La zona libera da sbirri non è un quartiere particolare, una rotonda o un parcheggio. È l’impegno condiviso nel difendere uno spazio ed eliminare le dinamiche della Polizia e della supremazia bianca. Nel seguente testo, analizziamo le esperienze di alcune persone che cercano di creare zone autonome libere dai poliziotti in diverse parti degli Stati Uniti. Ieri la Polizia di Seattle ha sfrattato la Capitol Hill Autonomous Zone (CHAZ), nota anche come Capitol Hill Organized Protest (CHOP), ponendo fine a un esperimento di autonomia che si stava protraendo da tre settimane, ispirando creatività e tragedie strazianti. Eppure, la leggendarietà di questo spazio si è diffusa in tutto il mondo, ispirando azioni solidali in luoghi lontani Tokyo e ispirando tentativi di emulazione da Portland a New York e Washington, DC.
Da oltre due mesi la Slovenia è attraversata da una manifestazioni che ogni venerdì attraversano le principali città del paese.
La gestione della pandemia, tra corruzione e violenza di polizia, la crisi sociale, ha innescato un movimento sociale ampio e radicale. A ciò si aggiunge il crescente autoritarismo del governo di estrema destra varato in gennaio, dopo il fallimento della debole coalizione di centro.
Il cambiamento sociale essenziale implica due processi intrecciati tra loro. Da un lato, significa demolire i meccanismi che impongono disparità di potere e di accesso alle risorse; dall’altro, implica la creazione d’infrastrutture che distribuiscano risorse e potere secondo una logica diversa, forgiando un nuovo tessuto sociale. Mentre il movimento per l’abolizione della Polizia esploso nella coscienza pubblica un mese fa a Minneapolis ha creato nuovi precedenti per la resistenza, le reti di mutuo soccorso che si sono diffuse in tutto il mondo dall’inizio della pandemia di COVID-19 indicano la via da percorrere perché ci sia un nuovo modello per le relazioni sociali. Il seguente report descrive tre gruppi che coordinano gli sforzi di mutuo aiuto a New York – Woodbine, Take Back the Bronx e Milk Crate Gardens –, analizzandone sia le motivazioni e le aspirazioni, sia le risorse e i modelli assistenziali che mettono in circolo.
Vivo nel Queens, un quartiere di New York. È uno dei posti con la popolazione più eterogenea del mondo, ed è stato colpito molto duramente dall’epidemia da Covid; da noi, questa tragedia è stata molto legata alle questioni di razza e di classe. Fin dall’inizio, la gente ha iniziato ad attivarsi in reti di mutuo aiuto: nella mia zona un programma per i senza tetto di matrice religiosa è stato travolto dall’aumento di persone bisognose di cibo e ha iniziato a essere sostenuto da un centro sociale di autonomi, per aumentarne la capacità di risposta. Il cibo non avanza mai e spesso devono mandare via la gente a mani vuote. A donare sono grandi corporation, piccole aziende agricole, ristoranti, e anche gente comune che dona soldi. Lo Stato di New York ha fatto passare una moratoria sugli sfratti, ma ora che questa misura sta per finire ci sono ancora troppi nuovi disoccupati. Almeno quarantaquattro milioni di persone negli Stati Uniti hanno perso il lavoro (e chi è senza documenti non rientra in questa cifra), e solo nell’ultima settimana più di tre milioni di persone hanno fatto richiesta per la disoccupazione. Non si sa per quanto tempo continueranno queste donazioni di cibo. Dobbiamo sviluppare delle risposte sostenibili alla fame.
Esiste una relazione permanente tra l’idea che si ha della morte e l’idea che si ha di sé?
(Philippe Ariès, Storia della morte in occidente)
Le campane suonano a morto e per le strade del piccolo borgo di Alzano Sopra, in provincia di Bergamo, non va in giro nessuno. È aperto il portone della chiesa di San Lorenzo martire con la sua facciata austera, ma il porticato alla fine della scalinata di marmo è ancora vuoto. All’interno è stato allestito un altare, su cui è stata appoggiata un’urna nera, circondata da orchidee bianche. Prima di entrare, in mezzo alla navata centrale, c’è il distributore di gel per disinfettarsi le mani, sulle pareti ci sono cartelli che ricordano che indossare la mascherina è obbligatorio. L’unico segnale di una normalità che non può riprendere esattamente come prima.
Dall’inizio della crisi sanitaria causata dalla pandemia di coronavirus–Covid-19, la situazione sociale nello Stato spagnolo è diventata estremamente turbolenta. Quasi due mesi di isolamento, con chiusure forzate di imprese ed il blocco delle frontiere, hanno avuto un impatto brutale sull’economia spagnola.
Siamo solidali con l’infermiera cinquantenne Farida C. che – dopo aver contratto il COVID-19 mentre stava curando i pazienti colpiti dal virus presso l’ospedale Paul-Brousse di Villejuif presso cui lavora – si trova ora a dover rispondere alle accuse di aver lanciato, la scorsa settimana, dei proiettili per difendere alcuni manifestanti dagli attacchi dei gendarmi parigini. Entrambe le attività dimostrano enorme coraggio e abnegazione. Combattere il COVID-19 e combattere la violenza della Polizia sono due aspetti dello stesso programma.
In questo scritto, gli anarchici di una zona rurale degli Stati Uniti descrivono come le persone che vivono fuori dai centri urbani, in questo periodo, possono contribuire al movimento contro la violenza della Polizia e contro la supremazia bianca istituzionale sorto a Minneapolis in risposta all’assassinio di George Floyd.
Martedi 16 giugno in decine di migliaia sono scesi in piazza in molte città francesi chiamati a raccolta dal personale sanitario in lotta (220 sono stati gli appuntamenti di protesta in tutto il paese) e sono stati violentemente caricati dalla polizia. In questo video, un’infermiera di 50 anni di nome Farida, che ha lavorato dalle 12 alle 14 ore al giorno durante tutta l’emergenza del Covid (ed è stata anche contagiata), è stata picchiata selvaggiamente e arrestata.
Nella seguente analisi, esaminiamo quei movimenti che hanno portato alla rivolta in risposta all’assassinio di George Floyd, esploriamo i fattori che hanno l’hanno resa potente, parliamo delle minacce che si trova a dover affrontare e concludiamo con una serie di racconti di chi vi ha preso parte a Minneapolis, New York, Richmond, Grand Rapids, Austin, Seattle e altrove nel Paese.
Per quest’articolo, abbiamo utilizzato solo fotografie già ampiamente disponibili online, per evitare di fornire inavvertitamente dati sensibili alla Polizia.
Dopo i cortei a Roma, la galassia dell’estrema destra si organizza per cementare curve di destra, fondamentalisti cattolici, gilet arancioni, no vax, complottisti e populisti arrabbiati. E c’è chi guarda con interesse a questi movimenti [purtroppo!]. Due articoli dai media mainstream.
Non si fermano le violazioni dei diritti umani e la repressione delle proteste in piena pandemia: intanto, oltre 2.500 ragazzi e ragazze, tra cui anche molti minori, sono stati incarcerati senza una condanna ufficiale, mentre nelle carceri il rischio di contagio è altissimo e le misure di sicurezza sanitaria totalmente assenti.
Ci sono occasioni della storia in cui tutto sembra verticalizzarsi intorno a un evento. Così l’assassinio poliziesco di George Floyd e la sommossa che ne è scaturita mettono a nudo le innumerevoli contraddizioni e tensioni che stanno alle radici profonde del sistema americano. La media vertiginosa di “esecuzioni extragiudiziali” ai danni degli afroamericani per mano della polizia, il razzismo sistemico dello Stato americano, la dinamica reazionaria del suprematismo bianco che oggi trova la propria espressione politica nell’amministrazione Trump: tutto ciò non costituisce la novità dell’ultima ora, ma rappresenta piuttosto la filigrana essenziale del sistema statunitense sin dalle sue origini. Di queste radici profonde abbiamo parlato con Kali Akuno, un compagno da anni attivo nei movimenti rivoluzionari neri negli Stati Uniti.