25 aprile 2020. Oggi si festeggia il 75 anniversario della liberazione dal nazifascismo o almeno da quello della seconda guerra mondiale. Se però andiamo a vedere la definizione di fascismo, possiamo trovare la dicitura: «dottrina e prassi politica fondata sulla violenta e indiscriminata affermazione di motivi nazionalisti e imperialisti, sulla presunta loro adeguatezza a superare e armonizzare i conflitti economici, politici e sociali, e sull’imposizione del principio gerarchico a tutti i livelli della vita nazionale; estens., qualsiasi concezione della vita politica e dei rapporti umani e sociali basata sull’uso indiscriminato della forza e della sopraffazione». Se per fascismo intendiamo questo e non solo il regime tristemente noto, viene spontaneo pensare a quanta strada c’è ancora da fare per potersi dire veramente liber* dal fascismo. In questo periodo di crisi sanitaria è ancora più evidente la contraddizione di questo stato che si definisce antifascista. Sarebbe stato infatti auspicabile che in questo stato di emergenza tutte le risorse venissero impiegate ad aiutare chi ne avesse bisogno per superare il periodo e proteggersi dal virus. Dobbiamo, invece, constatare che le varie “forze dell’ordine” sono state tutte impiegate col solo scopo di reprimere duramente ogni forma di dissenso.
Con lo scoppio della pandemia siamo stat* catapultat* in uno stato di emergenza, in cui il legiferare convulso delle autorità l’ha fatto da padrone, tra decreti e ordinanze emanate su vari livelli. Queste misure draconiane hanno portato a una maggiore militarizzazione delle strade, a controlli a tappeto sulla popolazione attraverso il tracciamento dei cellulari e l’utilizzo dei droni, a una crescente discrezionalità delle “forze dell’ordine” e, come se non bastasse, a veri e propri inviti alla delazione rivolti alle/ai cittadin*. Le forze di polizia multano e denunciano indiscriminatamente anche chi si sposta per necessità. I controlli spesso sfociano in vere e proprie aggressioni come dimostrano i numerosi video di abusi che circolano in rete, nella totale noncuranza delle norme anti contagio.
Lo stato di emergenza si è trasformato in uno stato di repressione e controllo, dove la responsabilità del malfunzionamento delle misure adottate è stata, di volta in volta, addossata sulle/sui singol* individu*. Un concetto, quello di responsabilità, che è stato ridotto a mera obbedienza acritica, imposta dall’alto, capace di spostare l’attenzione da una reale presa in carico della situazione nella sua complessità.
La critica e l’opposizione a questa situazione non si può limitare al respingimento delle logiche emergenziali e repressive, utili allo stato per disciplinare la popolazione e per sopire a colpi di manganello l’insorgere di malcontenti e conflitti. Deve andare oltre e colpire la produzione e la riproduzione del capitalismo, che ci ha mostrato, ora più che mai, la sua vera faccia: fatta di politiche dettate dalle logiche del profitto, per cui la tutela della salute non sembra essere una prerogativa di tutt*.
Il prezzo più alto di questa repressione si sta pagando nelle carceri dove sono scoppiate rivolte in cui le persone recluse hanno protestato contro il sovraffollamento, che impedisce il rispetto delle norme anti contagio, e contro la sospensione dei colloqui coi familiari. Ad aver perso la vita alla fine sono state 14 persone – tra Rieti, Modena e Bologna – tutte morte per overdose da farmaci secondo la versione ufficiale, difficile da credere. Apprendiamo, inoltre, dalle poche notizie che riescono a trapelare dalle mura, che nei giorni e nelle settimane successive i/le secondin* si sarebbero vendicat* delle proteste con numerosi pestaggi, negando i pasti e l’ora d’aria per giorni. Sembrerebbe che la priorità non sia realmente il controllo del virus, bensì ribadire che al braccio armato dello stato tutto è concesso e, nel caso si pensasse di mettere in discussione la sua autorità, la repressione sarà spietata.
Ciò che sta avvenendo all’interno delle carceri, dei “lager” per persone migranti, delle fabbriche e degli altri luoghi del profitto, degli ospedali e del sistema scolastico estremamente escludente ci ha mostrato che ci sono persone sacrificabili.
Eppure le rivolte e gli scioperi che ci sono stati e ci saranno, ci ricordano che non tutt* le/i sacrificabili sono dispost* a salire sul patibolo della storia di stato e capitale.
Ci uniamo al loro grido, perché desideriamo un mondo di persone libere e uguali, ma per essere liber* e ugual* dobbiamo anzitutto essere viv*.
Non smetteremo mai di affermare che nella nostra contemporaneità ci troviamo ad affrontare nuovi tipi di fascismi: a partire dal razzismo istituzionale dei decreti Minniti-Orlando (2017) e dei decreti Salvini e Salvini bis (2019), che oltre a discriminare le persone migranti, sono stati indice di quanto l’autoritarismo statale si sia acuito con gli ultimi governi. Per non parlare del sessismo istituzionale per cui la tampon tax aggiornata al 2019 è ancora del tutto insoddisfacente, permane un forte gap salariale tra uomo e donna, l’IVG – interruzione volontaria di gravidanza – rimane ad oggi difficile da praticare a causa della fortissima obiezione di coscienza di una parte consistente del personale medico-sanitario; recentemente si è corso anche il rischio che il decreto Pillon venisse approvato.
Inoltre, a livello sociale e culturale, la società è ancora fortemente razzista, sessista e transomofoba, per cui le persone migranti, quelle LGBT*QIA+ e le donne – cis o trans – continuano a venire discriminate sulla base della provenienza, dell’orientamento sessuale o per l’appartenenza a un genere.
Tutti questi tipi di fascismi causano ancora delle forti disuguaglianze sociali, a livello economico, politico e, quindi, hanno delle forti ripercussioni nella vita quotidiana delle persone facenti parti delle categorie oppresse. Di queste fa parte anche tutta la popolazione senza fissa dimora o che vive in stato di povertà. Soprattutto nell’attuale situazione di lockdown, chi non possiede un reddito o non ha dove vivere, è espost* a dei rischi sanitari elevatissimi e, come abbiamo letto su alcuni giornali, non solo queste persone sono state abbandonate a loro stesse, ma si sono trovate anche a dover fronteggiare le forze di polizia e a ricevere ingiustamente delle multe.
Ricordando la resistenza contro la dittatura, manifestiamo inoltre la nostra solidarietà alle partigiane e ai partigiani che continuano a lottare in prima persona per la liberazione dei popoli. Per difendere un progetto rivoluzionario, quello del confederalismo democratico del Rojava, fondato sulla democrazia dal basso, sull’ecologia e sulla parità tra i generi, un modello esemplare per un mondo che può essere diverso.
In linea con le lotte per la liberazione avvenute nel corso della storia dell’umanità, la resistenza contro le bande jihadiste e le mire colonialiste di Erdogan, che le milizie Ypg/Ypj fronteggiano ancora nella Siria settentrionale e orientale, fa parte di un processo rivoluzionario che si è combattuto contro il fascismo di ieri e si combatte tuttora contro il fascismo del nostro tempo.
Una lotta contro l’oppressione che riguarda tutt* e si estende in varia misura ovunque. In Italia, ancora oggi, siamo sottopost* a misure fasciste introdotte durante il ventennio e attualmente in vigore, che hanno colpito in questi giorni la sorella Eddi. Con un provvedimento che la definisce “socialmente pericolosa”, la Procura di Torino la costringe per due anni a non spostarsi dalla città e a rimanere nella propria abitazione in fasce orarie restrittive. Una delle infinite contraddizioni di uno stato che mentre celebra i martiri della Resistenza e intitola vie a loro nome, criminalizza e prende di mira i combattenti per la libertà di oggi. Che adduce pretesti ridicoli per giustificare una decisione dettata dalla paura di un paese che non può accettare la voce di una donna che esprime liberamente il suo pensiero, che denuncia e lotta per un cambiamento radicale.
L’attacco a Eddi rappresenta un attacco anche alle donne e a tutte le persone che si battono per una società che possa essere veramente libera e giusta.
Finché la società e la politica non prenderanno in considerazione i diritti e la dignità di tutte le persone, nessun* sarà veramente liber*!
Liber* dallo stato oppressore, dal patriarcato che inquina ogni aspetto delle nostre vite, dalle logiche di profitto e di accumulazione capitalistica, da un imperialismo che occupa i territori e vuole avere il controllo sul nostro lavoro, la nostra creatività e i nostri corpi.
Per questo dobbiamo continuare a praticare l’antifascismo, includendo all’interno di esso tutte le lotte in maniera intersezionale, non lasciando nessuna causa indietro: dall’uguaglianza di ogni individu*, alla tutela delle altre specie animali e dell’ambiente.
Fino a quando ci sarà violenza, fino a quando la liberazione non sarà totale, esisterà sempre la resistenza.
#resistenza #autogestione #25aprile
C.S.A. Spartaco
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FONTE: https://www.facebook.com/csaSpartacoRa/photos/a.284387395005961/2683743855070291/