13 aprile 2020
In Piemonte, dopo qualche settimana di contagi relativamente più bassi rispetto alle aree del nord-est, l’epidemia sta esplodendo e seguirà probabilmente molto da vicino la curva di contagio della Lombardia. Venerdi, per la prima volta, il numero di decessi registrati in 24 ore ha segnato cifra doppia, arrivando a 104, senza che nei giorni successivi si vedesse un significativo miglioramento. Le terapie intensive sono tutt’ora sotto forte pressione e come altrove, ma più che altrove, il numero di malati effettivi resta ignoto visto che siamo la regione che ha eseguito meno test tra quelle del nord. D’altronde non poteva essere altrimenti. Il ceto politico sabaudo, tutto impegnato negli ultimi anni parlare di tav e del futuro radioso che ci aspetterebbe in fondo al tunnel, ha in realtà passato la maggior parte del suo tempo a spolpare la sanità piemontese a colpi di spending review e “razionalizzazioni”. L’eredità lasciata da questi signori la stiamo pagando carissima. Negli ultimi 10 anni sono stati tagliati 515 medici ospedalieri e 1.560 posti letto, facendo del Piemonte una delle regioni col numero di posti in terapia intensiva tra i più bassi delle regioni del nord (7.3 posti letto per 100.000 abitanti contro gli 8.9 della Lombardia, i 10 del Veneto, i 12 della Liguria e 10 dell’Emilia Romagna). A inizio epidemia c’erano solo due laboratori capaci di analizzare i tamponi diagnostici del covid19.
Per gestire questa situazione, che si presentava già catastrofica a inizio dell’epidemia, nella nostra regione è stata attivata un’Unità di crisi sulla falsariga di quanto fatto a livello nazionale. Un organismo che si trova oggi al centro di violentissime critiche da parte dell’Anaao, il solitamente molto pacato sindacato dei medici, che ha denunciato la scarsissima capacità del sistema sanitario regionale a intercettare i malati, la mancanza di tempestività e coordinamento degli interventi nonché la cronica incapacità della regione a fornire dispositivi di protezione individuale agli operatori sanitari e socio-sanitari. Inoltre, per i dottori piemontesi, la comunicazione giornaliera della situazione sanitaria regionale da parte dell’unità di crisi è opaca. In un primo comunicato, diffuso giovedi assieme al sindacato infermieri, hanno parlato un “gioco delle tre carte inqualificabile” portato avanti a favor di telecamere “per nascondere incompetenze e lentezze”. In una seconda durissima nota, diffusa sabato, i medici si sono scagliati ancora una volta contro l’arroganza di quelli che si trovano a “dirigere da dietro una scrivania” l’emergenza corona virus in Piemonte, qualificati di generali che, dalle comode retrovie, hanno mandato il personale ospedaliero in prima linea allo sbaraglio
Grande è stata la nostra sorpresa nello scoprire che dietro una di queste scrivanie della sciagurata Unità di crisi della regione Piemonte c’è una vecchia conoscenza del movimento notav: il PM Rinaudo. Un losco personaggio dalle imbarazzanti amicizie di cui abbiamo già lungamente reso conto, noto per aver fatto parte del pool anti-valsusa che ha contribuito negli anni a infliggere centinaia di anni di carcere a decine di notav. Proprio al magistrato anti-notav è toccato il compito di difendere, in una grottesca conferenza stampa tenuta venerdi scorso, la folle decisione presa dal consiglio regionale di trasferire i pazienti di covid19 nelle RSA. All’inizio della diffusione dell’epidemia, avendo letteralmente smantellato la rete sanitaria territoriale e l’assistenza domiciliare a forza di tagli, la Regione ha dovuto ripiegare su un approccio esclusivamente ospedaliero che ha moltiplicato i contagi. Accortisi del disastro e con gli ospedali che iniziavano a saturare, a metà marzo è stata presa la decisione di far ritornare i malati più fragili, gli anziani, nelle case di riposo. Grazie a questa brillante mossa, che la giunta Cirio ha poi inizialmente cercato goffamente di nascondere, abbiamo anche in Piemonte tanti casi Trivulzio. Il numero di morti nelle case di riposo è arrivato ad almeno 450 e le RSA di sono letteralmente “trasformate in obitori” come ha di nuovo denunciato il sindacato dei medici.
Insomma, invece di avere dei virologi attenti e con risorse adeguate, capaci di stilare protocolli rapidi ed efficaci, abbiamo una banda di dilettanti allo sbaraglio tra cui spicca un miracolato che ha fatto carriera sulle spalle dei notav. Un “sistema Piemonte” compatto nel suo criminale pressapochismo, drogato di marketing confindustriale da due soldi, zeppo di baroni universitari e professionisti con le conoscenze giuste che sta facendo danni incalcolabili nella nostra regione, causando morti che potevano probabilmente essere evitate con un approccio più attento e circostanziato. Speriamo se ne ricordino tutti i piemontesi, a emergenza finita. Bisognerà pur fare i conti, presto o tardi, con chi ci ha portato nel disastro in cui ci troviamo oggi.