Category Archives: Se una casa non ce l’ho?

Indifferenza ed elemosina: i migranti del Selam Palace ancora senza diritti

Abbandonata dalle istituzioni pubbliche per 14 anni la Casa della Pace con i suoi 600 ospiti diventa un problema di ordine pubblico da risolvere con Polizia ed Esercito, dimenticando che lì vivono uomini, donne e bambini che hanno bisogno di tutto. Continue reading


OCCUPA E RESISTI

Mai come in questo momento la casa è un bisogno. Oggi i politici parlano tanto del rimanere a casa per contrastare il propagarsi del virus. Chi resta all’aperto è esposto ai continui controlli della polizia, mentre i bar e i luoghi di incontro sono chiusi. Come al solito i discorsi istituzionali si dimenticano di chi un tetto non ce l’ha o abita in situazioni sovraffollate. Dopo mesi in cui ALER ha sgomberato a un ritmo serrato, svuotando anche più di cinque case a settimana, è stata costretta a chiudere gli uffici e limitare al minimo le attività per la quarantena. Continue reading


La Residenza è un diritto per i senza dimora

L’iscrizione alla anagrafe comunale è un diritto soggettivo

“L’iscrizione alla anagrafe comunale è un diritto soggettivo (e non concessorio) riconosciuto dal nostro ordinamento (Legge  anagrafica, Legge n. 1228 del 24.12.1954) a tutti i cittadini che ne hanno facoltà. Fanno eccezione gli stranieri non regolarmente soggiornanti sul territorio.” Continue reading


Emergenza Coronavirus. Un vademecum per istituire la via fittizia

Bisogna occuparsi, e in fretta, di chi non ha un tetto sulla testa ed è costretto a vagare per le città. Diciamo da più di vent’anni che chi vive in strada ha bisogno di una casa e di una residenza per potersi curare ma oggi, ai tempi del coronavirus, queste necessità assumono una drammatica urgenza. La fio.PSD e Avvocato di strada mettono a disposizione di tutti i Comuni un vademecum per deliberare l’istituzione della Via Fittizia, uno strumento necessario per garantire la residenza alle persone senza dimora e, con essa le necessarie cure. Continue reading


TERMOLI Non ha una casa ma non lo dichiara: multa di 400 euro. “Stava andando in Caritas per il pranzo”

Un episodio dal sapore amaro è quello accaduto ieri a Termoli, dove un uomo senza fissa dimora è stato multato per violazione delle norme anti-Covid. Vive in un camion e si reca in Caritas e alla Città Invisibile per mangiare. Ma, probabilmente per pudore, non ha dichiarato qual è la sua reale condizione e gli agenti lo hanno sanzionato per 400 euro. Continue reading


Covid-19 e senzatetto, cosa fanno le città europee

La questione di chi non ha un tetto durante la pandemia di Covid-19 non riguarda solo l’Italia. Tutta Europa si deve in qualche modo misurare con la tutela delle persone che vivono in strada e c’è chi sta cercando di farlo in modo innovativo. In un articolo pubblicato da Redattore Sociale, la giornalista Alice Facchini ha passato in rassegna alcune città europee per vedere come stanno fronteggiando il problema. Continue reading


Coronavirus, ecco le denunce ai senzatetto: «Basta multe, chi una casa non ce l’ha, cosa fa?». E la Puglia apre le «casette»

Senzatetto, invisibili più che mai, denunciati perché non sanno dove andare. Succede a Roma, Milano, Verona, Siena e Modena. Nel sud Italia, invece, hanno trovato una soluzione (solo per la notte). Continue reading


«Restate a casa», dicono. Ma se un casa non ce l’ho?

Ogni giorno, da molti giorni ormai, a tutte le ore in televisione, nelle radio, sui social si susseguono raccomandazioni, appelli, regole da mantenere e hastag che invitano a restare a casa per limitare e bloccare il COVID19. Bene, ma per chi una casa non ce l’ha? In Italia ci sono oltre 55 mila persone che vivono per strada. Continue reading


Milano. Buoni alimentari revocati a chi vive in case occupate. Comune come e peggio della Lega

Il Comune di Milano ha revocato i buoni alimentari per le famiglie in difficoltà a chi vive in alloggi occupati.

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Denuncia dei lavoratori dei dormitori pubblici di Torino: troppo tardi i tamponi, rischio focolaio tra i senza fissa dimora

iuri camilloni Centro la Fenice Firenze

30 aprile 2020. «Quello che ci sconvolge è che il comune e la Regione ci hanno messo un mese per capire cosa si doveva fare con conseguenze gravi per gli ospiti e i lavoratori». A parlare una delle lavoratrici che ha firmato la lettera dei “Lavoratori del Settore Adulti in Difficoltà di Torino” uscita su Facebook e sui media ieri l’altro. Nella lettera si ripercorrono le tappe della riposta all’emergenza covid per le strutture comunali dei senza fissa dimora che arrivano ad ospitare un totale di 800 persone in periodo invernale: a fronte delle prime richieste di cambiamenti al comune fatte il 10 marzo secondo gli operatori solo il 20 marzo si è iniziato a ridurre il numero degli ospiti per casa, il 24 marzo si è proceduto all’apertura 24h su 24 (tranne dalle 10 alle 14 per la sanificazione), mentre i tamponi sono arrivati solo a fine aprile.

«Ci sono situazioni di alta promiscuità con camere da due, tre persone e un bagno ogni 6, 7 persone» afferma l’operatrice. «Ma anche i primi spostamenti da situazioni con più ospiti sono stati fatti verso due strutture che erano già piene, quelle di via Massaua e via Ghedini, quindi hanno solo aumentato i posti letto là».

I disastro della Reiss Romoli: tanti sospetti covid per venti giorni senza operatori

Le strutture per i senza fissa dimora a Torino sono circa una ventina di cui 8 del comune più due per l’emergenza freddo e le altre sono del privato sociale. La denuncia riguarda 4 strutture del Comune dove i problemi sono arrivati a fine marzo con i primi casi «Il 30 Marzo viene reso noto il primo ospite Covid-positivo all’interno del dormitorio di via Reiss Romoli (oltre che nelle strutture di via Ghedini e piazza Massaua), a cui segue non solo il contagio dell’équipe tutta, ma anche il contagio della quasi totalità degli ospiti presenti in struttura, trasformando così il dormitorio in un focolaio Covid a tutti gli effetti». Si legge nella lettera. «Dopo i primi casi la struttura è rimasta senza operatori perché erano tutti in malattia con i sintomi da covid – spiega l’operatrice – è stato fatto un presidio fuori con la polizia municipale e operatori della cooperativa che gestisce il posto. I tamponi sono stati fatti solo settimana scorsa ai pochi ‘superstiti’ perché di venti ne sono rimasti 6 o 7, tutti gli altri sono stati ospedalizzati».

Ora la struttura è stata svuotata, sanificata e riaprirà la prossima settimana ma quello che sostengono i lavoratori è la paura che anche in altre case si possa verificare una situazione come alla Reiss Romoli. «Via Massaua che è considerato un fiore all’occhiello del comune – dice l’operatrice – è stata le prima struttura in cui si è registrato un caso il 27 marzo, e oltre a non aver modificato niente non hanno neanche fatto i tamponi. Fatto sta che ora sono arrivate a 7 le persone positive in via Massaua di cui l’ultimo di venerdi scorso». Anche negli altri dormitori i tamponi sono arrivati solo a fine aprile quando i primi casi sono stati a fine marzo. Solo nella struttura di via Carrera i prima casi sono più tardivi, della settimana scorsa, e ieri, il 30 aprile sono stati effettuati i tamponi. Anche a ‘Carrera’ sono almeno 4 gli ospiti già positivi.

«In tutto questo – dice la lavoratrice – i lavoratori non vengono neanche presi in considerazione per i tamponi».

Il Comune risponde: siamo amareggiati, abbiamo fatto tutto il possibile il nostro sistema è forte

Il dirigente alle fragilità del Comune di Torino, Uberto Moreggia si dice molto «amareggiato» da quella lettera. «Non si può affermare che il comune non abbia investito o non si sia preso cura del settore delle marginalità – afferma Moreggia a Covid Italia News – da subito abbiamo provveduto a fare i triage esterni, a procurarci i termometri che misurano la febbre a distanza e i dispositivi di protezione individuale come Città di Torino. Ma non era facile solo da metà marzo abbiamo iniziato ad averne a sufficienza. Senza contare che i nuovi posti a Massaua e a Ghedini sono in due parti totalmente separate dalla struttura mentre nella lettera sembra che abbiamo messo più persone nello stesso luogo».

Quello che non si dice nella lettera dice Moreggia è che «ci siamo trovati ad affrontare una crisi sanitaria che ci ha colpito nel periodo di massima affluenza con un enorme impatto che ha intaccato la base dei nostri servizi, cioè la relazione sociale. I dormitori non sono alberghi o ostelli ci sono servizi, possibilità di tirocini percorsi di inclusione».

Il comune poi ricorda che le indicazioni dal livello nazionale sono arrivate solo il 26 marzo con la  circolare del governo su “Emergenza covid e servizi sociali” mentre la regione ha emanato indicazioni più specifiche solo il 6 aprile. «Ma con degli accorgimenti che avevamo già adottato a inizio marzo».

Tamponi in ritardo e lavoratori malati

I tamponi però sono arrivati un mese dopo i primi casi. «Ma pensate che dipendano da noi i tamponi? – risponde il dirigente comunale – sono in capo all’Asl e sono stati fatti quando è stato possibile e del resto rendiamoci conto che i casi si sono verificati in 4 strutture su una ventina e adesso abbiamo un piano per alleggerire ulteriormente i dormitori con altre strutture».

I lavoratori hanno parlato a Covid Italia News di tutta un’equipe rimasta a casa con i sintomi alla struttura di Reiss Romoli ma anche al Ghedini hanno dovuto mandare operatori da altri servizi perché il gruppo che normalmente lavorava lì era a casa in malattia tranne due persone.

«Per quanto riguarda gli operatori – dice Moreggia – sono risultati positive tre persone al Reiss Romoli di cui una è stata anche ricoverata, più un addetto alle pulizie, una persona è risultata positiva alla struttura in via Massaua, ma prima che gli ospiti diventassero positivi. In via Carrera è stato fatto il sierologico a tutti e sono risultati negativi, mentre in via Ghedini non ci sono positivi».

Tra gli ospiti c’è chi ha scelto di uscire dal dormitorio per non rischiare il contagio

E loro? I senza fissa dimora come hanno vissuto tutto questo? Covid Italia News è entrata in contatto con Nicolò Consiglio sfrattato nel 2013 e dopo varie vicende finito nei dormitori pubblici torinesi. «All’inizio ti fanno ruotare un mese in ogni dormitorio -racconta – ed è piuttosto dura ma ero riuscito ad avere una permanenza di nove mesi in via Carrera e pure un tirocinio. Per me era l’occasione di riscatto e di ridare qualcosa indietro». Stava andando piuttosto bene per Nicolò che stava aspirando ad una casa popolare tutta sua. E poi è arrivato lui, il coronavirus. «Verso il 10 marzo le educatrici ci hanno detto che avrebbero chiuso ai nuovi ingressi e che se avessimo avuto un altro posto per passare il periodo di pandemia forse era meglio. Più sicuro». Il signor Consiglio trova questo amico per cui ogni tanto fa qualche lavoretto di riparazione e gli chiede se può stare in uno dei suoi capannoni poco fuori Torino. «Sono arrivato qui che era ancora molto freddo e non avevo i vestiti adatti – racconta – è stata dura anche perché un paio di giorni ho avuto la febbre e ho avuto paura». «Penso di aver fatto la scelta giusta – continua – sono ancora in contatto con il mio ex compagno di stanza che mi ha raccontato che ci sono tre positivi a Carrera ma anche se un po’ di timore ce l’ha mi dice ‘ma dove altro potrei andare?’».

Nicolò però dopo due mesi di isolamento vuole tornare a Torino, «Voglio vedere le mie figlie, voglio riprendere il tirocinio e il mio percorso. Io mi trovavo bene a Carrera. Speriamo che si possa presto ritornare alla normalità».

Cecilia Ferrara
Collettivo Emera

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FONTE: https://coviditalianews.org/2020/04/30/denuncia-dei-lavoratori-dei-dormitori-pubblici-di-torino-troppo-tardi-i-tamponi-rischio-focolaio-tra-i-senza-fissa-dimora/


Diritto all’abitare e rendite immobiliari nella crisi Covid-19

28 aprile 2020

L’emergenza generata dalla pandemia e l’inevitabile crisi economica che nei prossimi mesi colpirà il Paese, hanno posto al centro del dibattito pubblico la questione del reddito.

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Chi non può tornare a casa: prigionieri, rifugiati, senzatetto

Un archivio di notizie rilevanti che possono aiutare ad avviare dibattiti e riflessioni comuni sulle richieste che collettivamente dovremmo fare per un futuro più giusto.

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Casa dolce casa?

16 aprile 2020
Restare a casa: da quando sono scattate le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria, la parola d’ordine è stata questa. Il Governo è stato solo capace di intimare comportamenti individuali, quasi che, invece che una norma di prudenza, stare a casa fosse la cura, quella che non si trova, come non si trova il posto letto, il respiratore, la banale mascherina, addirittura il flacone di amuchina.

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5 milioni di persone vivono in affitto

Per la precisione 4,7 milioni di persone abitano in affitto:
PER LORO NESSUN AIUTO ECONOMICO. Chiusi in casa, molti senza stipendio, col lavoro andato perso: saranno i prossimi soggetti sacrificabili di questa nuova crisi economica?
Le procedure di sfratto sono bloccate fino al 1 settembre ma ci chiediamo cosa succederà dopo questi mesi in cui migliaia di persone non saranno riuscite a pagare i propri canoni.
O Conte interviene subito con un fondo per coprire le morosità o ci sarà una nuova ondata di sfratti.Insieme possiamo ricontrattare l’affitto col proprietario di casa chiedendo l’abbassamento o la sospensione. Scaricate il modulo da inviargli.
#ScioperoDegliAffitti

FONTE: Prendocasa Torino
https://www.facebook.com/prendocasa.torino/photos/a.288775687995947/1236033143270192/


Il governo boccia al Senato le proposte di abrogazione dell’articolo 5

Il governo boccia al Senato le proposte di abrogazione dell’articolo 5: un atto criminale e irresponsabile di chi considera la povertà una colpa.

Nei giorni scorsi in Senato alcuni parlamentari del Pd, di Leu, del M5S e del gruppo Misto hanno presentato due emendamenti per abrogare l’articolo 5 della legge Renzi-Lupi del 2014 che nega la residenza e l’allaccio delle utenze a chi vive in alloggi occupati. Continue reading