Gli attestati di solidarietà da diverse realtà cittadine alle attiviste e agli attivisti sottoposte/i a misure cautelari nell’ambito dell’inchiesta ‘Ritrovo’ della Procura.
Sette arresti e cinque obblighi di dimora nel Comune aggravati da rientro notturno e quattro anche da firme quotidiane. Questo l’esito dell’operazione Ritrovo, condotta dai Ros e dalla procura antiterrorismo di Bologna contro alcuni compagni anarchici, nella notte tra martedì 12 e mercoledì 13 maggio.
L’inchiesta ricalca un copione ormai logoro, ciclicamente rispolverato negli ultimi vent’anni.
A Bologna è stata eseguita una retata contro il circolo anarchico del Tribolo con la scusa di “anti terrorismo”. Le accuse mosse dalla procura sono pretestuose, addirittura si parla di “intervento preventivo”. Sarebbe tutto ridicolo, ma non è la prima volta che si usano accuse assurde e arbitrarie per giustificare nell’immediato misure restrittive pesantissime, in questo caso il carcere per sette persone e l’obbligo di dimora per cinque.
13 maggio 2020. Bologna. Sette persone condotte in quattro diverse carceri, obbligo di dimora per altre cinque. Al centro delle accuse l’incendio di un ripetitore avvenuto nel dicembre 2018 a Monte Donato. Tuttavia, fa sapere la Procura, l’operazione avrebbe “strategica valenza preventiva” rispetto a “momenti di tensione sociale” durante l’emergenza coronavirus, come le proteste alla Dozza.
Questa notte 7 compagne/i sono state/i arrestate/i in esecuzione di un’ordinanza del GIP di Bologna per 270bis. Elena, Nicole, Stefania, Guido, Duccio, Giuseppe, Leo.
Sono state perquisite le loro abitazioni e il Tribolo. Altr* cinque compagn* hanno ricevuto la misura dell’obbligo di dimora e di firma a Bologna. Anche le loro abitazioni sono state perquisite.
Abbiamo raccolto i racconti dei due compagni e delle due compagne arrestate domenica 19 aprile in corso Giulio Cesare, e ora sottoposti a tre obblighi di firma e un divieto di dimora.
Uno scorcio sulla vita nel carcere delle Vallette al tempo del coronavirus.
Visto che fino ad oggi il nostro compagno Gabriel non ha scritto comunicati ufficiali, queste parole vogliono essere precisamente un comunicato/diario, oltre che un modo per condividere con quelle persone e compagnx più affini quello che pensa in merito a diverse tematiche. Lo stesso Gabriel ha chiesto esplicitamente alla sua compagna di selezionare quei frammenti (delle lettere a lei inviate) dove riflette/analizza e o specula su questioni interessanti relative all’attuale situazione: il «coronavirus» in carcere, la situazione giudiziaria o le circostanze della sua prigionia. Gabriel sta bene di salute e di spirito ed è pronto per la guerra che lo aspetta nelle galere dello Stato spagnolo. Nonostante la sentenza definitiva del Tribunale Supremo di Lisbona che conferma la sua consegna allo Stato spagnolo, non sappiamo ancora se le «autorità» lo consegnerebbero senza considerare lo «stato di emergenza» dichiarato in funzione della «pandemia» da «Covid-19». Di fatto questo stesso «stato di emergenza» impedisce (teoricamente) la consegna di prigionierx ad altri paesi durante tutta la sua durata.