Le carceri sono tra i luoghi più esposti al rischio di contagio.
Assistiamo al paradosso per cui all’esterno non si può stare a meno di un metro di distanza e lo Stato dichiara illegali gli “assembramenti”, mentre in carcere si è costretti dallo stesso Stato a stare anche in celle sovraffollate.
A riprova di come la vita dei detenuti sia tenuta in nessuna considerazione.
A un mese dall’inizio delle proteste nelle carceri italiane, proviamo a mettere in fila le poche informazioni reperibili sulla situazione del carcere veronese di Montorio.
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Detenuti contagiati nel carcere di Montorio
INAIL-Covid: sul lavoro ci si infetta e si muore. 37.000 denunce di contagi e 129 morti nelle aziende.
9 maggio 2020 – Oltre 37.000 le denunce di contagi sul lavoro da Covid 19 mentre le denunce di infortunio mortale sempre per COVID19 sono 129. Sono i dati Inail che si riferiscono alle denunce arrivate fino al 4 maggio. Si registra un aumento di 9.000 unità rispetto alla prima rilevazione diffusa il 21 aprile (31 in più per i casi mortali). Per gli infortuni mortali da Covid 19 c’è una netta prevalenza delle denunce per uomini (82,2%). Questo è quello emerso prima della riapertura generalizzata. Ma cosa sta succedendo realmente nelle piccole e medie fabbriche dove non ci sono controlli e sindacato? È solo la punta del’ iceberg. A Brescia e provincia sempre più segnalazioni anonime di operai impauriti che denunciano condizioni di lavoro senza sicurezza. Schiacciati tra ammalarsi e perdere il lavoro.
L’emergenza carceraria ai tempi del Coronavirus. Un Focus in continuo aggiornamento
È iniziata sabato 7 marzo a Salerno, ed è andata avanti per tutta la settimana successiva, seppur in forme diverse a seconda degli istituti, la protesta dei detenuti in decine di carceri italiane. In alcuni penitenziari ci sono stati scontri violenti con la polizia e reparti distrutti, in altri numerose evasioni, in altri ancora proteste pacifiche e battiture sulle sbarre di celle e finestre, ma il dato comune è che migliaia di persone hanno iniziato a rivoltarsi nelle celle e nei padiglioni di tutta Italia.
Denuncia dei lavoratori dei dormitori pubblici di Torino: troppo tardi i tamponi, rischio focolaio tra i senza fissa dimora
30 aprile 2020. «Quello che ci sconvolge è che il comune e la Regione ci hanno messo un mese per capire cosa si doveva fare con conseguenze gravi per gli ospiti e i lavoratori». A parlare una delle lavoratrici che ha firmato la lettera dei “Lavoratori del Settore Adulti in Difficoltà di Torino” uscita su Facebook e sui media ieri l’altro. Nella lettera si ripercorrono le tappe della riposta all’emergenza covid per le strutture comunali dei senza fissa dimora che arrivano ad ospitare un totale di 800 persone in periodo invernale: a fronte delle prime richieste di cambiamenti al comune fatte il 10 marzo secondo gli operatori solo il 20 marzo si è iniziato a ridurre il numero degli ospiti per casa, il 24 marzo si è proceduto all’apertura 24h su 24 (tranne dalle 10 alle 14 per la sanificazione), mentre i tamponi sono arrivati solo a fine aprile.
«Ci sono situazioni di alta promiscuità con camere da due, tre persone e un bagno ogni 6, 7 persone» afferma l’operatrice. «Ma anche i primi spostamenti da situazioni con più ospiti sono stati fatti verso due strutture che erano già piene, quelle di via Massaua e via Ghedini, quindi hanno solo aumentato i posti letto là».
I disastro della Reiss Romoli: tanti sospetti covid per venti giorni senza operatori
Le strutture per i senza fissa dimora a Torino sono circa una ventina di cui 8 del comune più due per l’emergenza freddo e le altre sono del privato sociale. La denuncia riguarda 4 strutture del Comune dove i problemi sono arrivati a fine marzo con i primi casi «Il 30 Marzo viene reso noto il primo ospite Covid-positivo all’interno del dormitorio di via Reiss Romoli (oltre che nelle strutture di via Ghedini e piazza Massaua), a cui segue non solo il contagio dell’équipe tutta, ma anche il contagio della quasi totalità degli ospiti presenti in struttura, trasformando così il dormitorio in un focolaio Covid a tutti gli effetti». Si legge nella lettera. «Dopo i primi casi la struttura è rimasta senza operatori perché erano tutti in malattia con i sintomi da covid – spiega l’operatrice – è stato fatto un presidio fuori con la polizia municipale e operatori della cooperativa che gestisce il posto. I tamponi sono stati fatti solo settimana scorsa ai pochi ‘superstiti’ perché di venti ne sono rimasti 6 o 7, tutti gli altri sono stati ospedalizzati».
Ora la struttura è stata svuotata, sanificata e riaprirà la prossima settimana ma quello che sostengono i lavoratori è la paura che anche in altre case si possa verificare una situazione come alla Reiss Romoli. «Via Massaua che è considerato un fiore all’occhiello del comune – dice l’operatrice – è stata le prima struttura in cui si è registrato un caso il 27 marzo, e oltre a non aver modificato niente non hanno neanche fatto i tamponi. Fatto sta che ora sono arrivate a 7 le persone positive in via Massaua di cui l’ultimo di venerdi scorso». Anche negli altri dormitori i tamponi sono arrivati solo a fine aprile quando i primi casi sono stati a fine marzo. Solo nella struttura di via Carrera i prima casi sono più tardivi, della settimana scorsa, e ieri, il 30 aprile sono stati effettuati i tamponi. Anche a ‘Carrera’ sono almeno 4 gli ospiti già positivi.
«In tutto questo – dice la lavoratrice – i lavoratori non vengono neanche presi in considerazione per i tamponi».
Il Comune risponde: siamo amareggiati, abbiamo fatto tutto il possibile il nostro sistema è forte
Il dirigente alle fragilità del Comune di Torino, Uberto Moreggia si dice molto «amareggiato» da quella lettera. «Non si può affermare che il comune non abbia investito o non si sia preso cura del settore delle marginalità – afferma Moreggia a Covid Italia News – da subito abbiamo provveduto a fare i triage esterni, a procurarci i termometri che misurano la febbre a distanza e i dispositivi di protezione individuale come Città di Torino. Ma non era facile solo da metà marzo abbiamo iniziato ad averne a sufficienza. Senza contare che i nuovi posti a Massaua e a Ghedini sono in due parti totalmente separate dalla struttura mentre nella lettera sembra che abbiamo messo più persone nello stesso luogo».
Quello che non si dice nella lettera dice Moreggia è che «ci siamo trovati ad affrontare una crisi sanitaria che ci ha colpito nel periodo di massima affluenza con un enorme impatto che ha intaccato la base dei nostri servizi, cioè la relazione sociale. I dormitori non sono alberghi o ostelli ci sono servizi, possibilità di tirocini percorsi di inclusione».
Il comune poi ricorda che le indicazioni dal livello nazionale sono arrivate solo il 26 marzo con la circolare del governo su “Emergenza covid e servizi sociali” mentre la regione ha emanato indicazioni più specifiche solo il 6 aprile. «Ma con degli accorgimenti che avevamo già adottato a inizio marzo».
Tamponi in ritardo e lavoratori malati
I tamponi però sono arrivati un mese dopo i primi casi. «Ma pensate che dipendano da noi i tamponi? – risponde il dirigente comunale – sono in capo all’Asl e sono stati fatti quando è stato possibile e del resto rendiamoci conto che i casi si sono verificati in 4 strutture su una ventina e adesso abbiamo un piano per alleggerire ulteriormente i dormitori con altre strutture».
I lavoratori hanno parlato a Covid Italia News di tutta un’equipe rimasta a casa con i sintomi alla struttura di Reiss Romoli ma anche al Ghedini hanno dovuto mandare operatori da altri servizi perché il gruppo che normalmente lavorava lì era a casa in malattia tranne due persone.
«Per quanto riguarda gli operatori – dice Moreggia – sono risultati positive tre persone al Reiss Romoli di cui una è stata anche ricoverata, più un addetto alle pulizie, una persona è risultata positiva alla struttura in via Massaua, ma prima che gli ospiti diventassero positivi. In via Carrera è stato fatto il sierologico a tutti e sono risultati negativi, mentre in via Ghedini non ci sono positivi».
Tra gli ospiti c’è chi ha scelto di uscire dal dormitorio per non rischiare il contagio
E loro? I senza fissa dimora come hanno vissuto tutto questo? Covid Italia News è entrata in contatto con Nicolò Consiglio sfrattato nel 2013 e dopo varie vicende finito nei dormitori pubblici torinesi. «All’inizio ti fanno ruotare un mese in ogni dormitorio -racconta – ed è piuttosto dura ma ero riuscito ad avere una permanenza di nove mesi in via Carrera e pure un tirocinio. Per me era l’occasione di riscatto e di ridare qualcosa indietro». Stava andando piuttosto bene per Nicolò che stava aspirando ad una casa popolare tutta sua. E poi è arrivato lui, il coronavirus. «Verso il 10 marzo le educatrici ci hanno detto che avrebbero chiuso ai nuovi ingressi e che se avessimo avuto un altro posto per passare il periodo di pandemia forse era meglio. Più sicuro». Il signor Consiglio trova questo amico per cui ogni tanto fa qualche lavoretto di riparazione e gli chiede se può stare in uno dei suoi capannoni poco fuori Torino. «Sono arrivato qui che era ancora molto freddo e non avevo i vestiti adatti – racconta – è stata dura anche perché un paio di giorni ho avuto la febbre e ho avuto paura». «Penso di aver fatto la scelta giusta – continua – sono ancora in contatto con il mio ex compagno di stanza che mi ha raccontato che ci sono tre positivi a Carrera ma anche se un po’ di timore ce l’ha mi dice ‘ma dove altro potrei andare?’».
Nicolò però dopo due mesi di isolamento vuole tornare a Torino, «Voglio vedere le mie figlie, voglio riprendere il tirocinio e il mio percorso. Io mi trovavo bene a Carrera. Speriamo che si possa presto ritornare alla normalità».
Cecilia Ferrara
Collettivo Emera
È con grande dolore che comunichiamo la morte del lavoratore Cristhian Ramirez, 40 anni, facchino alla BRT di Sedriano nella 4logistix. Ha lottato per due settimane intubato
Il CoVid 19 se lo è portato via.
Lettera dei detenuti del carcere della Dozza (Bologna)
Di seguito pubblichiamo una lettera dei detenuti del carcere della Dozza.
USA: 2 operai FCA costretti a lavorare, morti per covid-19. Ora chiusi gli stabilimenti.
28 marzo 2020
Anche negli USA gli operai, costretti a continuare a lavorare in fabbriche assolutamente non sicuri, muoiono a seguito del contagio del Coronavirus: due operai sono già morti nella sola FCA.
Fabbriche: a Orzinuovi molti operai positivi al covid 19. Sindacati e padroni fanno un accordo ridicolo.
Dopo gli scioperi per fermare le produzioni non essenziali, arriva un accordo ridicolo tra padroni e sindacati. Intanto arrivano le prime conferme di operai positivi e ammalati.
Da Orzinuovi zona particolarmente colpita giungono le prime conferme che in aziende che non vogliono fermare la produzione ci sono molti operai malati e positivi. Nelle aziende della zona che dopo lo sciopero di ieri i lavoratori hanno deciso di non rientrare.