Tag Archives: Regione Lombardia

Milano. Licenziato operatore sanitario del Don Gnocchi. Aveva denunciato irregolarità nella gestione coronavirus

E’ stato licenziato l’operatore sanitario che aveva denunciato la Fondazione Don Gnocchi, una delle Rsa private finita al centro di una delle inchieste della procura di Milano per epidemia e omicidio colposi.

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Ora a casa restateci voi! – Una campagna sulla gestione dell’emergenza Covid in Lombardia

Da oggi parte la campagna “Ora a casa restateci voi”  per chiedere le dimissioni dirette della giunta Fontana dopo la gestione disastrosa dell’epidemia in Lombardia (di cui abbiamo già avuto modo di parlare anche noi in diversi approfondimenti in questi due mesi). Consapevoli che le responsabilità del disastro non si fermano alla Regione ma sono molto più profonde e coinvolgono anche importanti pezzi del governo, del Comune di Milano, di Confindustria e Confcommercio, convinti che la soluzione non sia il commissariamento ma la fine di questa classe tecnico-politica, sosteniamo l’appello per iniziare a farla finita con i signori verde-nero-azzurri della destra lombarda.

Leggi il testo del lancio.

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Milano, lo scandalo delle Rsa e le resistenze sanitarie

30 aprile 2020

“Non era colpa del personale, ma della mancanza del personale”, scriveva Bruno Le Dantec nel suo articolo di qualche settimana fa denunciando la situazione degli ospedali e delle residenze per anziani a Marsiglia e dintorni. Allargando lo sguardo dalla Francia alla Spagna e all’Italia aggiungeva: “Al di là della fatalità del virus, i popoli dei nostri tre paesi non mancheranno di ricostruire il collegamento tra la carenza di mascherine, tamponi, letti, apparecchiature respiratorie […] e la superficialità con cui i governi hanno ignorato i campanelli d’allarme del personale ospedaliero”.

Uno scampanellio che in Italia è diventato ancora più forte da quando l’Istituto Superiore di Sanità ha condiviso i dati sulle fonti di infezione da Covid-19 di circa 4.500 casi accertati nelle prime tre settimane di aprile. Il 44% dei contagi sarebbe avvenuto nelle residenze sanitarie assistenziali (Rsa), trasformandole in quei “cronicari” raccontati da Antonio Esposito pochi giorni fa.

Questi dati non hanno sorpreso medici, infermieri, operatori sanitari, dipendenti delle cooperative e molte altre figure impiegate all’interno delle Rsa, né i parenti degli ospiti, in particolare in Lombardia dove queste strutture hanno registrato quasi duemila decessi da Covid negli ultimi due mesi. È stata l’insistenza dei lavoratori e dei parenti in cerca di spiegazioni a dare avvio alle inchieste della Procura di Milano, poi estese anche alle altre province della Lombardia, per “omicidio ed epidemia colposa” nelle Rsa lombarde.

Oltre alle singole strutture, le inchieste riguardano anche i vertici della Regione Lombardia per accertarne le responsabilità nella diffusione incontrollata del contagio, in particolare in seguito a una direttiva datata 8 marzo nella quale la Regione chiedeva che le Rsa accogliessero pazienti Covid dimessi dagli ospedali per poter liberare posti letto. Mentre numerosi cittadini si sono mossi per chiedere il commissariamento della sanità lombarda e gli organi di rappresentanza dei medici di base hanno espresso la propria preoccupazione per la gestione della “Fase 2” nella regione, la lotta dei lavoratori e dei familiari prosegue in molte Rsa.

È quello che sta accadendo anche ad AbbiategrassoBià in dialetto, un comune di oltre trentaduemila abitanti a meno di trenta chilometri dal centro di Milano, in direzione sud-ovest. Una città antica sorta al centro di una campagna feconda e resistente in prossimità delle acque del Ticino. Ad Abbiategrasso il primo caso di contagio da Covid è stato accertato il 9 marzo all’interno dell’Istituto Geriatrico Golgi, un tempo Pia Casa degli Incurabili e oggi parte del sistema di Rsa gestite dall’Azienda servizi alla persona (Asp) Golgi-Redaelli. Oltre alla sede di Abbiategrasso, l’azienda amministra altre due strutture situate a Milano e Vimodrone. Tra il 9 marzo e il 17 aprile il numero degli ospiti contagiati nella Rsa di Abbiategrasso è salito a novanta persone e sono avvenuti trentacinque decessi, diciassette dei quali certamente positivi al Covid e nove sospetti.

Lucio (nome di fantasia) racconta che il padre ottantenne era stato ricoverato all’inizio dell’anno nella parte dell’Istituto dedicata alla degenza residenziale temporanea per persone affette da demenza, l’area “Cure Intermedie ex Riabilitazione Alzheimer”. Suo padre avrebbe dovuto trascorrere lì alcuni mesi per ottenere maggiore stabilità e dare sollievo alla famiglia che stava attraversando un momento di fatica nella gestione quotidiana della malattia. Invece, come quasi tutti gli altri ospiti dell’ex Riabilitazione Alzheimer, si è ammalato di Covid. A partire dal 9 marzo ai parenti è stato definitivamente impedito di far visita ai propri padri e alle proprie madri a causa di alcuni “possibili casi” di infezione nel reparto. Dopo alcuni giorni di insistenza, i parenti hanno avuto la conferma della presenza di casi positivi e sono stati invitati a recarsi presso l’Istituto per ritirare i vestiti dei propri cari, da lavare a casa.

Lucio spiega: «Questa cosa dei vestiti si faceva anche prima però prima entravi più o meno tutti i giorni quindi non si accumulavano, c’era un cesto in camera, li prendevi e portavi quelli puliti. Il primo sabato dopo la notizia dei contagi c’è stato il delirio. Di solito andava mia sorella a prendere i vestiti, ma quando si è saputo che c’erano dei positivi non se l’è sentita perché ha i bambini piccoli. Alla fine sono andato io a prenderli e mia mamma, che ha più di ottant’anni, ha insistito per lavarli a casa sua. Quando sono arrivato fuori dal reparto c’era una montagna di vestiti, qualche operatore dietro un banco che provava a smistarli e i parenti che davano i numeri per sapere dall’istituto come fare a lavarli senza rischiare di infettarsi». Andare a prenderli con guanti e mascherina e lavare tutto a sessanta gradi, queste sono state le istruzioni fornite dal Golgi e seguite dai parenti, tra molte paure. Nel corso delle settimane la distribuzione dei vestiti è diventata più ordinata e i parenti in coda hanno iniziato a conoscersi meglio e a organizzarsi anche con gli operatori della struttura.

Parenti e operatori hanno contestato alla dirigenza del Golgi il silenzio stampa in cui questa si è chiusa a lungo, prima di dichiarare che la quasi totalità dei pazienti dell’ex Riabilitazione Alzheimer erano risultati positivi ai tamponi e che nel reparto c’erano stati due morti da Covid. Mentre i numeri crescevano anche nel resto della struttura, gli operatori si ammalavano e diminuiva il personale in attività, rendendo sempre più faticosa la cura degli anziani ricoverati. In seguito a numerose richieste e rivendicazioni dei lavoratori rimaste inascoltate dalla struttura e dagli enti locali e regionali responsabili della tutela della salute pubblica, Unione sindacale di base (Usb) Lombardia ha presentato un esposto alla Procura di Milano sulla situazione degli istituti gestiti dall’Asp Golgi-Redaelli. Le principali criticità segnalate dagli operatori rappresentati da Usb sono “la mancata assunzione di personale, l’inadeguatezza del numero di tamponi eseguiti a degenti e personale, l’assenza di una strategia di isolamento dei casi positivi, la carenza di dispositivi di protezione individuale, l’incapacità di individuare protocolli di sicurezza certi e univoci per tutta l’azienda, il mancato controllo sull’operato delle ditte appaltatrici in merito alla sicurezza e alla tutela della salute e la mancata abilitazione del laboratorio interno all’analisi dei tamponi”.

Nel corso dell’assemblea “a distanza” del personale (dipendenti e ditte esterne) organizzata dell’Usb dell’ASP Golgi-Redaelli del 20 aprile, Pietro Cusimano ha ripercorso le principali tappe della privatizzazione della sanità lombarda, di cui rappresentano una parte fondamentale le circa seicento Rsa private, su un totale di settecento strutture. Secondo Cusimano il principale interesse delle Rsa sarebbe diventato il profitto e non più la salute. Solo a partire da questo presupposto sarebbe possibile comprendere la progressiva riduzione e precarizzazione della forza lavoro all’interno delle Rsa, dove operano numerosi dipendenti di cooperative esterne. Nel corso dell’assemblea sono stati presentati anche i dati ufficiali forniti dall’Asp Golgi-Redaelli a metà aprile, in seguito alle pressioni dei parenti degli ospiti e dei lavoratori. Il numero dei dipendenti in malattia all’interno dell’istituto è cresciuto vistosamente nell’ultimo periodo, con 114 lavoratori in malattia nella struttura di Abbiategrasso, 145 a Vimodrone e 112 a Milano. Il numero dei dipendenti di ditte esterne attive nell’Asp Golgi-Redaelli in malattia è stato registrato solo a Vimodrone, mentre non si conoscono i dati di Milano e Abbiategrasso. Anche i tamponi, fatti sui dipendenti delle Rsa dopo numerose richieste da parte dei lavoratori, non sono stati eseguiti sugli operatori di ditte esterne, così come non sono stati distribuiti in modo uniforme i dispositivi di protezione individuale.

Nei giorni successivi all’assemblea dei lavoratori i Nas hanno ispezionato la Rsa di Abbiategrasso ed è stata ricostruita la dinamica dell’infezione, poi divulgata dalla stampa locale: il contagio sarebbe entrato nella struttura all’inizio di marzo attraverso due pazienti asintomatiche dimesse da ospedali delle vicinanze e ricoverate nella Rsa per riabilitazioni. Nel giro di alcuni giorni le due donne, di cui una ricoverata nell’ex Riabilitazione Alzheimer, avrebbero presentato i sintomi, quando ormai la diffusione del virus era avvenuta nell’istituto. Ad oggi non sono stati effettuati tamponi sul personale della Rsa di Abbiategrasso, mentre anche in un’altra struttura per anziani presente nel comune sono stati accertati numerosi casi di contagio. Alla lotta dei parenti e dei lavoratori, nelle ultime settimane si sono uniti anche cittadini, giornalisti e militanti locali per chiedere chiarezza e giustizia alle aziende sanitarie e alle istituzioni. Nel frattempo, anche il padre di Lucio non smette di lottare dentro al suo reparto, «come un vero leone del Ticino che è sopravvissuto alle bizze del fiume e non si spaventa di certo davanti al virus». (gloria pessina)

 

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FONTE: https://napolimonitor.it/milano-lo-scandalo-delle-rsa-e-le-resistenze-sanitarie/


Pio Albergo Trivulzio: mentre gli anziani morivano i dirigenti incassavano premi per mezzo milione

14 aprile 2020

Alla fine di marzo il Pio Albergo Trivulzio vive giorni difficili. Al suo interno ci sono decine di malati di coronavirus tra pazienti e operatori sanitari. Si fa molta fatica a reperire sul mercato i dispositivi di sicurezza, anche perché acquistati con ritardo. E in molti muoiono nella struttura. In quelle ore, però, l’area tecnico-amministrativa ha un altro impegno: distribuire premi per 580 mila euro alla dirigenza medica e amministrativa.

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Crisi sanitaria. 20 domande per lor signori

9 aprile 2020

Avevano promesso di riqualificare i grandi ospedali ad alti livelli d’intensità di cura e spostare sul territorio tutte le attività a medio-bassa intensità. Il modello lombardo ha fatto da apripista. Ma il patto miliardario pubblico-privato ha partorito frutti amarissimi e mortiferi! La rete sanitaria territoriale è più arida del deserto dei tartari!

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Il disastro coronavirus in Lombardia era già scritto in un audit del 2010, mai applicato

6 aprile 2020

Un piano che si era già dimostrato ampiamente inefficiente e che non è mai stato “sanato”. Oltretutto basato su un architrave non più esistente, a seguito di una riforma strutturale del sistema sanitario regionale che ha smantellato le Asl e il ruolo dei medici di famiglia (cioè la medicina di prossimità) a favore della centralità degli ospedali.
È l’arma che Regione Lombardia teneva nel cassetto, pronta a sfoderare in caso di pandemia. Una pistola a salve che infatti ha fatto cilecca quando è esploso il Covid-19.

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Bergamo 22 febbraio: „chiediamo ospedali per covid19“. Risposta regione: „non abbiamo voglia di leggere le tue cazzate.“

27 marzo 2020

Lettera aperta a Giulio Gallera (assessore al Welfare della Regione Lombardia)

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Stato di agitazione del settore socio-sanitario

Uno sguardo sul reparto sanità con Alessandro (cub-sanità), per capire le richieste dei lavoratori socio-sanitari in prima fila nella lotta al covid-19. La retorica degli “eroi nazionali” si infrange con le solite condizioni contrattuali di precariato e sfruttamento, in cui vengono negate agli stessi operatori le condizioni minime di prevenzione.
Per ascoltare il contributo: https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/09/bosn3.png

qui il comunicato dei Cub-sanità: 2020-03-23 comunicato proclamazione

Leggi da Cub sanità.

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Cub Sanità: Apertura stato di agitazione del personale nel settore socio-saniatario-educativo-assistenziale della Lombardia

26 marzo 2020

Residenze per Anziani e Disabili, soggetti portatori di patologie psichiatriche e Assistenza Domiciliare, che operano a vario titolo sul territorio Regionale su temi inerenti la situazione determinatasi con il virus Covid-19.

foto archivio CUB

Spett.le
Ill.mo Prefetto di Milano
protocollo.prefmi@pec.interno.it

e Regione Lombardia
Presidente Dott. Attilio Fontana
presidenza@pec.regione.lombardia.it

e Assessore Dott. Giulio Gallera
welfare@pec.regione.lombardia.it

OGGETTO: apertura stato di agitazione del personale nel Settore socio-saniatario-educativo-assistenziale: Residenze per Anziani e Disabili, soggetti portatori di patologie psichiatriche e Assistenza Domiciliare, che operano a vario titolo sul territorio Regionale su temi inerenti la situazione determinatasi con il virus Covid-19

Con la presente, in ottemperanza dell’Art. 2 c. 2 Legge 146/1990 e s.m.i., si effettua la richiesta di conciliazione in relazione alle gravi problematiche inerenti la gestione dell’Emergenza Coronavirus sul territorio e si proclama lo stato di agitazione del personale dei Servizi in oggetto sull’intero territorio regionale lombardo.

Riceviamo infatti da settimane numerose segnalazioni dei lavoratori del settore (medici, infermieri, operatori socio-sanitari) e ci riferiscono di una situazione già gravissima in termini di contagi e di decessi, termini che sono di una gravità tale da costringerci a ignorare, se necessario, ogni limitazione al diritto e alla facoltà di sciopero e dobbiamo perciò rappresentarVi la richiesta di interventi immediati a tutela di salute e sicurezza di lavoratrici e lavoratori e per l’incolumità pubblica e dell’utenza dei servizi e della collettività tutta.
La situazione sarà a breve “drammatica” perché nelle RSA e RSD e altre similari, in cui già mancavano i dpi utili a eventuale prevenzione, oggi mancano quelli da utilizzarsi nella fase di presenza Virus certa e conclamata.
In questi settori necessita sia attuata una importante prevenzione attraverso norme igieniche e di utilizzo dei DPI in cui sia lavoratori che pazienti siano messi in sicurezza poiché è ormai palese che anche gli asintomatici sono veicolo attivo del virus. Per questo i lavoratori devono avere cuffia, occhiali/visiera protettiva, mascherina filtrante facciale con sopra mascherina chirurgica, camice monouso idrorepellente, guanti, calzari.
Mentre i pazienti devono indossare per lo meno mascherine chirurgiche. Non è possibile aspettare di intervenire alla comparsa dei sintomi. E’ una strategia fallimentare che compromette la salute e la vita stessa di lavoratori e pazienti. Inoltre è essenziale che i lavoratori siano adeguatamente informati e formati per poter affrontare questa emergenza.
Sempre in tema di prevenzione rivendichiamo il diritto che venga effettuato il tampone a tutti i lavoratori, oltre che a tutti i pazienti.

Siamo a chiedere infine che nelle norme ed i Decreti prossimi a venire o a integrazione dei passati, sia scritto a chiare lettere che i medesimi riguardano anche il Settore del Socio-sanitario-educativo-assistenziale o ci sia una nota a parte, poiché se ogni riferimento resta “generico” al solo Settore Sanitario, le Aziende Socio-assistenziali-educativo-sanitarie, non riconoscendosi come Soggetto Sanitario, non si adeguano alle norme emanate, in danno a lavoratori e Utenti.

Per quanto sopra CUB Sanità avvia lo STATO DI AGITAZIONE, e CHIEDE L’IMMEDIATA CONCILIAZIONE nei tempi previsti dalla Legge, quale strumento per evitare la proclamazione dell’astensione dal lavoro,
Rimaniamo a disposizione per contatti urgenti Distinti Saluti

Per contatti:
Paolo Bellavita
3707054545
paolo.bellavita@cub.it

Cub Sanità Italiana
Confederazione Unitaria di Base
Milano V.le Lombardia 20 – tel 0270631804 – fax. 0270602409
www.cub.it – mail: sanitamilano@cub.it – pec: sanita-cub@postecert.it

 

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FONTE: https://www.cub.it/index.php/servizi/documenti-caf/97-organizzazioni-cub/cub-sanita/13631-cub-sanita-apertura-stato-di-agitazione-del-personale-nel-settore-socio-saniatario-educativo-assistenziale-della-lombardia


L’ospedale in Fiera: ovvero, dei vuoti e della gestione dell’emergenza sanitaria in Lombardia

E’ passato un mese da quando i primi casi di contagio da Covid19 si sono manifestati in Lombardia. In questo mese abbiamo assistito a un profluvio di dichiarazioni, allarmi, smentite, promesse, lamentele da parte del Presidente della Regione Fontana e dall’Assessore alla Sanità Gallera rispetto a priorità, competenze, azioni da intraprendere. Un fuoco di fila di dichiarazioni, ben spalleggiati in questo da quelle, spesso contrastanti o divergenti, che venivano dal Governo o dal Sindaco Sala. Mentre la diffusione del virus cresceva e con essa i morti, le Istituzioni locali e nazionali e la Protezione Civile giocavano a rimpallarsi doveri e responsabilità anziché agire con prontezza e immediatezza, anche su aspetti basilari ma fondamentali come la disponibilità di mascherine.

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COVID-19 – LAVORATORI OSR (Osp. San Raffaele) AL FRONTE SENZA TUTELE E RICONOSCIMENTI

Foto San Raffaele, un flash mob con 244 'lavoratori ...

Milano, 25 marzo 2020

“IL GRUPPO OSPEDALIERO SAN DONATO È DA PIÙ DI 60 ANNI IL BALUARDO DEL SISTEMA SANITARIO PUBBLICO”. Cominciano così la serie di mail, che tutti noi, abbiamo ricevuto sull’indirizzo di posta aziendale da parte della Presidenza del Gruppo San Donato, che elencano una sequela di meriti e impegni e dove traspare una sorta di onnipotenza da parte della Proprietà.

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Quello che non bisognava fare: appunti sul Sistema sanitario lombardo.

La recente epidemia ha contribuito, fra le altre cose, a render manifeste le inadeguatezze ed iniquità – già prefigurate e denunciate negli ultimi anni da una nicchia di cittadinanza consapevole – di un sistema sanitario in buona misura mutato radicalmente rispetto agli albori del SSN, aziendalizzato e privatizzato. In particolare in seguito alle riforme degli anni 90 si è imposto un modello a tratti anglosassone mirato più all’ospedalizzazione, alla cura ed al servizio profittevole piuttosto che all’attenzione alla prevenzione ed alla salute pubblica, bene comune di rilevanza costituzionale su cui insiste la grande riforma sanitaria del ‘78 (da cui l’istituzione del sistema sanitario nazionale

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