Bologna. “Chi vuole davvero chiudere il Cas Mattei? Solo i migranti”

Bologna. 3 novembre 2020. Nonostante la pandemia “viviamo anche in dieci per stanza”, racconta un ospite. Ma finora, accusa il Coordinamento Migranti, “Prefettura, Regione e Comune sono stati completamente sordi”. Intanto, servono sei mesi per l’appuntamento per il rinnovo del permesso di soggiorno.

Di recente “la commissione sanità e politiche sociali del Comune di Bologna ha tenuto un’udienza conoscitiva sulla situazione del Cas Mattei, chiedendo al Coordinamento Migranti di intervenire: una richiesta che, se non ci fossero di mezzo le vite e lo sfruttamento di centinaia di migranti, ci avrebbe fatto semplicemente sorridere. Da oltre sei mesi i migranti ospitati nel Cas Mattei denunciano il pericolo di vivere in quella struttura”, scrive in un comunicato il Coordinamento Migranti: “Per tutta la durata dell’epidemia, e fino ad ora, Prefettura, Regione Emilia-Romagna e Giunta comunale sono state completamente sorde alle nostre denunce. Hanno ignorato che all’interno del Mattei non è stata presa alcuna misura di distanziamento, che le camerate ospitano oltre dieci persone l’una, che l’igiene e il cibo sono tutto tranne che ‘accoglienti’. All’inizio della pandemia è stato un compagno del Coordinamento Migranti a portare al Mattei le mascherine messe a disposizione dal Comune dopo continue richieste: nessuno in Prefettura, in Comune e nella cooperativa che gestisce il centro si era posto il problema, nessuno era disponibile a portarle. Anche quando, a giugno, si sono verificati diversi casi di Covid-19, nel centro nulla è cambiato: i migranti sono stati per lo più tenuti all’oscuro della situazione e lo sfruttamento del loro lavoro, spesso notturno e pagato pochi euro all’ora per mandare avanti la grande fabbrica dell’Interporto, non si è mai interrotto, se non temporaneamente per quarantene imposte dentro container sotto il sole caldo dell’estate”.

Nella commissione citata dal Coordinamento, così un migrante che vive in via Mattei ha illustrato la situazione nel Cas: “Stiamo in sei, anche dieci persone in una stanza. Come facciamo a mantenere le distanze di sicurezza? Quando fanno le pulizie usano lo stesso mocio per la camera e per il bagno, non c’è alcun tipo di reale integrazione, non vengono dati strumenti per farlo, come ad esempio scuola e lezioni d’italiano, che sarebbero fondamentali per riuscire a farci capire dagli altri cittadini”.

Continua poi così il comunicato del Coordinamento: “Nonostante la continua denuncia dei migranti dentro e fuori il centro, al Mattei continuano ad arrivare decine di nuovi ospiti, spesso ‘accolti’ senza neanche fornire l’abbigliamento adeguato per affrontare l’inverno in arrivo. Come se l’aumento esponenziale dei casi anche a Bologna non fosse – di nuovo come a marzo – un campanello d’allarme. Durante l’udienza in Comune le forze politiche si sono dette favorevoli ad una chiusura del centro. Ognuna per un proprio motivo, che va dall’esplicito razzismo per quanto riguarda le destre, al buonismo ‘alla Lamorgese’ per il Pd. Viste le modifiche alle Leggi Salvini, esponenti della maggioranza e della giunta hanno addirittura dichiarato il proprio impegno per un sistema di accoglienza diffusa. È difficile credere alle parole di chi per mesi non ha fatto nulla, per non disturbare lo sfruttamento del lavoro migrante all’Interporto. Solo i migranti vogliono davvero chiudere il centro di via Mattei. La loro pretesa di libertà va però oltre ad un’accoglienza diffusa o ‘dignitosa’. L’unica accoglienza possibile è quella che interrompe il legame tra lavoro e permesso su cui si basa lo sfruttamento del lavoro migrante. Per questo i migranti che vivono nel centro da mesi o sono appena arrivati sono pronti a nuove denunce e mobilitazioni contro un luogo esposto al contagio e che – come gli altri centri di accoglienza – espone tutte e tutti alla circolazione del virus. La loro lotta è la stessa dei migranti che continuano a chiedere alla Questura di rinnovare subito – senza vincoli di lavoro, reddito e casa – i permessi bloccati da mesi. Le donne e gli uomini migranti non possono aspettare altro tempo”.

A proprosito del rinnovo dei permessi, ci vogliono sei mesi di attesa soltanto per avere un appuntamento: a segnalarlo è l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) citando il caso di un ragazzo che è stato invitato ad andare in Questura il 21 aprile. Ma “come lui, praticamente vale per tutte le persone che devono rinnovare il permesso”, denuncia l’Asgi: “Ci sono dei tempi lunghissimi per ottenere il primo appuntamento, ma aquesto si aggiunge il fatto- ed è questa la cosa grave- che nel periodo di attesa il permesso è sostituito da un foglio che in realta’ non lo sostituisce affatto, perchè c’è scritto proprio che non è valido come permesso di soggiorno”. Inoltre, al momento agli avvocati “non è più permesso accompagnare in Questura i propri assistiti”, spiega l’Asgi.

Difficoltà aggiuntive, poi, sono quelle vissute dalla comunità nigeriana, in relazione a quanto sta accadendo nel Paese africano. Spiega il Coordinamento Migranti: “Un movimento di giovani nigeriani sta facendo sentire la propria voce contro la brutale e assassina violenza poliziesca dello Stato nigeriano. Lunedì scorso, sotto l’ambasciata di Roma, così come a Napoli, a Milano, a Torino, in tutta Europa e in moltissime città del mondo, mentre ad Abuja le piazze si riempivano, centinaia di uomini e donne nigeriane hanno protestato contro le violenze della Sars (Special Anti-Robbery Squad), un corpo di polizia speciale responsabile di continue violenze in Nigeria. Questo corpo speciale il 20 ottobre a Lekki ha sparato su una folla di giovani nigeriani che stavano protestando contro gli abusi, i continui stupri, le violenze fisiche e la corruzione degli agenti, uccidendo almeno 12 persone. Le piazze di lunedì scorso hanno urlato a gran voce che ‘i nigeriani hanno diritto di vivere una vita migliore nel loro paese, o fuori, e questo non è negoziabile’, denunciando il filo rosso di violenza istituzionale che unisce quello che i giovani nigeriani subiscono in patria e quello che subiscono in Italia come migranti. Da mesi l’ambasciata nigeriana di Roma si è fermata. Le vite di migliaia di uomini e donne di nazionalità nigeriana che vivono in Italia sono sospese, in attesa di un passaporto. C’è chi ha fatto richiesta da oltre un anno e si è sentito rispondere che manca la carta per stampare il passaporto; chi invece prenota un appuntamento ora deve aspettare un tempo infinito. Ma è così per tutti? A quanto pare no, perché ovunque c’è scritto che il rinnovo del documento costa 100 euro, ma se puoi, e sei disposto, a pagarne 300 o 400, come per magia i documenti arrivano subito. Alcuni nigeriani sono andati addirittura all’ambasciata in Svizzera nella speranza di abbreviare i tempi. La Comunità nigeriana di Bologna denuncia che sono già diverse decine i migranti nigeriani che vivono a Bologna ad essere bloccati dall’attesa di un documento. Tutto ciò avviene nel momento in cui, come denunciato dal Coordinamento Migranti Bologna, le Questure impiegano un tempo infinito per dare appuntamenti e rinnovare i permessi di soggiorno, lasciando i migranti in una condizione di irregolarità. Il blocco dei passaporti si somma allo sfruttamento della legge Bossi-Fini, che lega il permesso di soggiorno al lavoro. Senza il passaporto non ti rinnovano il permesso di soggiorno, senza il permesso non c’è lavoro. Per questo chiediamo che la Questura di Bologna, come le altre, considerino validi i documenti che attestano l’identità, anche se scaduti. Il 17 ottobre abbiamo manifestato a Bologna nella giornata transnazionale di lotta delle e dei migranti, ora scendiamo in piazza contro le violenze della polizia nigeriana e delle istituzioni italiane”: una manifestazione (inizialmente prevista per il 31 ottobre e poi rinviata) è convocata per sabato 7 novembre alle 10 in piazza del Nettuno.

 

FONTE: https://www.zic.it/chi-vuole-davvero-chiudere-il-cas-mattei-solo-i-migranti/


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