30 aprile 2020. A metà pomeriggio di lunedì 27 aprile, un gruppo di familiari di prigionieri del carcere di Castro Castro di Lima si è avvicinato all’esterno del centro per denunciare la mancanza di protezione di fronte alla pandemia in cui vivono i detenuti. “Non ci permettono di consegnare medicine, ci sono morti per covid-19 che non raccolgono”. Da mezzogiorno anche i prigionieri hanno iniziato a protestare, sono saliti in cima ai padiglioni per mostrare, con manifesti e slogan, la loro disperazione di fronte al contagio.
Secondo l’Istituto Nazionale Penitenziario (INPE) hanno dato fuoco ai materassi e commesso atti di vandalismo. “La polizia ha lanciato bombole di gas lacrimogeni e stanno sparando, non sono solo pallini”, hanno detto i parenti. Dopo un giorno e mezzo di protesta, l’autorità carceraria ha riferito che il saldo della sommossa era di nove prigionieri deceduti e due feriti, 60 impiegati del carcere e cinque poliziotti sono rimasti feriti. Dal 22 marzo, quando si è verificata la prima protesta in una prigione a causa della minaccia della diffusione della malattia, 13 detenuti sono stati uccisi da azioni di polizia contro lo stesso tipo di proteste. Altri 15 sono morti per covid-19 e l’INPE calcola più di 600 prigionieri infetti in tutto il Perù.
La prigione di Castro Castro ospita 5.500 persone, nonostante il fatto che la sua capacità sia inferiore a 2.000. Due prigionieri del carcere della capitale peruviana erano deceduti domenica 26 aprile, secondo quanto confermato dallo stesso INPE. I corpi sono stati ritirati con grande ritardo. Inoltre, nella prigione della capitale peruviana le autorità hanno effettuato test rapidi su 145 lavoratori e uno è risultato positivo, mentre non sono disponibili diagnosi dei detenuti.
Il delegato ai diritti costituzionali dell’Ufficio del Difensore Civico, Percy Castillo, ha proposto la formazione di un “commando covid-19” per le carceri. Ognuna delle 25 regioni del Perù ha un gruppo di lavoro per combattere la malattia. “Era prevedibile che la crisi del covid-19 avrebbe avuto un forte impatto sul sistema carcerario a causa del suo sistema sanitario assolutamente indebolito e del sovraffollamento che supera il 144%. Le misure avrebbero dovuto arrivare più rapidamente e con maggiore forza per evitare il quadro che abbiamo oggi. In molti anni il sistema carcerario non aveva perso così tante vite in una rivolta, né così tante perdite a causa di una malattia. Lo stato dovrà renderne conto” – ha avvertito Castillo.
Sempre lunedì, ci sono state anche rivolte nelle prigioni di Ancón (Lima), Huancayo (Junín) e Chiclayo (Lambayeque) a causa della mancanza di protezione della salute dei detenuti nella pandemia. L’INPE ha anche confermato che due lavoratori della prigione, di Ancón e Trujillo, sono morti a causa della malattia.
Fino a lunedì mattina, il Ministero della Salute ha riferito che ci sono 28.699 persone infette nel paese sudamericano, in quarantena da ormai oltre 45 giorni, 728 persone sono morte. Tuttavia, i dati del principale crematorio di Lima e delle imprese funebri riportano 1.073 morti per il virus, in contrasto con i numeri del Ministero della Salute, che aveva registrato 240 morti fino ad oggi nella capitale.
Il ministro Zamora, in un’apparizione virtuale dinanzi al Congresso, ha riconosciuto la “possibilità di sottostima”, ma ha negato che vi sia l’intenzione di negare le informazioni.
FONTE: https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2020/04/30/peru-rivolta-nelle-carceri-coronavirus-9-morti/
****
Perù. Le rivolte nelle carceri a causa del coronavirus
30 aprile 2020
Lo scorso lunedì nel carcere peruviano di Miguel Castro Castro de San Juan de Lurigancho, a Lima, si è verificata una violenta rivolta di detenuti, in cui sono stati bruciati materassi e sono stati appesi cartelli con i quali i carcerati chiedono la libertà, per paura di contrarre il Covid-19. Questa prigione ospita 5.500 detenuti, sebbene la sua capacità sia di soli 1.140.
La rivolta ha provocato 9 morti tra i detenuti e 67 feriti tra guardie, polizia e altri prigionieri. Il giorno precedente in quel carcere si è registrata la morte di 2 reclusi per Covid-19. Dopo 3 ore dall’inizio della rivolta più di 200 poliziotti sono riusciti a riprendere il controllo all’interno e all’esterno del penitenziario.
Nel carcere di San Pedro di Lurigancho, il più capiente del paese, alla fine della protesta i detenuti hanno firmato un accordo con la direzione riguardante le cure mediche e sono tornati nelle loro celle. I detenuti hanno protestato a torso nudo e con i manifesti sul soffitto. Il carcere di Lurigancho nel suo insieme ospita più di 10.000 detenuti anche se la sua capacità è di solo 2.500.
Sempre lo scorso lunedì un’altra rivolta è scoppiata nel carcere della città di Huancayo, anch’essa repressa dalle autorità, dopo la morte di 2 prigionieri per Covid-19. I detenuti di questa prigione hanno iniziato la protesta per chiedere di poter essere sottoposti ai tamponi dopo i morti dei giorni scorsi. La prigione di Huancayo ospita 2.100 detenuti ma con una capacita di soli 680 posti.
Nella prigione della città di Chiclayo, 2 prigionieri sono morti, provocando un’altra rivolta causata dalla paura del virus. La prima protesta in un carcere peruviano a causa della diffusione del Covid-19 si è verificata il 22 marzo. In totale si sono registrati finora almeno 21 prigionieri uccisi dalla malattia e circa 650 infettati.
Secondo l’Inpe (Instituto Nacional Penitenciario) nelle carceri peruviane ci sono 97.500 detenuti divisi tra 68 istituti, con una sovrappopolazione di 50.000 unità rispetto alla loro capienza effettiva. Inoltre 169 guardie carcerarie sono risultate positive al virus e 7 sono morte.
All’inizio di questa settimana, il presidente Martin Vizcarra ha prolungato la quarantena fino al 10 maggio, ma non è stato presentato alcun piano per i detenuti. Il Perù ha confermato di essere il paese dell’America Latina con il maggiore numero di casi di questa pandemia dopo il Brasile.
Il governo peruviano ha intanto annunciato la scorsa settimana che concederà l’indulto a 3.000 detenuti per rallentare la diffusione da Covid-19 nelle carceri del paese.
Con la quarantena in vigore da metà marzo, le prigioni sembravano un luogo sicuro per tenersi isolati dalla pandemia, soprattutto dopo che le visite dei parenti erano state sospese; i focolai si sono invece accesi a causa dei contagi di alcuni funzionari delle carceri, che hanno di fatto introdotto il virus all’interno degli istituti.
Il governo di Lima punta adesso al contenimento della pandemia attraverso la quarantena e l’utilizzo dell’esercito per evitare gli assembramenti di persone nelle strade e gli spostamenti non necessari da un luogo all’altro del paese.
FONTE: https://www.notiziegeopolitiche.net/peru-rivolte-nelle-carceri-a-causa-del-coronavirus/