Milano, 25 aprile 2020. Come già accaduto nei giorni precedenti a Roma e Torino, anche a Milano la Polizia ha deciso che nessun tipo di iniziativa fosse possibile in piazza, foss’anche quella di portare un fiore sulle lapidi partigiane. Probabilmente eccitati dall’essere da settimane i padroni indiscussi delle strade hanno messo in scena lo spettacolo tristo e patetico della loro forza.
Ne sono risultati impedimenti e cariche, fermi e manganellate. Due cronache parallele di quanto è successo in via Padova e in zona Ticinese. https://radiocane.info/milano-cronaca-25-aprile-quarantena/
Poliziotti in Belgio ad Anderlecht Bruxelles vengono attaccati dai civili come reazione dopo che un ragazzo (di 19 anni!) è stato ucciso dagli stessi durante un posto di blocco dovuto alle misure di confinamento anticoronavirus
In questi giorni di arresti domiciliari di massa, chi esce deve esibire un foglio con l’autocertificazione.
La polizia e, da qualche tempo anche i militari, divenuti tutti pubblici ufficiali, effettuano controlli e denunciano chi viene considerato evaso. Continue reading
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21 aprile 2020 – La app che spierà i nostri movimenti è in fase di messa a punto.
Il dibattito politico è sulle modalità d’utilizzo. I dati resteranno sul cellulare e verranno messi a disposizione solo in caso di contagio? Oppure verranno raccolti da un’autorità centrale – agenzia governativa o azienda privata? In questa seconda ipotesi ci potrebbe anche essere l’obbligo di geolocalizzazione.
La app oltre a monitorare i contatti avuti da chi risulterà contagiato, potrebbero essere usate per verificare ogni nostro spostamento. Se il futuro sarà con ore d’aria divise per fasce d’età i nostri peggiori incubi distopici diventeranno realtà in poche settimane.
Con la Professoressa ed Economista Annamaria Simonozzi analizziamo le misure prese per la pandemia del corona virus con un’ottica di genere. In tutti i periodi di crisi sono spesso le donne a pagare i prezzi più alti. Alcuni suoi scritti li possiamo anche trovare sulla rivista online ingenere.
E’ avvenuto a Sassari. Pare che la coppia stesse andando a buttare la spazzatura. Ci sono parecchi testimoni e due video. Testimonianze di abusi e prevaricazioni vengono denunciati un po’ ovunque. Molti poliziotti in questi giorni di compressione delle libertà ne stanno approfittando per dare sfogo ai loro sadici istinti.
Il diritto alla città si scontra oggi con due tendenze opposte, che sono però due facce della stessa medaglia: da un lato la mercificazione e turistificazione dello spazio urbano e non, dall’altro il lockdown e le limitazioni agli spostamenti che hanno messo in crisi in particolare proprio il settore turistico. Questa empasse apparente in realtà è una sottrazione ulteriore di spazio, che accelera i processi di erosione e privatizzazione. Per questo è importante più che mai una rivendicazione dello spazio come pubblico e politico, problematizzando anche lo spazio domestico. Continue reading
Uno sguardo sulla gestione dell’emergenza coronavirus nella principale economia e forse anche quello con la maggior disparità sociale: il Sud Africa.
Una delle prime decisioni del governo sudafricano ha deciso la chiusura dei negozi che vendevano alcolici, alcuni dei quali sono stati saccheggiati nelle scorse giornate. Altre tensioni sono nate all’interno delle township dalla chiusura di piccoli negozi di alimentari a gestione da parte di immigrati, che solo ieri sono stati riaperti dopo le proteste dei commercianti e da parte della popolazione stessa delle township che si rifornisce principalmente in questi locali. Continue reading
(teoria e tecnica della quarantena) Filo Sottile, in streaming Il nuovo super-esperimento di Filo, che mette insieme pezzi inediti ed altri tratti da spettacoli esistenti, per cianciare come sempre di attualità. Politicamente scorretto, molto poco meinstrim, in anteprima mondiale assoluta. E perdipiù, stavolta, in comoda versione divano. Continue reading
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Il movimento del Rent Strike è nato negli Stati Uniti con l’intenzione di creare una rete tra tutte le persone che non hanno la possibilità di pagare gli affitti e quelle che, pur avendola, solidarizzano. Il costruirsi di questa rete, fa sì che un problema individuale diventi una rivendicazione collettiva. La lotta per l’annullamento degli affitti – senza morosità da trascinarsi nel post quarantena, quindi – è attiva anche in Italia attraverso diversi nodi territoriali sparsi su tutta la penisola. Una partecipata assemblea nazionale telematica ha avuto il compito di unire queste reti, raccogliere testimonianze e proporre modalità di azione.
Ne abbiamo parlato insieme a Stefano di NapoliMonitor:
Affrontare la questione sanitaria all’epoca del coronavirus ci porta a percorrere un terreno sdrucciolevole. Nell’indicare le responsabilità di chi ha gestito questa crisi, nel parlare dei limiti strutturali e organizzativi dell’istituzione sanitaria, addentrandosi nella matassa dei tagli alla Sanità o del frammentato mercato del lavoro, si rischia di ricadere in una retorica riformista. Non ci interessa infatti chiedere che lo Stato funzioni meglio, o indicare come un potere altro dovrebbe gestire la situazione senza variare, però, la natura e la struttura che stanno alla base.
Nella notte arriva la ripercussione delle guardie: 100 agenti in assetto antisommossa svegliano i detenuti di soprassalto e li piacchiano selvaggiamente. Le comunicazioni e le videochiamate vengono bloccate ma la notizia riesce ad uscire e un gruppo di parenti si riunisce davanti alla casa circondariale per sapere lo stato di salute dei propri cari. Appena iniziano a uscire alcuni detenuti, sono evidenti sul loro corpo i segni di una mattanza.
Qui vi riportiamo le parole di un parente che ha deciso di telefonare a RadioBlakout ed esprimere le sue preoccupazioni e la sua rabbia.
Coronavirus nel carcere di Caserta,
i detenuti: «Massacrati in cella»
Martedì 14 Aprile 2020
È un detenuto scarcerato venerdì l’uomo comparso, in questi giorni, in una foto pubblicata sui social network con la schiena striata da lividi e graffi. Quello stesso detenuto compare in un video inviato a Il Mattino in cui racconta ciò che, secondo lui, è accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere tra le 15 e la mezzanotte di lunedì. Quando, secondo il recluso napoletano che ha denunciato il tutto alle autorità preposte, una volta andati via dal carcere i magistrati di sorveglianza, nel reparto Nilo ci sarebbe stata una rappresaglia della polizia penitenziaria nei confronti dei detenuti che avevano preso parte alla protesta del giorno precedente.
«Quando abbiamo saputo che c’era un detenuto contagiato ci siamo spaventati, noi chiedevamo le distanze e che le guardie non entrassero più nella sezione senza mascherine. Abbiamo chiesto i tamponi e ci hanno promesso che li avrebbero fatti il lunedì. Sono uscito oggi (ieri, ndr) e di tamponi non ne ho visti. L’unica cosa che ho visto, per la prima volta in vita mia nonostante sono stato quindici anni in carcere, è un abuso di potere senza precedenti»: parla un detenuto ai domiciliari da ieri mattina. «Abbiamo protestato, è vero, ma abbiamo fatto solo lo sciopero della fame e la battitura, non abbiamo mai alzato le mani. Abbiamo manifestato la nostra paura di morire come topi in carcere. Lì al Nilo ci sono cardiopatici e diabetici, ormai il virus arriverà anche lì e se non si prendono provvedimenti sarà una tragedia. Dicevano che ci avrebbero fatto i tamponi, lunedì aspettavamo le telefonate normali alle 14.30 e ci hanno detto che non c’era linea. Al quarto piano, io stavo all’ottava sezione, abbiamo iniziato a sentire grida d’aiuto. La gente del padiglione Tevere ci urlava che stavano venendo pure da noi. Ci hanno detto: “Togliti le lenti e mettiti faccia a muro”. Sono arrivate 100 guardie e ci hanno presi a colpi di manganelli nelle spalle e sulle gambe. Urlavano “Noi siamo lo Stato! Noi comandiamo, voi siete la munnezza”. Mi creda, in quel momento anche il più grande delinquente ha avuto paura di morire. Quelli che hanno fatto i promotori della rivolta sono stati picchiati molto più duramente, c’era sangue nelle celle. Io ho preso solo calci perché non ho reagito. Mai in vita mia ho visto una cosa simile, denuncerò tutto». Il detenuto, 50 anni, si è rivolto al suo avvocato per informare la Procura. E non è il solo. «Ci hanno presi a anni di manganellate su tutto il corpo, pensavo che saremmo morti. Ci hanno tirato fuori dalle celle, picchiandoci anche mentre eravamo sulle scale, sto soffrendo per quello che ho subito, ci hanno danneggiato fisicamente e psicologicamente. Chiedo un aiuto per i miei amici che sono rimasti ancora lì». È il racconto di un secondo detenuto, liberato venerdì, colui che ha inviato un video a Il Mattino. Ha grossi bernoccoli sulla testa oltre ai segni rossi sulle spalle. «Dovevano scarcerarmi lunedì sera, ma la misura firmata dal giudice è stata eseguita cinque giorni dopo nella speranza che si attenuassero sul mio corpo i lividi e gli altri segni di percosse. Altri sono messi peggio di me: ho denunciato tutto per tutelare chi è ancora dentro il carcere».
Dal giorno della protesta delle donne dei detenuti davanti al carcere di Santa Maria Capua Vetere, molti di questi racconti sono stati inviati al garante dei detenuti napoletani, Pietro Ioia, che li ha condivisi sui suoi canali social, e al garante campano, Samuele Ciambriello, che ha scritto alla Procura di Santa Maria Capua Vetere per chiedere che si avviino le verifiche del caso. Anche i Radicali hanno trasferito ai pm l’sos dei familiari. E, prima ancora, erano stati i magistrati di sorveglianza ad apprendere dell’esistenza dei file di denuncia sui maltrattamenti e a innescare verifiche.
Diametralmente opposta a quella resa dai detenuti è la versione dei fatti del Dap. Dopo la rivolta del fine settimana, infatti, il Dipartimento ha negato ogni forma di violenza. E, nel contempo, è stato reso noto che, dopo la «battitura», diversi detenuti del Nilo avevano probabilmente in animo di organizzare una rivolta ben più energica di quella di domenica. Durante una perquisizione straordinaria, la polizia penitenziaria avrebbe infatti ritrovato in diverse celle del reparto Nilo armi rudimentali, come mazze e lame ricavate da oggetti di fortuna, oltre a diversi telefoni cellulari. Inoltre, nel corso della prima protesta, alcuni reclusi avrebbero minacciato gli agenti con dei contenitori pieni di olio bollente. Saranno gli accertamenti della Procura a chiarire se, dentro le mura dell’Uccella, lunedì si è verificato qualcosa di illecito.
La libertà di scelta, già pesantemente condizionata dai limiti imposti dalla legge 194, in questo periodo diviene molto difficile e spesso impossibile.
Abbiamo provato a capirne di più con Eleonora di Obiezione Respinta, gruppo che14 da anni si occupa di monitorare l’obiezione in ospedali e farmacie, che ha lanciato “Sos aborto – Covid 19” un canale telegram che fornisce i dati sulla situazione nelle varie regioni e nelle diverse strutture ospedaliere e consultori. Si occupa anche di accogliere le testimonianze delle donne, che devono affrontare un percorso ad ostacoli sempre più arduo. Continue reading