Con due corrispondenze facciamo chiarezza su quanto avviene nelle campagne della Piana di Gioia Tauro.
Il primo a parlare è un lavoratore rinchiuso nella tendopoli, la seconda è una compagna della Rete Campagne in Lotta. Dopo mesi di gestione militare del campo di lavoro presente nella zona industriale di San Ferdinando, al comparire dei primi contagi, nessuna misura dello Stato riguarda la tutela della Salute.
Da anni, nei distretti agroindustriali del territorio Italiano, le lavoratrici e i lavoratori immigratx portano avanti con tenacia una lotta contro lo sfruttamento e per la libera circolazione, contro le leggi che limitano sempre di più le libertà di chi vive in questo paese con ricatto del permesso di soggiorno e del contratto, che spesso non ci sono. Una lotta per ottenere documenti, case e contratti di lavoro regolari, che da anni va avanti nella provincia di Foggia così come nella piana di Gioia Tauro e nell’area di Saluzzo, e in molti altri luoghi dove i giganti della frutta e della verdura fanno grandi profitti sulle spalle dei e delle braccianti.
ORA PARLIAMO NOI: IL LAVORO MIGRANTE NON PUÒ ESSERE MESSO A TACERE!
Noi siamo migranti che hanno passato la quarantena a fare i lavori essenziali. Siamo donne e uomini che hanno lavorato nei magazzini e nelle fabbriche, nei campi e nei supermercati, che hanno consegnato a casa le merci più varie, che hanno sanificato le vostre case, le aziende e gli ospedali, che hanno badato ai malati e agli anziani. Alcuni di noi invece hanno perso il lavoro, non hanno potuto usufruire dei sussidi statali e ora senza lavoro e reddito rischiano di perdere il permesso di soggiorno.
La questione dei braccianti irregolari nelle campagne italiane è uscita alla ribalta in tempi di pandemia. La “sanatoria” approvata il 13 maggio rispecchia gli interessi in campo: le pressioni della filiera agroalimentare per assicurarsi manodopera a basso costo e l’agenda politica che fa dell’opposizione alla migrazione il suo cavallo di battaglia. Infatti, i permessi di soggiorno di 6 mesi concessi a chi può dimostrare un contratto lavorativo regolare non modificano sostanzialmente la condizione dei lavoratori agricoli, sia per la loro durata insufficiente ed esclusivamente funzionale al lavoro stagionale, sia perché non incide sul lavoro in nero. Mentre sindacati e associazioni sono intervenuti solo in tempi di emergenza, in cui è possibile sfruttare la sovraesposizione mediatica, lotta autorganizzata di braccianti e solidali per ottenere documenti e abitazioni è attiva da anni.
Ne abbiamo parlato con una compagna di Campagne in Lotta. Ascolta la diretta:
I migranti non sono tutti uguali. Ma così come gli italiani sfruttati, hanno una cosa in comune: sono sotto ricatto. Dai figli a carico al permesso di soggiorno, da un visto da ripagare alla trafila per l’asilo, ecco cosa definisce la schiavitù moderna.
Bonaccini si è aggiunto alla lunga lista di chi individua nuove categorie di servi della gleba per far marciare l’agricoltura, insieme a Gori, Bellanova e Coldiretti. Per il presidente della regione la soluzione è mandare nei campi le 67mila persone che percepiscono il reddito di cittadinanza in Emilia Romagna “per restituire un po’ quello che prende”.