8 febbraio 2020
L’intervento dello stato centrale con imposizioni draconiane che stravolgono l’esistenza, l’uso mediatico di un fenomeno sanitario globale, la narrazione geopolitica di una pandemia terrificante e mortale senza trasparenza dell’autorità locale, le conseguenze economiche e commerciali che si cominciano a intravedere dietro alla diffusione repentina del coronavirus, nonostante le quarantene, la sospensione della mobilità personale e collettiva, la diffusione della sindrome e delle fake news; la quantità di ambiti che vengono stravolti dalla notizia – ancor prima della sua effettiva trasmissione e ferale nocività – e lo sconvolgimento delle aree d’influenza che si andavano estendendo con la Belt and Road Initiative… Tutto viene condizionato e stravolto dal virus che nasce dalle abitudini culinarie millenarie della vecchia Cina e imbrigliano la nuova, forse offrendo l’occasione di svoltare definitivamente all’interno della Cina verso la revisione, la gentrificazione, il superamento della tradizione popolare; e globalmente all’esterno si creano le condizioni per rivedere in parte i criteri produttivi di merci e la diffusione del controllo cinese sulle infrastrutture e sulla distribuzione delle merci, che sembrava permeare il trend del periodo. Ora invece il dragone cinese appare in difesa e in difficoltà a causa del coronavirus e dell’isolamento che comporta, ma anche in prospettiva potrebbe innescarsi un rilancio di stimoli alla pervasività cinese dei mercati e anche un completamento dei processi di trasformazione per chiudere vecchie produzioni che verrebbero delocalizzate.
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