18 aprile 2020
“In verità la plebe,… è per natura sospettosa nei riguardi di chi l’ama e ingenua verso chi la inganna.
…Non è mai capitato che i tiranni, in nome della loro sicurezza, non si siano sforzati di abituare il popolo non soltanto all’obbedienza e alla servitù nei loro riguardi, ma ancor di più alla loro devozione” Etienne De La Boétie Discorso della servitù volontaria, (Edizioni Feltrinelli,2014)
#restiamoacasa #andràtuttobene sono gli slogan sotto forma di ashtag creati dal governo per diffondere l’obbedienza incondizionata ad accettare la detenzione “volontaria” in cui 60 milioni di persone sono state costrette.
Detenzione in nome di una guerra contro il nemico invisibile che ha vigliaccamente colpito il belpaese, riducendolo in un campo di morti.
Se non volete morire, se non volete vedere i vostri cari morire dovete restare a casa.
Siamo in guerra.
Una campagna mediatica violenta senza limiti, ha spinto ad accettare questo “buon ritiro”. Una campagna mediatica stile chiamata alle armi.
Come spiega, infatti, Giancarlo Sturioni, nel suo articolo Il linguaggio militare della pandemia, “L’epidemia di COVID-19, con il suo carico di minacce e incertezze, non sfugge a tutto questo e il linguaggio scelto per raccontarla ha un ruolo cruciale nell’orientare il nostro modo di pensare e agire nell’emergenza. Quel che valeva fino a ieri, in tempo di pace, oggi può essere sacrificato. Ciò che prima era inconcepibile, oggi può apparire persino inevitabile: passare a un’economia di guerra, imporre restrizioni delle libertà personali, militarizzare il territorio e, in definitiva, rinunciare in modo consensuale ai diritti e alle garanzie di una democrazia liberale, senza discussione pubblica, né assicurazioni che, al termine dell’emergenza, tutto torni come prima.”
Passare ad una economia di guerra, imporre restrizioni delle libertà, militarizzare il territorio, rinunciare in modo consensuale ai propri diritti. Insomma come affermava più di cinquecento anni fa il buon Etienne non solo soggiogare alle catene, bensì accettarle, giustificarle, affermare che senza di esse è impossibile vivere.
Ma siamo veramente in guerra.
No. Nessuna guerra. Ma, come sta emergendo in questi giorni, una sconcertante catena di scelte organizzative, politiche, gestionali avvenute principalmente in Lombardia che hanno spinto un avventuriero a prendere delle decisioni draconiane, solo per fermare o meglio stoppare una massa di governatori e sindaci che in preda al panico, stavano creando le basi per ulteriori disastri.
Per carità, non si stanno sminuendo gli effetti sul corpo umano, di questa malattia e della pandemia in generale. Si sta affermando che quanto è stato fatto finora è servito a stoppare i disastri, le scelte errate di determinati personaggi, in primis Fontana e Gallera in Lombardia, che hanno spinto a scelte devastanti. Scelte che possono comportare un prezzo molto più costoso di quello di vite umane.
La perdita di diritti, conquistati tramite lunghe lotte contro il tiranno. Diritti politici, diritti fondamentali e diritti sociali. La scelta, infatti, di tutelare la sanità pubblica può comportare forti limitazioni alle libertà e non è scontato che possano ritornare tranquillamente. In fisica viene definito isteresi cioè la forma di un corpo, sottoposto a una determinata pressione, rimane deformata anche successivamente al termine della pressione. Come afferma Off topic nel suo bel articolo.
Le proposte relative al controllo della diffusione del Covid hanno come fine di verificare gli spostamenti ed i contatti delle persone tramite il proprio smartphone.
Questa precisa logica di trattamento dei dati per ricostruire i movimenti e sopratutto i contatti nasce dal fine, corretto di permettere agli esperti sanitari di “mettere” in quarantena i soggetti contagiati e portatori asintomatici del virus. Questa prassi sino a poco tempo fa era demandata esclusivamente ad esperti del settore, che avevano il compito di ricercare il “paziente zero” e di ricostruire i suoi movimenti e contatti. Storicamente questa pratica nasce dalle vicende di “Mary Tifoide” ovvero Mary Mallon, cuoca di origine irlandese, portatrice sana di tifo che contagiò diverse persone, appartenti alla ricca borghesia newyorkese. Questa triste vicenda si concluse con la detenzione della donna, che morì, per via di un ictus, convinta, giustamente della propria innocenza, vittima di un sistema che la discriminava essendo una povera donna irlandese.
Già nella triste storia di Mary Mallon, si riscontrano tutti gli elementi di discussione della questione politica attuale.
La salute pubblica è preminente sulle libertà fondamentali, come la libertà e la tutela della privacy?
La pandemia da Covid-19 è la prima pandemia, contemporanea, in cui tale principio risulta essere predominante, rispetto alle libertà fondamentali.
Durante il ventesimo secolo ci sono state 4 pandemie e tre forti epidemie. La prima quella del 1918 è stata denominata la spagnola ed è stata la più violenta, con un tasso di mortalità del 2,5% si pensa abbia ucciso oltre 50 milioni di persone e si diffuse su tre ondate, primavera del 1918, autunno ed inverno del 1918 e che abbia circolato fino agli anni’50. Le successiva pandemia avvenne nel 1957/1958 con circa 1,1 milioni di morti e fu denominata l’asiatica. L’altra pandemia fu quella del 1968 che causò la morte tra l’intera popolazione mondiale di circa un milione di persone. Ci furono altri eventi quasi pandemici nel 1947 e nel 1977. L’ultima pandemia quella relativa all’HIV è ancora in corso dalla metà degli anni’80.
Nelle fasi acute di queste pandemie, nessun governo pensò di ridurre o modificare i diritti fondamentali dei propri cittadini, di limitare il movimento o di bloccare l’intera attività produttiva di un paese.
La caratteristica principale della pandemia generata dal SARS-Cov-2 è che è la prima nell’era digitale e della totale informazione. Viviamo un momento storico in cui tutti possono informarsi, possono comunicare e possono contattare esperti del settore.
Eppure qualcosa non torna.
Per la prima volta in Italia, senza essere in uno stato d’emergenza come in guerra, l’accesso alle informazioni è assolutamente limitato in base al decreto legge n.18 del 17 marzo 2020, art. 67 comma 3,https://gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/17/20G00034/sg sono sospese le risposte “non aventi carattere di indifferibilità ed urgenza” alle istanze formulate ai sensi della l 241/1990 e del d.lgs 33/2013 (accesso doc, civico e FOIA). Vengono applicate deroghe, importantissime alle libertà fondamentali, civili e politiche, e persino il normale accesso alle informazioni, regolamentate anche da accordi internazionali è sospeso, fino al 31 maggio 2020.
Il diritto di accesso e trasparenza, indica il livello di relazione tra governante e governato.
Non è un caso che proprio in queste giorni il Governo richiede tramite un bando, urgentissimo, denominato “fastcall”(quanto piacciono queste definizioni anglosassoni) per la ricerca di nuove soluzioni per il monitoraggio e per la telemedicina.
Su indicazione della Commissione Europea i termini per effettuare tale scelta scadono otto giorni esatti dalla data di pubblicazione di tale bando. Infatti, come afferma Wired il 16 aprile il commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 Domenico Arcuri ha disposto la stipula del contratto che darà ufficialmente il via al processo di messa in funzione dell’app per la raccolta di informazioni utili al tracciamento dei contagi da coronavirus.
Incaricata del progetto, come raccontato da Wired, è l’azienda italiana Bending Spoons,
specializzata nello sviluppo di app ludiche e tra le più importanti al mondo, offrirà il suo servizio per “spirito di solidarietà” e dunque “al solo scopo di fornire un proprio contributo volontario e personale, utile a fronteggiare l’emergenza da Covid-19“, si legge nelle considerazioni allegate al documento. Per spirito di solidarietà, visto che è ancora concesso, vediamo cosa è la Bending Spoons e chi sono i proprietari.
Società fondata da quattro ragazzi italiani nel 2013, a Copenaghen, Francesco Patarnello (presidente), Luca Ferrari (consigliere delegato), Matteo Danieli e Luca Querella, Bending Spoons è il principale sviluppatore di app per iOS in Europa e tra le prime venti aziende al mondo per download di app.
L’azienda ha chiuso il 2018 con ricavi per 35,1 milioni di euro (8.26 milioni nel 2017.) L’utile operativo si è attestato a 3,097 milioni (1,557 nel 2017).
Bending Spoons ha finanziamenti con le maggiori banche come Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi Banca, Banco Bpm, Bper, Banca Sella e Credito Valtellinese, emerge dal consuntivo 2018.
A luglio 2019 nell’azienda sono entrati con il 5,7% tre società: H14 (Family Office italiano, il business dei tre figli di secondo letto di Silvio Berlusconi, Barbara, Eleonora, Luigi che detiene il 21,4% di Fininvest), Nuo Capital (holding di investimenti dalla famiglia Pao Cheng di Hong Kong) e StarTip (veicolo di Tamburi Investments Partners spa, la holding di investimento guidata da Gianni Tamburi).
L’80% del capitale resta in mano ai quattro fondatori: Luca Ferrari, Francesco Patarnello, Matteo Danieli e Luca Querella mentre un 10-12% fa capo ai collaboratori.
I fondatori non hanno voluto specificare se l’ingresso dei tre investitori sia avvenuto tramite un aumento di capitale o se la quota del 5,7% sia stata ceduta da loro. (fonte:https://www.startmag.it/innovazione/bending-spoons-tutti-i-segreti-della-societa-dellapp-anti-covid-19/????
Società che, in base all’articolo pubblicato da Wired, dovrà gestire tramite bluethooth la raccolta di dati”sufficientemente” anonimi e l’individuazione dei contatti.
In base alle poche informazioni recuperate il sistema dovrebbe permettere a un dispositivo, tramite bluethooth di conoscere quelli vicini con cui è entrato in contatto all’interno del suo campo d’azione e di tenerne traccia in una lista che rimane salvata sul medesimo. Solo nel caso in cui un cittadino dovesse risultare positivo ai test, le informazioni raccolte dall’app verranno condivise con il personale sanitario in modo da diramare una comunicazione a chi è stato esposto al contagio. A quanto si apprende, l’app non dovrebbe integrare alcun meccanismo di tracciamento della posizione (tecnologia gps), così come indicato dal Garante europeo per la privacy e dal Consiglio che riunisce i garanti dei Paesi membri (Edpb). Questa applicazione, verrà testata in tempi velocissimi presso la sede della Ferrari a Maranello, in virtù della consulenza esterna ricevuta direttamente da Elkann.
Ricapitolando abbiamo, quindi, nel board di questa società i figli di Berlusconi ed Elkann (FCA) nel ruolo di consulente.
Il ministro Pisano ha ricordato che l’uso della app sarà volontario ma per permettere un corretto funzionamento occorre che sia scaricato dal 60% della popolazione.
A breve avremo un nuovo ashtag stile #scaricatel’app con tanto di canti dal balcone e delatori pronti a denunciarvi alle fdo se non è stata prontamente scaricata.
E’ il piano perfetto, utilizzando l’isteria di massa mediata con la comunicazione da guerra, i dati anonimi diventano accessibili a strutture private.
Come affermano i compagni di Ippolita nell’articolo sul Manifesto pubblicato il 16/04/2020 “Veniamo dunque alla tecnologia digitale e diciamolo subito: non esistono tecnologie di controllo che siano anche «etiche». L’etica si sviluppa nella relazione e si radica nell’esperienza, non è qualcosa che si può embeddare nel codice (no, il free software non garantisce la neutralità della tecnica). Il controllo invasivo non è mai etico. E se è su base volontaria chiamatela servitù volontaria, non approccio etico. I dati di cui sembriamo avere disperatamente bisogno per sconfiggere il virus esistono già. Sono di proprietà delle piattaforme che ci forniscono tutti i servizi gratuiti di cui non possiamo più fare a meno.
Da tempo infatti, violando ogni norma politica e senza restituire nulla della ricchezza accumulata, le big tech sono nella posizione privilegiata per incrociare dati biometrici, sociali e geografici. Sarebbe davvero semplice per la potenza di calcolo di cui dispongono de-anonimizzare la rete di contatti di ogni singolo cittadino trovato sospetto di Covid. Questi dati non diventeranno mai un bene pubblico. Il futuro – perlomeno da questa parte del pianeta – prevede una liberalizzazione, non certo una statalizzazione. Da anni e in molti stanno lavorando sulla portabilità dei dati. L’escamotage è quello della restituzione della proprietà privata dei dati.
La data portability così pensata atomizzerà ogni singolo utente privandolo di rapporti di forza, lasciandolo in balia del mercato. Ogni utente sarà quindi «libero» di vendere i propri dati senza alcuna capacità critica né cultura informatica.
L’emergenza rileva quello che è già chiaro da anni: le multinazionali dell’IT si occupano della governance dei cittadini, non di comunicazione. Quindi, o lo Stato sceglie di caratterizzare il proprio agire in modo radicalmente diverso – rendendo questa diversità un valore politico da contrapporre al totalitarismo tecnologico – oppure è destinato a farsi soppiantare da Google e simili, cosa che, se guardiamo alla scuola pubblica, e ai software usati per le call e lo smartworking sembra già a uno stadio avanzato.
Lungi da far aderire la sovranità tecnologica ad un’architettura digitale di Stato (altra deriva totalitaria), la mancanza di lungimiranza ha permesso l’ennesima infiltrazione dell’IT nel nostro quotidiano. Il privato che si divora il comune, mentre sulla cittadinanza si riversa la retorica del «presidiare la legalità» e con il consenso degli esperti/tecnici si applicano misure autoritarie.”
A riprova che il Gruppo Ippolita ha correttamente individuato il punto nodale è la interessante intervista, pubblicata sulla rivista online IconDesign, a Giorgia Lupi che si occupa proprio di Design delle informazioni “…ogni giorno lavoro con i dati – qualitativi e quantitativi, grandi e piccoli, dati che le organizzazioni hanno già.” E continua “Se ci pensate – e se vedete i dati nel modo in cui io li vedo, possono essere una lente, un filtro per analizzare le storie di un marchio, di un’istituzione, di una comunità di persone e quindi diventare materiale per progetti di design della comunicazione.” La stessa Lupi, quindi illustra le finalità del Designer di informazioni, in modo chiaro. “Ci stiamo avvicinando con passi da gigante al momento in cui le relazioni marchio-cliente dovranno necessariamente passare da una conversazione a senso unico a una conversazione a due vie: dai marchi ai clienti, raccogliendo e utilizzando i dati che forniamo loro, dai clienti ai marchi che dovranno creare nuove relazioni con noi attraverso questi dati, restituendoci un valore “misurabile” affinché la relazione sia sana e vantaggiosa per entrambi. Questo già accade in parte: ma le persone non sono solo statistiche o data scientist, e i dati grezzi e non elaborati sono illeggibili e inutili. Vedo un’incredibile opportunità nel lavorare con i marchi per progettare le esperienze che restituiranno i dati ai loro creatori, a noi clienti. Interazioni in cui il valore aggiunto per i clienti non sarà solo nei servizi forniti in cambio dei dati che forniamo loro, ma anche in ciò che le aziende hanno e che possono dirci su di noi, condividendo le conoscenze che traggono da quelle informazioni, a beneficio di entrambe le parti.”
Si sta per fare lo passaggio fatto con la moda negli anno’80, trasformarla in un prodotto per gruppi, comunità, singoli, stavolta però non si parla di abiti bensì di dati personali. Saranno lavorabili in modo tale da costruire prodotti in base ai costumi, usi, comportamenti, riservati esclusivamente ad ogni singolo cliente.
Qualche bel spensierato ovviamente penserà che il diritto alla Privacy andrà a tutelare questo eccesso invasivodi una proprio diritto fondamentale.
Diritto alla Privacy che non ha per nulla ostacolato Facebook a raccogliere dati personali e condividerli con società esterne, come lo scandalo “Cambridge Analytica” ci ricorda bene. Il diritto alla Privacy non protegge la libertà. Ma promuove esclusivamente, il passaggio dalla privatizzazione dei dati alla loro nazionalizzazione, a quello che il Gruppo Ippolita definisce la sovranità digitale. In parole povere il ritorno, come è evidente in Cina, del totalitario controllo da parte dello Stato sugli individui. Che se non rispettano le norme, di buon comportamento e di legge, rischiano sanzioni sociali espresse sul proprio profilo individuale, con blocchi alla mobilità.
Esiste una leggenda metropolitana in merito ai probabili effetti dell’epidemia a Wuhan da Covid-19. In particolare il mistero della scomparsa di un altissimo numero di utenti telefonici.
Non si sa se questi dati sono veritieri e quindi dovuti alla morte da Covid oppure di cittadini che hanno scelto di scomparire dalle grigie maglie di controllo da parte del potere statale cinese.
In questo bel discorso su diritti e libertà occorre ricordare che una parte numerosa della popolazione, costretta alla “dorata prigionia” ha finito ogni forma di sostentamento. I danni psicologici derivanti da questa lunga prigionia. Occorre ricordare le persone che subiscono violenze fisiche e psicologiche, costrette ad una obbligata convivenza con i propri carnefici. I figli imprigionati senza poter svolgere quello che il loro benessere primario, scoprire il mondo giocando in compagnia. I migranti reclusi nei vari CPT, di cui si richiede il rilascio per poterli sfruttare tranquillamente nei campi ricchi di verdura e frutta non raccolta.
I prigioneri, ovvero gli incarcerati in quell’inferno che il sistema penale italiano che, lottando per la propria vita, ben 14 di loro l’hanno persa, hanno dimostrato di essere gli unici ad avere ancora una dignità sapendo benissimo cosa vuol dire perdere la propria libertà.
Occorre,infine, ricordare la violenza del mandiamo gli operai a lavorare, senza limiti e rispetto delle condizioni di sicurezza, finalmente il vero volto del capitalismo si svela.
Se questa esperienza del lockdown ha insegnato qualcosa è che Etienne De La Boétie aveva compreso tutto, “la prima ragione per la quale gli uomini servono volentieri è perché nascono servi e sono educati e cresciuti come tali.” (Discorso della Servitù volontaria,Edizioni Feltrinelli 2014)
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FONTE: https://gruppoanarchicochimera.noblogs.org/post/2020/04/18/la-servitu-volontaria/