Nei quartieri dei ricchi non canta nessuno. Trincerati negli ampi appartamenti in cui vivono per lo più da soli gli anziani genovesi non escono, spediscono badanti munite di mascherina a fare la spesa (con parsimonia, i supermercati sono pieni come al solito, mancano solo i prodotti in offerta). Le spiaggette rocciose che costeggiano e delimitano i quartieri alti, in genere frequentate da bagnanti di lungo corso per buona parte dell’anno, sono insolitamente vuote e prive di vita, fatto salvo per le seconde case di lombardi fuggiti, di colpo aperte dopo anni di quasi completa chiusura, finalmente popolate, con le finestre spalancate nel clima mite e il vociare di un accento insolito. Il clima che si respira è quello immortalato da James Ballard in Kingdom Come, solo che qui l’incubo che avrebbe dovuto risvegliare i suburbs dal loro velenoso torpore è finalmente arrivato. Il deserto sociale dei “quartieri morti”, come li ha definiti un vecchio sociologo genovese, si palesa in tutta la sua evidenza. Continue reading