come extrema ratio, in qualcosa di scontato e ripetitivo. Eppure c’è stato un periodo in cui, proprio al rientro dalle ferie ad ottobre, il sindacalismo di base e conflittuale è riuscito a costruire un percorso unitario quantomeno utile, e necessario, per rompere il muro del silenzio sulle condizioni di lavoro e i diritti negati…
19 ottobre 2020 – Bologna. Da stamattina incrociano le braccia i lavoratori in appalto Yoox-Geodis contro i turni sette giorni su sette. Agitazione dipendenti comunali per rientro in ufficio tre giorni a settimana. Macchinisti Mercitaliarail, Ausl non risponde a richiesta screening Covid-19.
I sindacati di base hanno indetto sciopero dei lavorator della scuola. In questi mesi la scuola è stata abbandonata: nessuna messa in sicurezza degli edifici, nessuno spazio in più, nessuna nuova assunzione per oltrepassare le classi pollaio. I precari non sono stati stabilizzati, mentre le nomine sulle cattedre vuote sono nel caos, tra graduatorie sbagliate e chiamate on line.
Sulla didattica digitale, in caso di lockdown per pandemia, non c’è alcuna garanzia di accesso all’istruzione per tutt*.
ALTRO CHE GRANDE FAMIGLIA!
In occasione della chiusura delle scuole, a causa dell’emergenza Covid 19, la società Pedevilla S.p.a. ha scritto una lettera ai dipendenti, nella quale esprime un “profondo senso di riconoscenza e vicinanza”. Belle dichiarazioni, che, tuttavia, sono contraddette dai fatti, verificatisi fin dall’inizio dell’appalto delle Mense scolastiche di Roma Capitale.
“Sicuri, a scuola”. USB, Rete Iside e OSA hanno realizzato un instant book gratuito con le istruzioni e le proposte per il ritorno in classe di lavoratori e studenti
Ieri Adl Cobas Emilia-Romagna e rete Professionisti Spettacolo e Cultura – Emergenza Continua davanti alla sede dell’Inps: “E’ la esplicita conferma di quanto i settori e i lavori più precari non abbiano avuto una vera risposta a questa crisi”.
È venerdì mattina, sono circa le nove, e sotto a un sole già cocente e la puzza di scarico una trentina di operai lavora alla ristrutturazione del varco Sant’Erasmo, all’interno del porto di Napoli. Entro ostentando la macchina fotografica e i responsabili della sicurezza mi lasciano passare senza chiedermi il documento. Beneficia con me del privilegio il sindacalista con cui sono in macchina, che proprio nelle ore successive sarà impegnato a contestare all’azienda un provvedimento disciplinare nei confronti di C., lavoratore portuale, reo di aver infangato l’immagine della sua ditta dichiarando che da mesi non vengono concessi ai lavoratori né guanti né mascherine chirurgiche anti-Covid.
Si è svolto nella giornata di venerdì 26, dalle ore 10, un Presidio unitario del sindacalismo di base, sotto il Palazzo della Regione a Milano, in difesa della sanità pubblica. Il motivo della protesta era specifico sul tema della sanità, rivendicando una sanità pubblica, garantita a tutti e gratuita, contro le privatizzazioni, per una riorganizzazione della medicina sul territorio, contro la pratica degli appalti, per un contratto unico nel comparto sanitario, garantendo aumenti salariali adeguati e riduzioni d’orario a parità di salario, per una giusta ricompensa in un settore troppo sacrificato a interessi provati.
Nell’Istituto della Sacra Famiglia [di Cesano Boscone a Milano] vigeva il Ccnl della Sanità Pubblica fino a quando l’Azienda, controllata dalla Curia milanese, con la complicità dei sindacati Confederali, sostituiva il Contratto dei propri dipendenti con quello Aris della sanità privata, notevolmente peggiorativo. Non contenta di ciò la Direzione Aziendale, sempre con la complicità dei sindacati Confederali, per ridurre ulteriormente i costi, dal 2008 assumeva i nuovi dipendenti, pur nelle medesime mansioni, con un altro ccnl, quello Uneba della sanità privata, ancora meno costoso. E’ evidente la logica, con tali operazione, oltre di un notevole risparmio sulle spalle dei lavoratori, di dividerli per renderli più deboli e ricattabili. Cosa che infatti è avvenuta in tutti questi anni. Dopo alterne vicende, con accordi vari che cercavano di ridurre le differenze tra le due diverse posizioni contrattuali, l’Azienda ha imposto a tutti i dipendenti un solo Contratto di lavoro, quello più vantaggioso per lei, cioè l’Uneba, in vigore dal primo gennaio. Dopo diverse iniziative e mobilitazione da parte dei lavoratori e lavoratrici ed una giornata di sciopero il 19 febbraio, è arrivata la terribile pandemia che tutto sappiamo, con il divieto del governo di sciopero e di mobilitazione per tutto il settore della sanità, mentre i dipendenti dell’ex Aris erano costretti a subire la decurtazione del salario e l’aumento dell’orario di lavoro.
Come ampiamente propagandato mercoledì 27 Maggio, alle ore 17, si è svolto il Presidio di protesta sotto il Palazzo della Regione a Milano con la parola d’ordine: “Prendiamo parola, riprendiamo la piazza”.
La prima mobilitazione pubblica dell’area di opposizione dal basso dopo due mesi di immobilismo totale. La scelta del Palazzo della Regione è stata fatta soprattutto come protesta ed atto di accusa per come l’Amministrazione Regionale in modo vergognoso ha gestito la situazione dell’epidemia del coronavirus.