“Noi oggi portiamo in piazza non soltanto la protesta, non soltanto il disprezzo verso chi si ostina a cancellare questi spazi di libertà, ma innanzitutto la nostra gioia, attraverso il teatro, la musica, i tessuti, i cento modi in cui quotidianamente animiamo questa città, che purtroppo respira al ritmo degli eventi e che invece vorremmo veder respirare al ritmo della festa”.
Le parole che escono dalle casse si mescolano al suono dei giochi d’acqua della vasta fontana davanti al Castello Sforzesco, mentre alcuni musicisti provano i loro strumenti a fiato sul prato. Gli ambulanti che vendono fiabe e libri di ricette senegalesi ai turisti si fermano increduli a fare le foto con il cellulare a una ragazza vestita di nero che si dondola da un albero centenario con un lungo telo rosso. Sono da poco passate le tre dell’ultimo sabato d’estate. Milano, dopo qualche goccia di pioggia, è di nuovo scaldata dal sole. Un ciclista in arrivo a tutta velocità urla di spostarsi dalla pista che circonda il Parco Sempione, ma non può fare altro che rallentare per leggere gli striscioni e i cartelli tra le mani dalle tante persone che hanno interrotto la sua corsa.
“Voi create il vuoto culturale, noi lo occupiamo”, “scrive la storia chi abita le città”, “la città futura è la città della cura”, “courage tenemos forza”. C’è anche la Madonnina tra la folla, in una versione di cartapesta dorata accompagnata dal messaggio: “Basta sgomberare! Non mi fate smadonnare!”. Su una carrozzina al margine della pista ciclabile un cartello recita: “Mettiti nelle mie ruote”, mentre un ragazzo disabile dalla tenuta piratesca invita alla festa. In molti sono arrivati qui dai margini della città, dal Cimitero Maggiore, da Bruzzano, da Cimiano, dal Giambellino. Altri dal cuore della città metropolitana, fuori dai confini del capoluogo: Rho, Monza, Cinisello Balsamo, Bresso. Sono collettivi, spazi occupati, musicisti, giocolieri, teatranti, comitati di lotta per la casa o di difesa del verde, associazioni, amanti della fantascienza, ragazze e ragazzi che nei mesi del lockdown si sono uniti alle Brigate volontarie per portare beni di prima necessità a chi ne aveva bisogno. Non sono disposti ad accettare nuovi sgomberi, privatizzazioni o restrizioni delle attività con cui, da anni o da pochi mesi, si prendono cura di luoghi e relazioni in questo territorio sempre più malsano e inabitabile.
Hanno risposto alla “chiamata alle arti” della Cascina Autogestita Torchiera senzacqua, che a fine giugno, a meno di due mesi dalla ripresa seguita al lockdown, si è vista inclusa tra i venticinque “beni immobili facenti parte del patrimonio immobiliare comunale in disuso” oggetto di un bando del comune di Milano per la loro “valorizzazione”. La cascina trecentesca, a lungo parte delle proprietà di un vicino edificio religioso, è diventata patrimonio pubblico più di un secolo fa, quando a pochi metri dal suo ingresso venne creato il più grande cimitero di Milano. Nel corso dei decenni, la zona circostante, un tempo rurale, si trasformò in una periferia stretta tra linee ferroviarie, imbocchi autostradali, strade a scorrimento veloce e popolazioni più o meno indesiderate, respinte dalle zone centrali della città. All’inizio degli anni Novanta, durante la stagione degli sgomberi della prima giunta leghista, la cascina è stata occupata, ristrutturata ed è diventata teatro di un percorso di autogestione e produzione culturale che dura fino a oggi. Più volte sotto sgombero, da sempre privata dell’allacciamento all’acqua, Torchiera è già stata oggetto di un bando per il recupero delle “cascine comunali abbandonate che circondano Milano” in vista di Expo 2015. Anche quella volta, la Cascina Autogestita aveva risposto con irriverenza, la stessa attitudine con cui un paio di mesi fa ha chiamato a raccolta tutte le realtà e i singoli che potessero testimoniare che da quasi trent’anni quel luogo non è “in disuso” e non può essere messo a bando per contribuire a sanare le casse del Comune.
Da luglio a oggi la mobilitazione è cresciuta, includendo numerosi altri “spazi liberati” messi a bando o a rischio di sgombero, e ha intrecciato le rivendicazioni di comitati per la lotta all’esclusione abitativa, per il diritto alla città e per la salvaguardia del verde pubblico, nonostante le strategie in campo non siano le stesse per tutti, come è emerso già dall’assemblea che si è svolta sull’aia di Cascina Torchiera la sera del 3 settembre. Tra gli spazi “in disuso” inclusi nel bando del Comune, oltre a Torchiera, c’è anche un ex-liceo nella periferia nord della città, a Bruzzano, che da due anni ospita l’esperienza di Ri-Make bene comune, nata quattro anni prima in un altro spazio poi sgomberato.
Domenica 13 settembre il giardino di Ri-Make ha ospitato un’assemblea aperta in vista della scadenza del bando del Comune, a fine settembre. Insieme a numerose associazioni del quartiere, Ri-make risponderà all’avviso pubblico con la propria manifestazione di interesse. Martedì 15 settembre il testimone è stato raccolto dal centro sociale Lambretta, base operativa della Brigata Lena Modotti, sotto sgombero da luglio, che ha ospitato una grande assemblea conclusa con la redazione di un “patto per la città”. Il giorno dopo nello stesso spazio si è svolta l’assemblea di Fridays for Future Milano, mentre il cortile della Casa delle Donne, in una zona più centrale della città, ospitava l’assemblea di Non Una Di Meno – Milano e discuteva delle strategie per contrastare l’attuale richiesta del Comune di mettere a valore anche quello spazio, un’altra ex-scuola, che ha potuto organizzare numerose attività negli ultimi sei anni grazie a un contratto di comodato d’uso gratuito. Nei giorni successivi si sono svolte anche le assemblee di comitati in difesa degli spazi verdi e in particolare contro la realizzazione di unprogetto di sistemazione idraulica del Torrente Seveso che non avrebbe l’efficacia sperata dal Comune, intaccherebbe il patrimonio naturalistico del Parco Nord Milano e metterebbe a rischio la popolazione insediata nei pressi delle opere previste.
Il 19 settembre, al presidio che si è svolto prima davanti al Castello Sforzesco e poi nello spazio che circonda l’Arco della Pace, tutte queste realtà hanno contribuito a dare corpo alla festa proposta da Cascina Torchiera. C’era anche il collettivo Studenti Tsunami, che ha iniziato a prendere forma come brigata durante il lockdown e non ha smesso di trasformarsi in questi mesi. Me lo racconta Sara, diciannove anni. Minuta, i capelli corti, scuri e lo sguardo divertito, descrive le imprese di questo gruppo di sessanta liceali di varie scuole di Milano, «non solo della periferia come noi, ma anche del centro», che durante l’emergenza ha raccolto cibo fuori dai supermercati e l’ha stipato nel magazzino della Brigata Lena Modotti, al Lambretta. Mi dice che agli inizi lei e altri erano preoccupati per i compagni di scuola «che non facevano più niente, non uscivano neanche intorno al palazzo, stavano davanti allo schermo tutto il giorno». La partecipazione alle brigate per loro è stata un antidoto alla solitudine, poi nel corso dei mesi hanno cambiato nome, hanno iniziato a partecipare ad altre iniziative come la campagna NO CPR, le azioni di Fridays for Future e di Non Una di Meno. «L’hai letto che questa settimana abbiamo occupato il tetto dell’ufficio regionale scolastico?». Mentre mi racconta i preparativi per la mobilitazione della scuola inizia a calare la sera, mentre la festa si sposta verso un giardino comunitario non lontano da lì, dove è in corso un’iniziativa di tre giorni sulla cura, il mutualismo e il diritto alla città promossa dalle Brigate volontarie per l’emergenza, insieme ad alcuni spazi sociali.
Passo di lì la domenica pomeriggio. Appena entrata in questo giardino nascosto tra quel che resta dei bastioni, sento le parole del collettivo Offtopic che racconta come la città negli ultimi mesi abbia perso dodicimila residenti, in buona parte lavoratori che possono fare smart working e decidono di andare fuori città, dove gli affitti sono più bassi e la qualità della vita è migliore. Nonostante la crisi, non ci sarebbe stato il crollo del costo degli affitti né del valore del mattone che molti si sarebbero aspettati, anzi molte operazioni di valorizzazione immobiliare proseguono, mentre il Comune mette a bando parte del proprio patrimonio. Mi distraggo verso la fine dell’intervento: sopra la nostra testa, tra le foglie mosse dal vento, si intravede la gru del cantiere di una “residenza di prestigio che affascina per il suo carattere conservativo”. Si sta muovendo, nonostante sia domenica. Milano non si ferma? All’orizzonte, da un’apertura nelle antiche mura dei bastioni, vedo i grattacieli di due grandi compagnie assicurative, semivuoti in seguito all’arrivo del virus, a giudicare da quello che ne scrivono i giornali. Lo scenario è già quello di un racconto di fantascienza, simile a quelli di Antonio Caronia letti durante i presidi di sabato. Ma chi saranno i personaggi che lo attraverseranno? Riusciranno a continuare a muoversi insieme, al ritmo della festa? (gloria pessina)
FONTE: https://napolimonitor.it/milano-non-si-vende-se-il-conflitto-diventa-una-festa/