Questa settimana il tema portante saranno le connessioni tra i fenomeni pandemici e la più generale crisi ecologica che riguarda prepotentemente questo inizio di millennio. E tra la crisi economica e la crisi ecologica.
Lo faremo attraverso due interviste… Diciamo subito che la prima intervista è del 2017, quando “Big Farms make Big Flu” [del biologo Robert Wallace] è uscito negli Usa.
Il libro non parla quindi di coronavirus, ma le risonanze sono ovviamente fortissime, e non è ancora tradotto in italiano.Abbiamo scelto questo estratto perché ci sembra che connetta brevemente tutti i piani del discorso: la penetrazione antropica sempre più profonda che mette in contatto grandi e piccoli allevamenti con luoghi che fino a poco tempo fa potevano dirsi incontaminati, serbatoi di virus insomma, la grande industria che crea il terreno perfetto perché i patogeni vincano la competizione per esistere mantenendosi comunque letali, la globalizzazione che sposta rapidamente i patogeni da una parte all’altra del mondo. Il risultato sono super patogeni che sono un’emanazione diretta dei cicli industriali, prodotti dalle condizioni stesse dell’accumulazione capitalistica.
Nulla di ciò che si sta facendo in questo momento è in grado di prevenire la prossima pandemia. Quello di cui si discute è come affrontare questa particolare pandemia, fino a quando il virus stesso, si spera, troverà un punto di arresto, perché ci sarà una resistenza acquisita in una porzione significativa della popolazione. Allora questo particolare virus potrà scomparire, come sono scomparsi quelli della SARS e della MERS. Non infetterà più, ma ne compariranno altri, o lo stesso Covid 19 si trasformerà nel Covid 20 o nel Covid 21, in virtù di un’altra mutazione, perché tutte le condizioni rimangono le stesse. È un meccanismo perverso. Si dovrebbe mettere in discussione il sistema alimentare agroindustriale, dal modo in cui si coltiva al modo in cui si processa il cibo. Tutto questo circolo vizioso, che non si sta prendendo in considerazione, fa sì che si stia preparando un’altra pandemia. Intervista con Silvia Ribeiro, direttrice per l’América Latina del Gruppo Etc
Mi rendo conto che può sembrare strampalato ricevere la lettera di un
virus, ma dal momento che continuate a nominarmi, ho pensato anche io di
dire la mia.
11 maggio 2020. Gli allevamenti intensivi, negli ultimi dieci anni, sono stati il terreno fertile per lo sviluppo di nuove malattie infettive che dagli animali, segregati in minuscole gabbie e costretti a vivere tra escrementi e topi, sono poi arrivate all’uomo. Continuando così, c’è il rischio di nuovi e diversi focolai.
[Pubblichiamo questo articolo, aldilà del fatto che contenga analisi di “esperti” che sono parte attiva del problema, perché contenente indicazioni e dati interessanti]. Continue reading
Diversi studi, ancora a livello preliminare, segnalano un nesso tra inquinamento e mortalità da Covid-19. Il degrado ambientale è all’origine di quasi tutte le epidemie passate e lo sarà di altre future.
In virologia l’incidente non è l’eccezione ma la regola Antoine Danchin, genetista [1]
Negli anni 2000 noi ci siamo interessati ai laboratori militari di ricerca biologica, al bioterrorismo e agli attacchi batteriologici. [2] I nostri lettori si ricordano sicuramente con nostalgia del CRSSA, centro di ricerca del servizio di sanità degli eserciti di La Tronche, presso Grenoble, e dei due altri laboratori P3 del nostro polo tecnologico, degli attentati all’antrace commessi nell’autunno 2001 con dei ceppi usciti dal laboratorio militare di Fort Detrick, del piano francese Biotox, del programma russo Biopreparat a base di peste, di vaiolo e febbri emorragiche, del laboratorio P4 altamente sicuro di Mérieux a Lione e dei suoi cloni, ove si conservavano e manipolavano virus e batteri mortali.
Molti agenti di malattie infettive derivano da animali. Ma solo raramente si parla della distruzione di ecosistemi e biodiversità che svolge un ruolo centrale nella trasmissione di virus agli esseri umani.
Sulle cause ecologiche per la nascita sia del Covid-19 sia di altre pandemie, non solo nei media mainstream ma anche nell’opinione pubblica di sinistra si comunica e si discute poco. Il focus della discussione generale è sulla prevenzione e l’arginamento della pandemia da Covid-19, sul sistema sanitario sovraccarico e gli interventi drastici sui diritti fondamentali imposti dai governi. Questo naturalmente è giusto, ma omettere sostanzialmente la discussione sui fattori scatenanti è un problema e una mancanza di attenzione per i retroscena.
La diffusione del contagio mette in risalto le forti diseguaglianze sociali presenti nei differenti paesi. Il maggiore impatto del coronavirus sulle comunità palestinesi di Israele e sulle comunità latine e afroamericane negli Stati Uniti ne è una evidente dimostrazione
«La speranza, al contrario di ciò che si crede, equivale alla rassegnazione. E vivere quello non è rassegnarsi»
Albert Camus, Noces
Le idee, lo diciamo da lustri, sono epidemiche. Circolano di testa in testa più veloci dell’elettricità. Un’idea che si appropria delle teste diventa una forza materiale, come l’acqua che mette in moto la ruota del mulino. È urgente per noi, Scimpanzé del futuro, ecologisti, cioè anti-industriali e nemici della macchinazione, rinforzare la carica virale di alcune idee messe in circolazione in questi due ultimi decenni. Per servire a ciò che potrà.
La natura ha creato il virus ma è il sistema tecnologico che l’ha trasformato in un’epidemia. Così ci pone oggi il suo estremo ricatto: sacrificare la nuda vita oppure accelerare verso la distopia
Di seguito presentiamo la traduzione di un’intervista rilasciata dal biologo evoluzionista R. Wallace, a Yaak Pabst sulla gravita’ e sulla genesi della pandemia covid-19. Robert Wallace è autore del volume Big Farms make Big Flu, un volume del 2016 che ricostruisce la relazione tra agroindustria globale e la diffusione di infezioni ed epidemie. Queste non sarebbero tanto un effetto quanto il nuovo bio-universo capitalistico alle condizioni della sua attuale riproduzione. Le ricerche di Wallace, in particolare Big Farms Make Big Flu, fanno luce sulle cause strutturali delle recenti epidemie e dell’attuale pandemia: fanno risalire lo sciame di virus che hanno imperversato nelle ultime decadi, covid-19 incluso, alla devastazione ambientale e agli allevamenti intensivi, all’agribusiness, in altre parole. Wallace tocca anche le questioni dello smantellamento dei sistemi sanitari, delle restrizioni in regime di quarantena come sperimentazione in vitro di nuove forme di controllo sociale, e della necessita’, vitale, di smantellare l’agrindustria.
Pubblichiamo di seguito un’analisi di grande interesse su cause e conseguenze dell’epidemia Covid-19 in Cina, dove l’attuale crisi sanitaria, ormai globale, si e’ manifestata per prima. E’ un’analisi critica approfondita, che grazie al ricorso alle “scienze dure” e’ capace di mostrare l’intreccio tra dimensione “naturale”, ambientale e micro-biologica, e dimensione sociale, la dinamica del capitalismo contermporaneo cioe’. Quest’analisi e’ stata pubblicata dal gruppo Chuǎng, impegnato in un lavoro di comprensione critica della situazione cinese per tutti coloro che, come scrivono, “vogliono rompere i confini del macello chiamato capitalismo”. Traduzione a cura della redazione del Cuneo rosso.
Ciò che sta succedendo sul Coronavirus mostra come anche il più «naturale» dei fenomeni fa i conti con i rapporti politico-economici globali. Il rischio è che nel tentativo di mettere delle toppe si moltiplichino soltanto le emergenze