8 settembre 2020
Dati inediti dell’Ats di Bergamo permettono di ricostruire quanto accaduto nella fase più acuta dell’epidemia nelle strutture di cure intermedie ed Rsa del territorio. Dai trasferimenti dei contagiati provenienti dagli ospedali disposti dalla Regione ai ritardi nei tamponi e nelle forniture di dispositivi di protezione. Nessuna risposta sui decessi
In piena emergenza Covid-19 a Bergamo tra la metà di marzo e l’avvio della “fase due” sarebbero stati dimessi dagli ospedali e trasferiti presso 11 Rsa e strutture di cure intermedie oltre 260 pazienti già risultati positivi al virus.
È quanto emerge dai dati inediti trasmessi dall’Agenzia di tutela della salute di Bergamo ad Altreconomia all’inizio di settembre, a cinque mesi dal diniego alla nostra istanza di accesso civico e a ridosso del termine per presentare memorie in vista dell’udienza del 23 settembre che ci vede contrapposti davanti al Tar Brescia per quel “no” che riteniamo illegittimo (un ringraziamento particolare va agli avvocati Ernesto Belisario e Francesca Ricciulli dello studio E-Lex).
Il quadro che emerge dai riscontri parziali forniti dall’Ats è incompleto sul punto dei decessi registrati nelle residenze sanitarie assistenziali ma su altri aspetti permette di aver più chiare le cose.
Torniamo infatti ai discussi trasferimenti dagli ospedali verso le Rsa e le unità di cure intermedie disposti da Regione Lombardia l’8 marzo di quest’anno (DGR n. XI/2906) e difesi strenuamente dall’assessore al Welfare, Giulio Gallera.
Il picco di presenze di pazienti positivi al Covid-19 in quelle strutture “sensibili” è stato registrato il 29 aprile, con 183 pazienti. “A seguito di indicazione regionale -ci ha scritto il direttore generale dell’Ats di Bergamo, Massimo Giupponi- le Rsa non hanno più accolto pazienti Covid positivi, mentre gli ingressi sono proseguiti esclusivamente nelle unità di offerta di cure intermedie”.
Le strutture bergamasche che hanno messo a disposizione i posti sarebbero state 11 su 65: sei di “cure intermedie”, quattro Rsa e una “mista”. Quella che ha registrato tra metà marzo e metà luglio il maggior numero di pazienti positivi accolti, 88, non presenti contemporaneamente, è stata la Fondazione Casa di Ricovero Santa Maria Ausiliatrice (Carisma), seguita dalla Fondazione IPS C. Gusmini di Vertova (64), dalla Casa di riposo Pia Fondazione Piccinelli – Casa Maria Consolatrice di Scanzorosciate (58), dalla Fondazione G.C. Rota di Almenno San Salvatore (43), la Fondazione Casa Serena di Brembate (27), la Fondazione Honegger di Albino (23), la Fondazione Francesco Balicco di Martinengo (19), l’Istituto Palazzolo (16), il Centro Don Orione (14), la Fondazione Vaglietti di Cologno Al Serio (13) e infine la Fondazione Casa di riposo di Ponte San Pietro (8). Totale: 373 pazienti trasferiti, di cui appunto 260 tra inizio marzo e i primi di maggio.
Nonostante i mesi avuti a disposizione per elaborare i dati, l’Ats di Bergamo ha scelto però di non fare chiarezza sui decessi avvenuti in tutte le strutture del suo territorio. L’Agenzia ha infatti trasmesso il dato di 319 “dimessi/deceduti” relativo ai “soli” pazienti Covid-19 trasferiti dagli ospedali e non invece a coloro che hanno perso la vita dalla fine di febbraio alla fase più acuta in generale ed erano già presenti. Questo dato avrebbe consentito un incrocio con ciò su cui sta indagando la Procura di Bergamo, ovvero i 1.998 morti nelle Rsa bergamasche sui 6.100 ospiti totali riscontrati dal primo gennaio a fine aprile.
Omissioni a parte c’è un altro riscontro rilevante nella risposta dell’Ats ed è quello che riguarda i tamponi effettuati agli ospiti e agli operatori delle Rsa bergamasche. Il primo vero ciclo di esami è stato effettuato solo il 24 aprile 2020 -a 1.447 ospiti e 1.372 operatori-, a due mesi dal “caso” di Codogno del 21 febbraio, in prossimità del picco delle presenze dei positivi provenienti dagli ospedali nonché della retromarcia regionale.
Gli ospiti delle Rsa risultati positivi sono passati così da 95 (24 aprile) a 523 (26 maggio) nell’arco di un mese.
Mentre i positivi testati tardavano a emergere, gli ospiti in isolamento presso le Rsa bergamasche per “comprovata o sospetta positività” erano già numerosissimi fin dai primi giorni di marzo. Il 6 marzo, appena prima della delibera regionale che l’8 disporrà il trasferimento dei positivi dagli ospedali, quelli in isolamento nelle strutture erano già 484. Il 18 marzo 887; all’inizio di maggio, cioè l’avvio della “fase due”, erano ancora oltre 200.
Ma l’isolamento rischia di non essere sufficiente senza dispositivi di protezione individuale (DPI). E anche su questo i dati dell’Ats certificano oggi una situazione di grave impreparazione.
Le prime 6.200 mascherine chirurgiche e le 100 FFP2/KN95 per le 65 Rsa di Bergamo sono state consegnate tramite i Presidi socio sanitari territoriali (Presst) tra il 18 e il 19 marzo, quasi un mese dopo Codogno. Una settimana più tardi, tra il 23 e il 25 marzo, le forniture sono cresciute a quota 34.200 mascherine chirurgiche e 1.280 FFP2/KN95. I primi stock di guanti, camici, taniche disinfettanti da cinque litri e visiere sono stati consegnati invece tra il 29 e il 30 aprile, tardissimo anche in questo caso.
Chiude il cerchio il riepilogo delle consegne di DPI ai circa 800 medici di medicina generale e pediatri bergamaschi. La prima fornitura di 3.750 mascherine chirurgiche da parte dell’Ats territoriale risale al 3 marzo, mentre 4.854 FFP2/KN95 vengono consegnate il 17 del mese. Per arrivare a pieno regime -oltre 80mila chirurgiche, più di 4mila FFP2 e circa mille visiere- si dovrà attendere la fine di aprile.
“Il quadro che emerge dalle risposte dell’Ats è impressionante -commenta Vittorio Agnoletto medico, conduttore della trasmissione “37 e 2” su Radio popolare e professore a contratto di Globalizzazione e politiche della salute all’Università degli Studi di Milano-. Lo spostamento di oltre trecento pazienti dagli ospedali alle Rsa/cure intermedie, l’incredibile ritardo con il quale sono stati sottoposti al tampone il personale sanitario e gli operatori delle Rsa, il periodo nel quale i medici di medicina generale hanno lavorato senza adeguati dispositivi di protezione, sono tre elementi che hanno certamente fornito un forte contributo alla diffusione del virus e all’aumento impressionante dei decessi nella provincia di Bergamo. Oggi, con queste informazioni, abbiamo molti elementi in più per comprendere le cause della tragedia. Le scelte e gli errori umani sembrano aver giocato, purtroppo, un ruolo non secondario”.
FONTE: https://altreconomia.it/pazienti-covid-rsa-bergamo-dati-ats/