(disegno di laura zoe)

«O moriamo di fame, o moriamo di Coronavirus», sintetizza R., un’abitante del campo rom di Cupa Perillo a Scampia, e non c’è molta ironia nella sua voce. Non è l’unica cosa che pensa di questa situazione. Pensa anche che le circa centocinquanta bambine e bambini che frequentano regolarmente la scuola, relegati nelle baracche senza connessione e senza tablet non avranno alcuna possibilità di stare al passo con i compagni della loro età. Pensa ai vecchi che non hanno alcuna forma di reddito, che a stare fermi magari non si ammalano, ma che non possono andare avanti. Pensa a quelli già ammalati. Pensa a chi come lei ha un lavoro che ha subito un’interruzione e non sa se riprenderà, o a chi non ha niente, magari per assenza di documenti, e deve comunque uscire tutti i giorni per pensare alla sopravvivenza per sé e per gli altri. Tuttavia, in maniera disciplinata, spaventati come tutte e tutti su questo pianeta, le norme di chiusura i rom le hanno rispettate alla lettera, senza muoversi. E almeno nessuno si è ammalato di Coronavirus.