Un futuro virale

6 settembre 2020

1. Pandemia: presente e futuro immediato

Questo primo semestre del centesimo anno di Umanità Nova è stato dominato dal COVID-19 e dagli eventi collegati: in primo luogo il lockdown, il suo uso politico, le questioni di classe. Ora che riapriamo dopo la sospensione estiva, nel momento in cui scriviamo queste righe (30 agosto 2020), i media sono dominati dall’aumento dei casi rilevati positivi e dal timore di una seconda ondata, con tutte le conseguenze del caso tra cui un nuovo possibile lockdown, totale o parziale.

Di là degli aspetti clinico-sanitari, il lockdown e le misure connesse hanno avuto sicuramente nei mesi scorsi, un po’ in tutto il mondo, un chiaro aspetto politico: già il nome usato – distanziamento sociale e non, come sarebbe stato logico, distanziamento sanitario[1] – è indicativo. Infatti l’emergenza è servita al potere per giustificare forme di irreggimentazione politica della popolazione: ad esempio in Italia – ma cose simili ed anche peggio si sono viste un po’ dappertutto – c’è stata la proibizione degli scioperi, delle riunioni di qualsivoglia genere per quanto facilmente dotabili di accorgimenti sanitari e la creazione politico-mediatica di veri e propri untori.[2]

Il potere economico con la scusa della pandemia è riuscito a disfarsi dalle principali forme di lotta e di organizzazione del lavoro dipendente – scioperi ed assemblee sindacali. L’aspetto politico e non sanitario era plateale nel caso degli scioperi: eravamo obbligati a restare a casa tranne che nel caso volessimo scioperare, altrimenti eravamo obbligati ad uscire per recarci in un luogo di inevitabile assembramento delle persone!

Il potere politico, dal canto suo, da un lato si garantiva di manovrare indisturbato dalle varie forme di opposizione sociale riducendole alla sola virtualità digitale, dall’altro creava il nemico pubblico nel runner solitario. Anche qui l’aspetto politico e non sanitario della faccenda era plateale: potevi recarti al lavoro o nei supermercati ma non correre da solo in un luogo del tutto isolato – chi lo faceva si vedeva convogliare addosso l’“ora d’odio” di orwelliana memoria con cui il potere distraeva l’attenzione delle masse da se stesso.

Non possedendo purtroppo capacità divinatorie, al momento in cui scriviamo non abbiamo idea di come si evolverà la faccenda; in altri termini se l’aumento attuale delle infezioni sia dovuto a fattori contingenti che non avranno particolari conseguenze sul medio/lungo periodo o se, come pare da alcuni dati soprattutto relativi a paesi mediterranei,[3] siamo in presenza dell’inizio della temuta “seconda ondata” che, d’altronde, nelle malattie infettive è statisticamente abbastanza probabile. Di solito si tratta di un fenomeno con diffusione e letalità inferiore alla “prima ondata” ma non è detto: in questo genere di cose, data la complessità dei fattori, il sapere in merito si forma solo a posteriori, dopo che l’evento si è verificato.

Di una cosa possiamo essere però purtroppo sicuri: piccola o grande, la probabile “seconda ondata” si svilupperà in una situazione di quasi certa grave crisi economica che ci sarà anche nella migliore delle ipotesi sanitarie;[4] inoltre, che il potere politico ed economico cercherà nuovamente di far passare provvedimenti liberticidi che con la pandemia non avranno nulla a che fare ma che la utilizzeranno come paravento ideologico.

La battaglia politica che l’intero movimento di opposizione radicale dovrà allora intraprendere dovrà essere su due fronti. Il primo sarà quello economico: occorrerà rivendicare il diritto ad un’esistenza dignitosa per tutti, di là delle compatibilità con il modello di produzione capitalistico e la divisione in classi della società. Il secondo, necessariamente collegato al primo, dovrà essere la lotta ai provvedimenti liberticidi ed alla “invenzione del nemico” che il governo quasi certamente cercherà di mettere nuovamente in campo (in questo momento i migranti sembrano stare prendendo il posto dei runners nella parte degli untori). Su questo, occorre essere preparati il prima possibile: non fosse altro, perché saremo tutti coinvolti individualmente nelle nostre vite quotidiane.

2. Pandemie: un futuro a medio/lungo termine

Inquadriamo ora la questione su di un arco temporale molto più ampio. Quando la pandemia era ai suoi inizi, della questione mi interessavo da tempo e, dando un’occhiata ai numeri sulla letalità della malattia, non capivo tutto l’allarme che i governi mostravano nei suoi confronti: il mio punto di riferimento era ad esempio la polmonite batterica antibiotico-resistente cui il numero di febbraio 2020 de Le Scienze dedicava uno speciale dossier – si noti: ad essa e non al COVID-19 – ricordando come, se si fosse sviluppato un ceppo batterico resistente anche alla cosiddetta “terza linea” di antibiotici,[5] i morti all’anno sarebbero presumibilmente potuti passare da alcune centinaia di migliaia a decine di milioni…[6] Avevo inizialmente sottovalutato il livello dello sfascio del Sistema Sanitario Nazionale in Italia e nel mondo che non ha permesso di affrontare adeguatamente una pandemia che, in presenza di un Sistema Sanitario adeguato, avrebbe comportato conseguenze sanitarie (e sociali) molto più ridotte.[7] Il tiro l’abbiamo immediatamente corretto ma la questione della polmonite batterica antibiotico-resistente ora ribadita apre, maggiormente in prospettiva rispetto alle considerazioni precedenti, scenari inquietanti per il futuro a medio/lungo termine dell’umanità.

L’Homo Sapiens Sapiens esiste almeno da duecentomila anni e fino al XVIII secolo non ha avuto una dinamica demografica diversa da quelle delle altre specie viventi: la cosiddetta “curva a campana” demografica. Tagliando le cose con l’accetta, una specie vivente, appena immessa in un ambiente, ha a disposizione un gran numero di risorse: di conseguenza, i singoli individui possono alimentare adeguatamente se stessi e la propria prole, sono allora generalmente in buona salute, vivono a lungo e sono abbastanza resistenti alle malattie – la popolazione allora aumenta fino a giungere al limite delle risorse che quell’ambiente può offrire. Giunta a quel picco, da un lato i singoli individui sono sottoalimentati e più fragili, dall’altro il sovraffollamento rende la popolazione maggiormente esposta alle malattie infettive: carestie e malattie allora decimano la popolazione, i sopravvissuti in numero ridotto hanno a disposizione un maggior numero di risorse ed il ciclo ricomincia. In una simile condizione, un aumento complessivo della popolazione può avvenire solo con la colonizzazione di nuovi ambienti: nei singoli ambienti si verificherà la dinamica demografica descritta in precedenza ma in media la popolazione resterà stabile sul breve periodo e potrà aumentare sul medio/lungo periodo con nuove colonizzazioni.

Fino al XVIII secolo, ogni specie vivente ha vissuto una situazione demografica del genere: anche la scoperta dell’agricoltura da parte dell’Homo Sapiens Sapiens ha solo aumentato le risorse di un territorio senza, però, mutare la dinamica sopradescritta: l’aumento della popolazione umana da pochi milioni al massimo del periodo “caccia/raccolta” a 800 milioni circa nella prima metà del XVIII secolo era dovuta in larga parte alla colonizzazione di sempre nuove parti del pianeta, mentre carestie ed epidemie – si pensi solo alla “grande peste” del XIV secolo che secondo alcune stime diminuì in una sola generazione la popolazione mondiale da circa 450 milioni a circa 350 – continuavano a movimentare la demografia umana secondo la “curva a campana”.[8]

Dalla Rivoluzione Industriale in poi questo ciclo demografico sembra aver lasciato posto ad una crescita indefinita: in meno di tre secoli, con una curva in salita che non si è interrotta nemmeno durante le due guerre Mondali, la popolazione umana si è quasi decuplicata, passando dagli 800 milioni della prima metà del XVIII secolo agli attuali quasi otto miliardi di abitanti: il tutto è dovuto da un lato allo sviluppo di tecniche agricole industriali che hanno moltiplicato enormemente la produzione di alimenti, dall’altro allo sviluppo della medicina scientifica che ha trovato il metodo di cura per molte malattie, talvolta debellandole definitivamente.[8]

Non è però la prima volta nella storia umana che la popolazione cresce ininterrottamente per un po’ di secoli: il timore che siamo vicini ad un picco demografico che precede una rovinosa caduta non è purtroppo senza fondamento. Innanzitutto perché dal nulla nasce nulla: per quanto la scienza e la tecnologia possano progredire, il pianeta Terra è finito e le sue risorse limitate. Poi, come abbiamo visto per il caso della polmonite batterico-resistente, anche la medicina scientifica ha i suoi limiti. Infine l’affollamento sempre maggiore della popolazione umana in conglomerati urbani ad alta densità di popolazione espone sempre più la popolazione umana allo sviluppo di malattie infettive.[9]

Da questo punto di vista, si potrebbe parlare di una “pipistrellizzazione” della specie umana. Tutti abbiamo presente come le colonie di questi animali – divisi in oltre mille specie – vivano in condizioni di estrema densità abitativa: ebbene i pipistrelli sono proprio per questo il maggior ricettacolo di malattie infettive e di sviluppo di zoonosi, di malattie che passano dall’animale all’uomo. Da tenere poi presente il fatto che un gran numero di esseri umani implica un enorme numero di animali da macello allevati in spazi ristretti, con un aumento esponenziale dello sviluppo di malattie infettive e dei “salti di specie”.

Insomma il COVID-19, se il modello gerarchico di produzione capitalistico andrà avanti così o con minime correzioni, potrebbe essere stato solo l’avanguardia di una serie di pandemie potenzialmente molto più pericolose. Vedendo le cose da questo punto di vista solo una rivoluzione ci salverà: una rivoluzione che trasformi completamente i rapporti gerarchici di produzione attuali in una direzione egualitaria e libertaria. Date le cose, questa è l’unica vera grande speranza dell’umanità.

Questa non è una speranza ideologica: anche ragionando nell’ottica per cui siamo entrati nell’era dell’Antropocene[10] dove la specie umana è diventata a tutti gli effetti una enorme forza naturale che sta alterando profondamente il pianeta, resta il fatto che – a differenza degli asteroidi, delle eruzioni vulcaniche, della tettonica a placche – non siamo una forza cieca ma dotati di una mente riflessiva. In altri termini, siamo in grado di modificare il nostro attuale modo di rapportarci al pianeta e tra di noi.

Prendiamo la questione della crescita demografica e dei rischi sanitari ad essa connessi: da quindici anni, in ogni continente, il numero di figli per donna è in netta diminuzione ed in Europa, come in altri luoghi, addirittura si è in decrescita. Il fenomeno è chiaramente collegato all’affermazione di uno dei punti chiave delle rivendicazioni del movimento operaio e socialista, l’emancipazione femminile nei suoi vari aspetti. I risultati sono stati nettamente superiori a qualunque politica autoritaria centralistica[11] e questa, al momento, è la più forte indicazione che l’idea di una società egualitaria e libertaria nata con la Rivoluzione Industriale ma contro la sua gestione autoritaria e capitalistica sia la strada perché l’Antropocene non termini in un disastro.

Enrico Voccia

NOTE:

[1] VOCCIA, Enrico, “Sul Distanzia-mento Sociale”, in Umanità Nova, anno cento, n° 19, pp. 1-2.

[2] LORENZETTO e F.Z., “Elogio del Runner”, in Umanità Nova, anno cento, n° 11, pp. 4-5.

[3] https://www.corriere.it/este-ri/20_agosto_11/coronavirus-in-gre-cia-seconda-ondata-pandemia-c-01da1d8-dbd5-11ea-abc9-41b5baf-f53c0.shtml

[4] VOCCIA, Enrico, “Andare Oltre il Capitalismo”, in Umanità Nova, anno cento, n° 22, p. 3.

[5] Gli antibiotici di “prima linea” sono quelli comunemente usati e su cui primariamente si è sviluppata la resistenza nei ceppi batterici; quelli di “seconda linea” sono quelli sviluppati dalla ricerca in tempi successivi per sopperire alla resistenza insorta verso i primi ma, purtroppo, anche per questi si sta sviluppando una resistenza; in questi casi estremi si utilizzano allora gli antibiotici di “terza linea” – quelli che non vengono usati perché hanno gravi effetti collaterali ma, proprio per questo, non venendo usati, i ceppi batterici non hanno potuto sviluppare resistenze. Il problema è che più aumentano le resistenze agli antibiotici di “seconda linea”, più aumenta la necessità dell’utilizzo di quelli di “terza linea” ed il conseguente rischio dello sviluppo della resistenza anche ad essi.

[6] AA. VV., Dossier “La Crisi degli Antibiotici”, in Le Scienze, n° 618 febbraio 2020, pp. 36-56.

[7] Si confrontino, ad esempio, i livelli di letalità del COVID-19 in Italia (8 posti letto per mille abitanti) ed in Germania (34 posti letto per mille abitanti).

[8] https://it.wikipedia.org/wiki/Po-polazione_mondiale

[9] Per un testo divulgativo ma di buon livello sulla questione della zoonosi e sui rischi futuri – che letto con gli occhi del dopo sembra particolarmente profetico del COVID-19 – vedi: QUANMEN, David, Spillover, Milano, Adelphi, 2014.

[10] https://it.wikipedia.org/wiki/Antropocene

[11] Si pensi alla politica demografica del governo cinese nei decenni passati. https://it.wikipedia.org/wiki/Poli-tica_del_figlio_unico

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FONTE: https://www.umanitanova.org/?p=12705

 


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