Libertà. Il tempo è ora

Torino, 25 aprile 2020. Da tanti anni ci ritroviamo vicino alla spalletta di un ponte su un canale che non c’è più. Lì è caduto combattendo l’anarchico Ilio Baroni.

Non potevamo mancare.

Quando siamo arrivati abbiamo trovato altri compagni e compagne che spontaneamente si erano ritrovati davanti alla lapide.

Con le mascherine e i guanti abbiamo deposto i fiori, aperto lo striscione “contro stato e fascisti azione diretta”. Abbiamo portato le nostre bandiere. Abbiamo detto due parole ai chi passava. In tanti si sono fermati.

Oggi più che mai non è stato un mero esercizio di memoria, ma occasione per intrecciare i fili delle lotte, perché il testimone lasciato da chi non c’è più, è ora nelle nostre mani.

La gente di Barriera ha volti e storie diverse ma la stessa condizione di sfruttamento e oppressione di chi combatté il fascismo perché voleva una società senza stato né padroni. In tanti avevano avuto tra le mani il sogno di farla finita con oppressione e povertà: erano quelli dell’occupazione delle fabbriche, degli scioperi del marzo 1943. Erano quelli come Ilio Baroni, operaio alle Ferriere, comandante della VII brigata SAP, che cadde combattendo per l’anarchia.

In questa periferia si sente più che altrove il peso intollerabile dei domiciliari di massa imposti dal governo. Tanta gente che già faticava ad arrivare a fine mese non riesce nemmeno a trovare i soldi per la spesa, mentre le elemosine del governo restano promesse.
Chi vive di lavori precari è senza alcun reddito per quanto misero. Chi lavora in nero rischia la multa se cerca di mettere qualche soldo in tasca.

Il governo ci ha rubato la libertà promettendo tutela e cure contro l’epidemia. Oggi sappiamo di aver perso la libertà senza ottenere alcuna sicurezza. Anzi!
In quest’epidemia sono morte più di 25.000 persone. Purtroppo la lista è destinata ad allungarsi.
Una tragedia annunciata, non una catastrofe imprevedibile. In condizioni “normali” prevenzione e cura erano ormai da anni un privilegio, che pochi potevano permettersi di pagare.
Era noto da decenni il rischio di una pandemia devastante, ma i governi che si sono succeduti non hanno stanziato risorse, né predisposto strutture per affrontarla.

In periferia, vivere in tanti in appartamenti piccoli è il destino dei più. Chi si ammala, resta chiuso in casa senza visite, cure o tamponi. Le case non sono luoghi sicuri. Gli ospedali, dove lavoratori si ammalano e muoiono perché nemmeno per loro ci sono protezioni e controlli sanitari, non sono luoghi sicuri. Le strade, dove domina l’arbitrio di polizia e militari, non sono luoghi sicuri.

Il governo sta riaprendo le fabbriche, perché la produzione deve riprendere, perché le nostre vite sono vuoti a perdere, sacrificabili sull’altare del profitto dei padroni. Che importa se qualcuno si ammala e muore? Qualcun altro prenderà il suo posto: le macchine devono girare e noi siamo ingranaggi di poco valore e a basso costo.

Forse il governo ci concederà qualche ora d’aria al parco, ma continua a vietare lo sciopero. Hanno paura che lavoratori e lavoratrici non accettino il ruolo di agnelli sacrificali.
Le manifestazioni politiche, anche se svolte in sicurezza, sono vietate e represse.

Il governo ci tratta da bambini irresponsabili, bisognosi di controllo, da sorvegliare e punire. Non siamo bambini, ma vogliamo che anche i bambini possano crescere liberi, sappiamo che i criminali, gli assassini sono al governo. Quello di oggi e quelli di ieri. Tutti i governi.

Da decenni hanno imbalsamato la Resistenza riducendola a mera lotta di liberazione nazionale, per cancellarne la spinta sovversiva, internazionalista, contro stato e padroni. Negli ultimi anni è entrata nel discorso pubblico la pretesa di una impossibile pacificazione tra fascisti e partigiani, tra capitale e lavoro, tra vittime e carnefici. Oggi sotto il sudario del tricolore, in nome di una lotta collettiva all’epidemia, vorrebbero ancora una volta equiparare i carnefici alle vittime, trattando da banditi, quelli che non ci stanno, quelli che lottano perché tutti possano essere curati, tutti possano avere casa e vita dignitosa, tutti possano decidere del proprio destino.

Per questa ragione oggi non potevamo mancare l’appuntamento alla lapide di Ilio Baroni.
Libertà ed eguaglianza diventano relazioni sociali vive nelle lotte di questa periferia. Oggi come ieri, quando, imbracciando il suo mitra, cadde il partigiano anarchico Ilio.

I compagni e le compagne della Federazione Anarchica Torinese

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FONTE: https://anarresinfo.noblogs.org/2020/04/25/liberta-il-tempo-e-ora/

 


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