Per le note rivolte dei detenuti nelle carceri italiane dello scorso marzo, cioè in pieno lockdown per il coronavirus, stanno ora arrivando le prevedibili misure repressive fatte di rinvii a giudizio e futuri processi.
Lo Stato, non contento di avere ammazzato 14 detenuti durante le proteste ed aver attuato violenze e misure fortemente discriminatorie usate dal DAP, dai direttori e dalle guardie carcerarie durante l’intero lockdown, ora accusa le persone detenute di aver preordinato un “piano criminale”. Ma criminale semmai è stata la scelta politica di lasciare migliaia di persone a lambire e morire in carcere e a contagiarsi l’un l’altro per evitare di varare un qualche provvedimento di indulto.
1 settembre 2020
Una richiesta di rinvio a giudizio per 22 detenuti, in seguito alla rivolta nel carcere di Opera dello scorso 9 marzo. A inviarla ai giudici sono stati i pm Enrico Pavone e Alberto Nobili che hanno individuato una serie di persone, ritenuti responsabili dei danneggiamenti all’interno del carcere e delle minacce alle guardie. In quei giorni diverse realtà carcerarie italiane (tra cui anche San Vittore) furono teatro di rivolte da parte dei detenuti: in questo caso l’accusa, a vario titolo, è di incendio,danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale.
Alcuni di loro sono accusati di aver tentato di sfondare il cancello della sezione in cui si trovavano con il carrello del vitto, altri di aver distrutto sedie, tavolini e vetrate, altri ancora di aver spruzzato spray urticante contro le guardie e di averle minacciate di morte. Gli investigatori hanno anche ricostruito che fu appiccato un incendio, dando fuoco a un materasso e ai resti della devastazione. Ad alcuni viene addebitato anche il lancio di oggetti contro gli agenti (pezzi di vetro e di legno) e la distruzione di un calcio balilla. Per tutti gli indagati viene contestata anche la recidiva.
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Rivolta nel carcere di Opera durante il lockdown: chiesto il processo per 22 detenuti
2 settembre 2020
È stato chiesto il rinvio a giudizio per 22 detenuti del carcere di Opera, alle porte di Milano, che lo scorso 9 marzo si resero protagonisti di una rivolta all’interno del penitenziario. Durante i disordini, scoppiati all’inizio del lockdown per l’emergenza Coronavirus e che coinvolsero diverse carceri italiane, tra cui San Vittore, i detenuti lanciarono oggetti contro gli agenti, li minacciarono di morte e distrussero sedie e arredamenti.
Incendio, danneggiamento, resistenza a pubblico ufficiale. Queste le accuse, a vario titolo, di cui 22 detenuti del carcere di Opera, il più grande penitenziario italiano che sorge alle porte di Milano, potrebbero dover rispondere davanti ai giudici. I pubblici ministeri milanesi Enrico Pavone e Alberto Nobili hanno chiesto il rinvio a giudizio per i detenuti che lo scorso 9 marzo, all’inizio del lockdown per il Coronavirus, si resero protagonisti di una rivolta all’interno del carcere.
Alcuni dei detenuti cercarono di sfondare il cancello di una sezione del penitenziario, altri distrussero sedie e arredamenti: qualcuno diede fuoco ai materassi e, tra i comportamenti contestati, ci fu chi spruzzò dello spray al peperoncino contro gli agenti della polizia penitenziaria e li minacciò di morte. Sempre gli stessi agenti vennero anche fatti bersaglio di lancio di oggetti. A tutte le persone indagate viene contestata anche la recidiva. Inizialmente erano state 92 le persone indagate: le indagini sono state chiuse a luglio e per i primi 22 detenuti è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio.
Anche alcuni detenuti di San Vittore rischiano il processo.
Rischiano il processo anche 12 detenuti del carcere di San Vittore. Pure nel penitenziario nel centro di Milano, come in altre carceri di tutta Italia, all’indomani del lockdown deciso dal governo per l’emergenza Coronavirus si scatenarono delle rivolte. A San Vittore i detenuti insorsero per via della sospensione dei colloqui con i famigliari, decisa tra le misure di contenimento del contagio. Durante la rivolta, un vero “piano criminale” secondo gli inquirenti, alcuni detenuti salirono sul tetto e nel carcere si verificarono disordini e incendi. I 12 reclusi nel penitenziario di San Vittore ritenuti i responsabili della rivolta devono rispondere delle accuse di sequestro di persona, devastazione, saccheggio, lesioni personali e rapina.