Dunque dunque… con buona approssimazione possiamo dire che si rilevano tre categorie di atteggiamenti mentali e comportamentali nei confronti della pandemia ancora in corso, dei quali almeno due mirano a costruire una “egemonia culturale” (Sic!) con ritorno in termini elettorali, e il terzo è il sottoprodotto degli altri due.
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Il modello svedese
Solo pochi mesi fa, analizzando la situazione sociale determinatasi in seguito alla pandemia da Coronavirus, riaffermavamo la necessità del superamento di questo sistema economico e sociale poichè, unico nella storia dell’umanità, la distruzione di merci, di tutte le merci, compreso la forza lavoro, rappresenta paradossalmente l’unica possibilità di rigenerarsi e di risolvere le endemiche crisi che periodicamente manifesta (DS n°53 Aprile 2020 “Campione di resistenza”).
Esplicitare tale verità ha sempre creato grande ribrezzo e una infinita tristezza, in quanto è tale la barbarie che il solo affermarla come semplice ipotesi di scuola diventa pesante e profondamente tragico.
Ma a confermare questa triste verità, come una ulteriore conferma, (oltre alle guerre guerreggiate che lo scontro interimperialistico ha scatenato nel secolo scorso; ben due guerre mondiali, per arrivare alle odierne guerre di procura, come l’attuale scontro nella Libia), ci viene dalle accurate e dotte analisi del Financial Times, prestigioso giornale economico finanziario del Regno Unito ( “Swedish companies reap benefits of country’s Covid-19 approach” Financial Time 27 luglio 2020. Richard Milne, Nordic and Baltic Correspondent) . Affrontando l’andamento dell’economia nella stagione del coronavirus, con il realismo cinico tipico della classe dominante, e senza far trapelare alcun imbarazzo, l’articolosta si interroga se nella civilissima Svezia, l’aver lasciato morire, per ora, circa 6000 persone, non avendo messo in pratica nessuna o scarse manovre di prevenzione contro la diffusione del corona virus, abbia in realtà, salvato l’economia di questo paese.
La Svezia ha affrontato l’ondata di epidemia senza nemmeno un giorno di lockdown, di fatto ponendo in essere un approccio sanitario basato sul principio dell’immunità di gregge.
Proprio grazie all’assenza totale di lockdown, l’economia svedese sta già oggi mostrando chiari sintomi di miglioramento e di netto “outperforming” (sovraprestazione) rispetto a tutte le controparti europee.
A confermare il trend sono stati i dati delle trimestrali presentate nelle scorse settimane delle principali aziende del Paese, da giganti come Ericsson ed Electrolux, passando per le banche come Handelsbanken e protagonisti della componentistica come Assa Abloy.
Tutti hanno vantato profitti ben al di sopra delle aspettative di mercato, anche se in alcuni casi questo trend si sia limitato e sostanziato in un calo più contenuto delle attese.
Infine, si fa notare come la Svezia abbia beneficiato grandemente anche dai buoni rapporti commerciali e politici che intrattiene a livello bipartisan sia con Cina che con gli Usa.
La prima – destinataria di export svedese, soprattutto legato al comparto industriale e alimentare – è stata infatti la nazione avanguardia della ripresa economica, avendo patito per prima il lockdown più duro.
I secondi, di fatto, rimasti operativi in modalità “business as usual” (affari come al ssolito) fino a primavera inoltrata, quando la pandemia ha colpito duramente New York e imposto il lockdown a varie parti del Paese.
E ora, con nuovi focolai in mezza Europa e della tanto temuta seconda ondata, che fare?
Seguire l’esempio svedese o, di fatto, operare con cautela massima, come sembra fare il governo italiano con la sua scelta di prolungamento dello stato di emergenza?
Preso atto che normalmente la via migliore risiede nel mezzo, il problema appare decisamente in testa alla lista delle preoccupazioni degli analisti economici.
“Qual è il grado di probabilità di andare incontro a nuovi regimi di lockdown? Qual è il grado di probabilità che sussiste rispetto a quello che possiamo definire un fattore di paura collettiva? Questa e solo questa è la grande questione che incombe sul grado di velocità che riusciremo a imprimere alla ripresa economica europea. Ora è tutto basato sulla psicologia, è tutto incentrato sulla gente e la sua reazione“, afferma Alrik Danielson chief executive del marchio manifatturiero SKF, produttore svedese di cuscinetti a sfera.
Le stime economiche sulla crescita del PIL svedese , in realtà sono piuttosto ballerine.
Capital Economics, una società di consulenza macro, ha riferito a luglio di prevedere per quest’anno una sorprendente crescita del 1,5 % mentre per Danimarca e Norvegia stima un -3 % annuale.
I grandi organismi internazionali sono iìnvece più pessimisti. L’OCSE nel suo ultimo Outlook colloca le previsioi di crescita del Pil della Svezia tra – 8% e – 6,7% a seconda della gravità di una potenziale seconda ondata. E pone la Danimarca leggermente avanti con una forchetta compresa fra -7,1% e -5,8%.
La Commisssione Europea vede leggermente meno nero e stima un -5,3% per la Svezia contro il -8,7 % dell’Eurozona e ul -5,25 % della Danimarca.
La Riksbank , la banca centrale svedese, ha aggiornato le previsioni a luglio prospettando un range tra -4% e -5,7 % di crescita del PIL , cioè un 2020 nettamente meno brutto degli altri paesi avanzati.
Fin qui le diverse previsioni e le diverse stime sull’andamento futuro dei mercati.
Tuttavia il numero dei contagi e dei morti in Svezia è stato alto, specie in rapporto alla popolazione. Attualmente i casi di coronavirus in Svezia sono sopra le 80.000 unità e i morti superano la quota di 5.700 con punte elevate nella popolazione anziana.
Il bilancio è molto più alto di quello degli altri paeso scandinavi. La Svezia che ha 10 milioni di abitanti ha registrato più contagi e più morti di Norvegia, Finlandia, Danimarca e Islanda che insieme contano 17 milioni di abitanti.
In totoale infatti questi quatro paesi contano attualmente oltre 32.000 contagiati e circa 1.200 decessi.
Come si vede nessuna reale preoccupazione per il numero dei morti, nessuna seria riflessione sulle possibili strategie di prevenzione contro questa pandemia, visto che la stessa OMS Organizzazione Mondiale della Sanità, con tutta la sua opacità e condizionabilità, l’aveva comunque preannunciata e prevista.
Nessun serio ragionamento sulla necessità di rimodulare i sistemi sanitari nazionali nel senso di una loro maggiore universalità e di una necessaria e maggiore capacità di spesa ed atttenzione nella prevenzione, insufficienza che tragicamente si è palesata ad inizio pandemia, dove non si trovavano a sufficienza le banali mascherine chirurgiche o di protezione respitatoria, confermando che dove non c’è guadagno il capitale non investe.
I morti vengono sì conteggiati, ma solo ed esclusivamente come mero dato statistico; la massima se non unica importanza è data alla necessità di ” imprimere la ripresa economica”, sfruttando magari mercati, come quello Cinese, che avendo già superato la fase apicale della pandemia da Coronavirus, oggi sono in condizioni migliori per lo sbocco delle merci svedesi, rispetto ad altri mercati internazionali.
La barbarie è reale.
“La borghesia se realmente desidera rendere un estremo servizio all’umanità, se è sincero il suo amore per la libertà vera, universale, completa, uguale per tutti, se essa in una parola vuol cessare di essere la reazione, non le resta che una cosa da fare: morire con grazia ed al più presto possibile …..morire come corpo politico e sociale economicamente distinto dalla classe operaia” (M. Bakunin)
“… La classe operaia è divenuta oggi l’unica rappresentante della grande, della santa causa dell’Umanità. L’avvenire appartiene ai lavoratori dei campi , ai lavoratori delle fabbriche e delle città.
Tutte le classi che sono al di sopra, gli eterni sfruttatori del lavoro delle masse popolari, la nobiltà., il clero, la borghesia e tutta quella pleiaide di funzionari militari e civili che rappresentano l’iniquità e la melefica potenza dello Stato, sono delle classi corrotte, incapaci oramai di comprendere e di volere il bene e potenti solo per il male.” ( M. Bakunin)
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FONTE: http://alternativalibertaria.fdca.it/wpAL/blog/2020/08/11/il-modello-svedese/
Liberiamoci! Informazione e lotta contro il governo
24 luglio 2020
La pandemia ha reso più profonde le diseguaglianze nella società. Il governo ha aumentato le spese militari del 6%, avviato nuove missioni di guerra, regalato soldi alle grandi aziende. Liberiamoci da governi, sfruttamento, eserciti!
Sta andando come prima anzi peggio
La pandemia determinata dal virus Covid-19 sembra, almeno sul continente europeo, in via di attenuazione benché continuino ad apparire sempre nuovi focolai di infezione e sul futuro penda l’incertezza di una possibile e paventata nuova ondata nel periodo autunnale; al momento la diffusione del virus colpisce, sia per contagiati che per vittime, soprattutto il continente americano con la massima espansione proprio in quei paesi come gli Usa ed il Brasile dove i rispettivi presidenti ne avevano minimizzato la pericolosità in maniera superficiale ed irresponsabile. E ovunque la gestione della pandemia aggrava le condizioni delle classi subalterne e delle categorie sociali più deboli.
Virus e complotti: i veleni della pseudoscienza
“Tutto è veleno: nulla esiste senza veleno.
Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto.”
Paracelso
Diciamo la verità: gli ingredienti c’erano tutti. Un misterioso virus che da un pipistrello passa all’uomo dentro un umido e sinistro mercato dell’estremo Oriente affollato di uomini e animali, vivi e macellati. A pochi passi un laboratorio super segreto dove si conducono esperimenti sul genoma virale, assemblando nuovi patogeni. Fin qui i fatti, sui quali si è innestata facilmente la creatività. Una presunta “fuga” dal laboratorio voluta da una mano sinistra, il virus che si diffonde al mercato, da lì agli uomini poi sulle rotte aeree al resto del mondo. A guardarlo così è lecito trovare in questa storia gli elementi della trama di un b-movie e infatti fin dai primi giorni della pandemia, quando il virus si affacciava nella lontana Cina, le teorie su una trama oscura di questa pandemia si sono fatte strada rapidamente.
DIETRO L’ANGOLO (Macerie – Torino)
La retorica di un crescente benessere che il capitalismo avrebbe pian piano assicurato un po’ a tutti, è ormai morta e sepolta da tempo.
L’immagine con cui le autorità hanno tentato di rappresentare il mondo riservato alla gran parte degli uomini e delle donne, è diventata più simile a una scala a pioli, cui bisogna tentar di restare aggrappati con le unghie e coi denti, per evitare di cadere giù ai tanti scossoni che le vengono dati.
Una scala cui continuano a togliere punti d’appoggio, mentre aumenta il numero di uomini e donne in cerca di un appiglio. La prepotente entrata in scena del Covid19 minaccia di renderla ancor più carica e traballante.
Tenteremo di approfondire la questione in un testo che uscirà a puntate, una a settimana, in cui se ne affronteranno di volta in volta alcuni specifici aspetti. Un testo redatto a più mani, da alcuni compagni che partecipano alla redazione di questo blog e da altri che invece non ne fanno parte. I singoli capitoletti potranno quindi avere uno stile e magari dei punti di vista diversi o contenere delle ripetizioni.
Del resto le possibilità di confrontarsi collettivamente in questi giorni sono notevolmente ridotte e discutere attraverso piattaforme online non è certo la stessa cosa che farlo vis a vis.
Davanti a una crisi sanitaria globale: lo stato e il capitalismo non funzionano, la solidarietà sì
La Commissione di Relazioni dell’Internazionale di Federazioni Anarchiche (CRIFA) ha continuato a mandare avanti le proprie attività durante la presente pandemia globale. Attraverso i continenti, le delegate e i delegati delle nostre federazioni si sono incontrat* telematicamente per fare il punto sull’impegno dell’anarchismo sociale e organizzatore in questa crisi mondiale.
Le manifestazioni ‘No Mask’ durante l’Influenza Spagnola.
di Niccolò Brighella*
Se pensate che le manifestazioni no mask dei “gilet arancioni” a Milano, contro l’uso delle mascherine, la quarantena e i più disparati complotti globali, sia un’esclusiva della nostra epoca vi sbagliate di grosso. 100 anni fa succedeva lo stesso con l’Influenza Spagnola, a San Francisco.
Ludd, ipermodernità e neototalitarismo al tempo del Covid-19
30 maggio 2020; di Tomás Ibañez
Traduzione di Isabella Tomassi e Valentina Mitidieri
Un po’ più di due secoli fa, nel 1811 e durante i cinque anni seguenti, l’Inghilterra è stata il teatro di una intensa rivolta sociale conosciuta sotto il nome della “rivolta dei luddisti” – con riferimento al suo protagonista eponimo, Ned Ludd – che distrusse una buona parte delle nuove macchine tessili la cui installazione sopprimeva numerosi posti di lavoro e condannava una parte della popolazione alla miseria. Ci sono voluti migliaia di soldati per schiacciare l’insurrezione che, ben lontana dal ridursi a delle motivazioni tecnofobe, si situava nell’ambito del lavoro e aveva la pretesa di opporsi alle conseguenze più nefaste del “progresso” dello sfruttamento capitalista.
«Negazionista sarà lei!»
Gli anarchici contro l’epidemia. Malatesta e la diffusione del colera nel 1884
Nel 1884, il colera che devastò l’Italia causò la morte di migliaia di persone. Nonostante sulla sua testa pendesse una condanna a tre anni di carcere, Errico Malatesta e altri rivoluzionari anarchici si unirono per partecipare a una missione coraggiosa a Napoli – l’epicentro dell’epidemia – e curare coloro che erano stati colpiti dalla malattia. Così facendo, lui e i suoi compagni dimostrarono l’esistenza di un’alternativa alle politiche coercitive statali rilevanti ancor oggi, nell’epoca del COVID-19.
Nel testo che segue è riportata la storia dell’epidemia e dell’intervento di Malatesta, oltre tutte le fonti sulla partecipazione degli anarchici italiani, alcuni delle quali mai tradotte in inglese. Buona parte del background storico è tratto dall’eccellente Naples in the Time of Cholera, 1884-1911 (Napoli al tempo del colera, 1884-1911), di Frank M. Snowden. Grazie a Davide Turcato, editor delle opere complete di Malatesta, al Centre International de Recherches sur l’Anarchisme (Centro internazionale di ricerca sull’anarchismo) di Losanna e agli archivisti e ai bibliotecari radicali di ogni dove che preservano la storia dell’anarchia, permettendoci di imparare dal passato.