Una cronistoria della contesa attorno alle elezioni presidenziali poi annullate in Polonia, tra negazionismo della pandemia, violazioni costituzionali e torsione autoritaria. Con le illustrazioni del fumettista polacco Max Skorwider.
Qual è la differenza tra lo Stato di diritto e lo Stato del PiS?
(Prawo i Sprawiedliwość, il partito conservatore al governo in Polonia)
La stessa differenza che c’è tra una sedia e una sedia elettrica.
Già da alcune settimane questa frase ha raggiunto alti livelli di popolarità, parafrasando una battuta diffusa nel periodo delle proteste sociali nella Repubblica Popolare negli anni ottanta e segnalando il dissenso rispetto al governo. Infatti, la questione principale durante l’isolamento e la sospensione della normale vita quotidiana in Polonia in piena pandemia non è stata la sanità pubblica, il miglioramento degli ospedali, il futuro della crisi economica – tutte questioni al centro del dibattito nei paesi europei – ma le elezioni presidenziali che, previste dalla Costituzione ogni cinque anni, si sarebbero dovute tenere lo scorso 10 maggio 2020.
Le misure prese dal governo polacco per portare a casa ad ogni costo le elezioni – o come dice un famoso proverbio polacco “passando sopra i cadaveri” – rivelano chiaramente la debolezza, o meglio l’inesistenza, del sistema democratico costituzionale in Polonia e l’assenza di indipendenza del potere giudiziario. Mostrano inoltre, con brutale chiarezza, come siano i poteri forti che esercitano il potere reale nel paese a manovrare il presidente Andrzej Duda.
Nel dichiarare il lockdown in Polonia de annunciare ufficialmente l’epidemia lo scorso 20 marzo il governo non ha rispettato le norme costituzionali.
La maggioranza del PIS ha fatto di tutto per non dichiarare lo stato di eccezione, minimizzando il rischio sullo stato di salute della popolazione ed impedendo ufficialmente ai medici di rilasciare dichiarazioni sulla pandemia sui media, fino al caso id una infermiera che ha denunciato su facebook le condizioni della sanità pubblica de ha inmediatamente perso il lavoro. Mentre il numero di test effettuati è tra i più bassi del continente, sono molte le denunce di manipolazione delle statistiche sui contagi e sui morti, che secondo i dati ufficiali dell’11 maggio del 2020 in Polonia sono rispettivamente 16.206 e 803 .
Le direttive di distanziamento sociale, la chiusura dei negozi, la limitazione dei diritti dei cittadini senza una dichiarazione di stato di eccezione sono misure considerate illegali dalla Costituzione polacca: ma dato che la dichiarazione dello stato di eccezione avrebbe implicato lo spostamento della data delle elezioni di otto mesi, il governo si è opposto, per evitare il rischio di una diminuzione dei consensi a causa della crisi economica che il paese si prepara ad attraversare.
Per questo i media ufficiali hanno sminuito la portata della pandemia che avanza lentamente ma in modo continuo; finanziati a partire dal 6 di marzo con oltre due milioni di zloty (1 euro equivale a 4,5 zloty) di risorse pubbliche, i giornali e le televisioni di Stato non hanno dato spazio alcuno alle proteste dell’opposizione e dei cittadini che avevano anche richiesto a gran voce che questi fondi fossero destinati agli ospedali pubblici.
La Commissione Nazionale Elettorale ha organizzato il primo turno delle municipali lo scorso 15 di marzo, ignorando i pareri medici, per mostrare che era possibile organizzare in sicurezza le elezioni in piena pandemia.
Così i candidati – sia indipendenti che legati all’opposizione al governo – hanno lanciato un “boicottaggio” delle elezioni: se tutti i candidati all’unanimità avessero annunciato il ritiro dalla corsa elettorale questa sarebbe stata annullata, dato che con un solo candidato, l’attuale presidente Andrzej Duda, non sarebbe stato possibile andare al voto. Ma un giorno prima della chiusura delle candidature sono stati presentati due nuovi candidati, Mirosław Piotrowski e Stanisław Żółtek, vicini al partito di governo, che in una sola settimana (e in pieno lockdown) hanno raccolto le firme necessarie, rendendo il “boicottaggio” impossibile.
Data la crescita dei contagi, la contrarietà di gran parte della società e il parere negativo del Tribunale Supremo, lo scorso 6 aprile la maggioranza in Parlamento, costituita dal PiS e da altri due partiti conservatori, Porozumienie e Solidarna Polska, ha proposto di svolgere le elezioni via posta per il 10 maggio, sulla base degli esperimenti portati avanti con le elezioni locali in Baviera il 29 marzo e in Francia in piana pandemia, considerate prove concrete della possibilità di svolgere elezioni in piena pandemia.
Da questo momento non sarebbe stata più la Commissione Nazionale Elettorale a farsi carico delle elezioni, ma il Ministro Jacek Sasin, lo stesso che dieci anni fa, il 10 aprile del 2010, aveva organizzato il volo verso la città di Smolensk in Russia del presidente polacco Lech Kaczyński – fratello gemello di Jarosław Kaczyński, leader del PiS – che portò alla catastrofe aerea e alla morte del presidente, evento che l’estrema destra commemora ogni anno qualificandolo come “attentato”.
L’ambivalenza della parola urna – un oggetto usato per collocare i voti, ma anche un oggetto proprio dei rituali funerari – diventa così oggetto di ironia.
Mentre il nuovo progetto deve essere ancora votato dal Senato, controllato dal PiS, che ha tempo fino al 7 maggio, il governo si prepara in anticipo per le elezioni. Il presidente Andrzej Duda è l’unico candidato a continuare la campagna elettorale, dato il controllo totale della televisione pubblica TVP da parte del PiS.
Il governo, in particolare il ministro Sasin e il primo ministro Mateusz Morawiecki, hanno già speso ingenti somme per stampare e distribuire schede e materiali elettorali, nonostante ancora non vi sia il via libera ufficiale del Senato.
A fronte delle voci di proteste dei postini in occasione delle elezioni, il governo prima annuncia l’obbligo della distribuzione delle schede elettorali, minacciando multe, carcere e persino all’uso dell’esercito, poi propone somme considerevoli per chi avrebbe partecipato come volontario per garantire lo svolgimento delle elezioni. Si parla di multe per chi non avrebbe votato, o addirittura possibilità di rischiare condanne fino ad alcuni mesi di carcere. La giudice Ewa Wrzosek, che il 23 aprile ha aperto una inchiesta per minaccia alla salute pubblica in relazione alla volontà del PiS di organizzare le elezioni in piena pandemia, viene sospesa tre ore dopo l’uscita dal Tribunale; subito dopo, il Procuratore Bogdan Święczkowski apre un procedimento disciplinare contro Wrzosek.
Il voto per corrispondenza viola i principi delle elezioni, che secondo la Costituzione deve essere diretto, segreto e in condizioni di uguaglianza tra tutti i cittadini. Dati i problemi organizzativi, la partecipazione dei polacchi all’estero sarebbe stata impossibile. I residenti in Polonia, avrebbero ricevuto per posta le schede elettorali senza alcuna conferma dell’identità, e avrebbero dovuto collocare all’interno della busta i propri dati, nome, cognome, numero di carta di identità, luogo e data di nascita, nella stessa busta apponendo il voto.
L’Ufficio Elettorale ha chiesto ai governi locali, con una e-mail inviata alle tre di notte, i dati personali e gli indirizzi di ciascun cittadino e ciascuna cittadina, ma gran parte dei governi locali hanno rifiutato la cessioni di tali dati, in quanto si sarebbe trattato di una violazione della Protezione e Regolazione dei dati della UE. Jarosław Kaczyński, leader del PiS, afferma lo stesso che le elezioni si sarebbero tenute il 10 maggio, come stabilito dalla Costituzione.
Il 28 aprile Donald Tusk, ex presidente del Parlamento europeo ed ex leader della Piattaforma Civica – un partito liberale di centro destra – annuncia che non avrebbe partecipato alle elezioni alle elezioni del 10 maggio per ragioni di sicurezza, ma anche perché queste elezioni non rispettavano gli standard legali, per cui non si sarebbero dovute nemmeno chiamare “elezioni”.
Subito dopo, la candidata della Piattaforma Civica Małgorzata Kidawa-Błońska dichiara che avrebbe ritirato la sua candidatura se la data del 10 maggio sarebbe stata confermata. Il 19 aprile Stanisław Żółtek mostra in conferenza stampa una copia dela scheda elettorale che non solamente è stata stampata illegalmente, senza un accordo in Senato, ma sta anche già circolando a Varsavia.
Mentre era ancora in discussione il progetto di elezioni per corrispondenza al Senato, l’opposizione in Parlamento comincia a negoziare con con Jarosław Gowin, leader del partito Porozumieni, che garantisce al premier la maggioranza necessaria a respingere l’attesa sfiducia del Senato rispetto alla data delle elezioni. Gowin è famoso per cambiamenti repentini di alleanze politiche e per aver affermato da poco – ed evidentemente con qualche ragione, visti i fatti in corso – che la serie House of Cards era noiosa. Gowin si oppone alle elezioni a maggio e propone l’estensione del mandato presidenziale da cinque a sette anni; vi sono voci di coalizione di Gowin con l’opposizione, mentre il PiS prova a rinegoziare il sostegno.
Il 4 maggio il governo annuncia la flessibilizzazione delle misure di lockdown: i media ufficiale parlano di vittoria contro il virus per legittimare le elezioni.
Il 5 maggio il Senato rifiuta la proposta di elezioni per corrispondenza. Il PiS ha bisogno di una maggioranza assoluta per annullare questo voto del Senato.
Il 6 maggio inizia il dibattito con tutti e dieci i candidati presidenziali in televisione, secondo i sondaggi in testa l’attuale premier con il 42 per cento di voti al primo turno, seguito da altri due candidati di centrodestra tra il 20 e il 10 per cento.
Ma durante il dibattito presidenziale Jarosław Kaczyński e Jarosław Gowin si accordano sulla sospensione delle elezioni, senza nemmeno avvisare i candidati presidenziali: questo accordo serviva a garantire in Parlamento l’approvazione del voto per corrispondenza ma al tempo stesso la sospensione delle elezioni, la cui data dovrà essere ancora definita. Se non avessero ottenuto la maggioranza in Parlamento, si sarebbero rivolti al Tribunale Costituzionale diretto da Julia Przyłębska, legata al PiS. I due hanno dichiarato che «dopo il 10 maggio e l’atteso annullamento delle elezioni da parte della Corte Suprema, il presidente del Parlamento annuncerà elezioni presidenziali il prima possibile».
Il 7 maggio la Commissione Nazionale Elettorale annuncia che le elezioni non si sarebbero potute tenere perché questa stessa Commissione era stata privata del suo ruolo il 16 aprile, rispetto alla decisione sulle elezioni e alla stampa delle schede elettorali. Il ministro Sasin e il primo ministro Morawieck si accusano a vicenda di aver stampato 30 milioni di schede elettorali che non serviranno a nulla, mentre non conosciamo il costo di questa operazione, così come la prossima data delle elezioni.
Alcuni sostengono che il “leviatano” incarnato da Jarosław Kaczyński sia stato umiliato e abbia dovuto fare dei passi indietro rispetto al suo desiderio di assicurarsi il potere e che ormai la vittoria non sia più così sicura. In realtà, è la democrazia a essere stata umiliata in Polonia.
I cittadini sono stanchi delle ripetute violazioni delle leggi costituzionali in piena pandemia. Non è la vittoria della democrazia o della legge. Il PiS continua a insistere che le elezioni si tengano il prima possibile, per non risentire dei contraccolpi in termini di voti legati alla crisi che seguirà la quarantena.
Ci sono varie date possibili che circolano sui media, che volano come mosche attorno al cadavere già leggermente putrefatto della Repubblica. Adesso vogliamo la verità sui contagi e i morti causati dal Covid-19, esigiamo che le norme attuali del lockdown siano riconosciute come stato di eccezione, piuttosto che come normalità che viola la Costituzione e infine vogliamo essere lasciati in pace. E che il leviatano polacco smetta per lo meno di essere così orribilmente grottesco.
Disegni nell’articolo ed immagine di copertina a cura del disegnatore Max Skorwider per DINAMopress.