23 novembre 2020 – Dopo la Danimarca anche la Francia ha rilevato la presenza del Covid-19 in un allevamento di visoni, a Eure-et-Loir, e il governo ha ordinato l’uccisione degli animali. I ministeri dell’Agricoltura, della Salute e della Transizione Ecologica hanno dichiarato in una nota: “È stato ordinato l’abbattimento di tutti i 1.000 animali ancora presenti nell’allevamento e l’eliminazione dei prodotti di questi animali”. Dei quattro allevamenti di visoni nel Paese, uno è risultato non contagiato mentre “negli ultimi due sono in corso analisi”.
Fonte: https://www.tpi.it/esteri/francia-visoni-covid-abbattimento-20201123702891/
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Covid nei visoni anche in Francia: ordinato l’abbattimento di mille animali
COVID-19, la Danimarca abbatterà 17 milioni di visoni
6 novembre 2020
La Danimarca, con le sue 1.139 strutture e milioni di animali allevati, e sacrificati, ogni anno, dopo la Cina, è il più grande produttore di pellicce di visone al Mondo. Ma nel giro di pochi giorni non rimarrà traccia del piccolo mustelide sul territorio danese, in quanto tutta la popolazione, almeno 17 milioni di visoni, verrà abbattuta.
Lo spillover del profitto
Nell’articolo che apre il libro Philippe Bourrinet comincia col sottolineare che, nel passato, le grandi pandemie hanno sempre segnato i grandi passaggi epocali o, diremmo noi, i cambiamenti del modo di produzione. Così è stato per la “peste di Giustiniano” che devastò le coste del mar Mediterraneo dal 541 al 767, segnando la definitiva fine dell’impero romano. Ancor di più la peste del 1300 – che fece circa 30 milioni di morti, cioè almeno un quarto della popolazione di Europa e dintorni – segnò il passaggio dal Medioevo all’epoca moderna, cioè dal feudalesimo al decollo del capitale commerciale.
Le pandemie trasmesse dalla fauna selvatica prosperano quando la natura viene distrutta
6 agosto 2020. Esiste uno stretto legame tra la distruzione degli ecosistemi naturali per mano dell’uomo e l’aumento di ratti e pipistrelli, che fanno da veicolo a malattie come il Covid-19. A stabilirlo, è una nuova ricerca pubblicata su Nature in cui sono state analizzate quasi 7mila comunità animali in sei continenti.
Pangolino: un capro espiatorio a rischio d’estinzione
22 luglio 2020
Il lockdown dovuto al Covid-19 ha avuto delle inevitabili ripercussioni anche sul mondo animale, e la sensazione ed esperienza generale nei paesi occidentali è stata quella di una riappropriazione da parte del selvatico degli spazi antropizzati lasciati deserti. Ma in molte altre zone del mondo, caratterizzate da importanti forme di biodiverstà, l’ambiente naturale non ha avuto la stessa fortuna: aree protette e specie a rischio hanno subìto un attacco ancora maggiore alla propria esistenza, in quanto le persone rimaste senza mezzi di sussistenza si sono rivolte a questi ambienti per sopravvivere e le forme di contrasto alle attività illecite sono diminuite. Ciò ha significato l’acuirsi di pratiche dannose come la pesca con veleni, raccolte indiscriminate e deforestazione incontrollata in aree già precedentemente indebolite, a sottolineare quanto le stesse popolazioni locali siano state spossessate delle capacità di interagire con l’ambiente circostante (anche vivendo delle sue risorse) senza danneggiarlo.
Comprendere le ragioni della pandemia da Covid-19: Distruzione ecologica
20 Aprile 2020
Molti agenti di malattie infettive derivano da animali. Ma solo raramente si parla della distruzione di ecosistemi e biodiversità che svolge un ruolo centrale nella trasmissione di virus agli esseri umani.
Sulle cause ecologiche per la nascita sia del Covid-19 sia di altre pandemie, non solo nei media mainstream ma anche nell’opinione pubblica di sinistra si comunica e si discute poco. Il focus della discussione generale è sulla prevenzione e l’arginamento della pandemia da Covid-19, sul sistema sanitario sovraccarico e gli interventi drastici sui diritti fondamentali imposti dai governi. Questo naturalmente è giusto, ma omettere sostanzialmente la discussione sui fattori scatenanti è un problema e una mancanza di attenzione per i retroscena.
Covid-19, evidenze. Il sentimento planetario: bene di prima necessità – riconoscerne il desiderio
15 aprile 2020, di Sara Della Giovampaola*
Da un capo all’altro del globo stiamo vivendo una momentanea interruzione delle abitudini per evitare di contrarre un virus (SarsCov2) che potrebbe esitare in una malattia (Covid 19) in grado di mettere a rischio la vita e i sistemi sanitari.
Rendere familiare il pangolino*. Per una lettura anticapitalistica delle pandemie
13 Aprile 2020
|Affermare che il Covid-19 sia una pandemia capitalista potrebbe sembrare assurdo. Dopo tutto, i virus sono corpi naturali che esistono indipendentemente da tutte le strutture sociali e che hanno colpito l’umanità molto prima che fosse dominata dai sistemi capitalistici. Dalle epidemie di “peste” nell’antica Grecia alla peste nera che ha colpito le società eurasiatiche pre-capitalistiche, è ampiamente dimostrato che il capitalismo non ha inventato le pandemie. Pretendere che possa essere responsabile del Covid-19 potrebbe sembrare un’affermazione folle o di tipo “complottista” (per usare l’aggettivo generalmente usato per squalificare qualsiasi pensiero critico che cerchi di risalire la catena delle responsabilità sociali di un fenomeno). Oppure, e bisogna ammetterlo subito, la SARS-CoV-2 (il nome del virus che trasmette la malattia Covid-19) esiste indipendentemente dalle strutture capitalistiche. Di conseguenza, l’anticapitalismo dovrebbe concentrarsi solo sulla gestione capitalistica della pandemia e non avrebbe nulla da dire sulla comparsa dell’epidemia in quanto tale, ridotta a un semplice fenomeno “naturale”. I fatti, tuttavia, ci sono e sono inquietanti.
Un singolo virus ha causato il Covid-19. Gli scienziati avvertono che ce ne aspettano molti altri (se continuiamo così)
10 aprile 2020. Lo sfruttamento della fauna selvatica e i cambiamenti globali aumentano il rischio che virus animali possano arrivare ad infettare le persone, scatenando dei veri e propri focolai come la pandemia di Covid-19. A stabilirlo è un team di ricercatori dell’Università della California che da tempo, studia la genesi del nuovo coronavirus. La ricerca evidenzia il ruolo dell’essere umano nell’attuale pandemia che ha portato al contagio di 1,4 milioni di persone in tutto il mondo. Sul banco degli imputati ci sono globalizzazione, deforestazione e perdita di biodiversità.