«Pagare l’affitto? Lo farei anche, ma sul conto corrente in questo momento ho solo 100 euro». Mario ha 28 anni ed è arrivato in Bolognina a gennaio con tante speranze. «Mi occupavo di comunicazione come freelance, il lavoro c’era e a marzo avrei dovuto aprire la partita Iva. Invece è arrivato il virus». Le offerta sono evaporate, i committenti hanno congelato i pagamenti, e così il suo conto corrente si è prosciugato in un baleno. Mario abita in un palazzone alla primissima periferia di Bologna, a due passi dalla stazione dell’alta velocità. In un quartiere, la Bolognina, in predicato di diventare una zona della città tra le più ambite per studenti e giovani lavoratori. Un quartiere in riqualificazione e in passato già al centro di grandi occupazioni e di iniziative dei movimenti per il diritto dell’abitare. E che ora vede un intero palazzo, quello di Mario appunto, aderire al rent strike, lo sciopero dell’affitto causa coronavirus.
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