9 luglio 2020
Siamo solidali con Farida C., un’infermiera di 50 anni dell’ospedale Paul-Brousse de Villejuif, che ha contratto il COVID-19 nel curare i pazienti durante la pandemia e che ora deve affrontare l’accusa di aver gettato proiettili addosso alla polizia per difendere i manifestanti dagli attacchi di quest’ultima a Parigi la scorsa settimana. Entrambe queste attività dimostrano enorme coraggio e abnegazione. Combattere il virus COVID-19 e combattere la violenza della polizia sono due aspetti della stessa lotta.
Giovedì 16 giugno 2020, dopo mesi in prima linea in lotta per salvare vite minacciate dal COVID-19, gli operatori ospedalieri in Francia sono scesi in strada. Volevano difendere i loro diritti e denunciare la mancanza di fondi e personale che affliggono gli ospedali pubblici francesi da decenni.
Ogni volta che un nuovo governo sale al potere in Francia, si ripete la stessa vecchia canzone: non ci sono soldi per gli ospedali pubblici. Come risultato di queste politiche, gli operatori sanitari continuano a fare enormi quantità di ore di straordinario con sempre meno mezzi per fornire un trattamento adeguato ai pazienti.
La pandemia del COVID-19 ha aggravato questi problemi, ma allo stesso tempo, il governo francese glorificava i lavoratori ospedalieri come eroi che combattono in prima linea nella guerra al virus, promettendo di migliorare le loro condizioni e impegnandosi a fare tutto il possibile per aiutare gli ospedali. Le autorità hanno persino chiesto alla gente di stare alla finestra ogni sera alle 20:00 e di battere le mani per esprimere solidarietà agli operatori sanitari.
Molti lavoratori ospedalieri hanno capito che questa nuova retorica rappresenta solo un teatrino politico per manipolare il pubblico. In effetti, il governo non aveva piani reali per migliorare le loro condizioni. Più che parole, gli operatori sanitari volevano fatti, cambiamenti concreti che avrebbero migliorato la loro situazione.
Il 16 giugno 2020, decine di migliaia di persone si sono radunate per mostrare solidarietà ai lavoratori ospedalieri nella prima manifestazione che le autorità parigine avevano permesso dall’inizio della pandemia. Dopo 30 minuti in strada, la testa del corteo è entrata nell’ “Esplanade des Invalides” e ha trovato la piazza completamente circondata dalle forze di polizia.
Gli scontri sono scoppiati e si sono intensificati rapidamente quando la polizia ha iniziato a lanciare gas lacrimogeni sulla folla. Per più di due ore, si sono verificati intensi scontri intorno alla piazza, con unità di polizia anti-sommossa (BRAV) che ha ripetutamente attaccato i manifestanti ed eseguito arresti. Come conseguenza della violenza della polizia, molte persone di varia esperienza e provenienza hanno partecipato agli scontri.
Anche alcuni lavoratori ospedalieri vi hanno partecipato. E’ il caso di Farida C., un’infermiera di 50 anni dell’ospedale Paul-Brousse de Villejuif. Negli ultimi tre mesi, ha lavorato dalle 12 alle 14 ore al giorno curando pazienti affetti da COVID-19. Mentre stava salvando vite, ha contratto il virus a causa dell’assenza di attrezzature adeguate per combattere la pandemia. Ecco perché stava manifestando : per chiedere al governo di mantenere le promesse fatte, rivalutando gli stipendi dei lavoratori ospedalieri e riconoscendo l’importanza del loro lavoro. L’unica risposta che le hanno offerto le autorità – e quelli che contrastavano la manifestazione – è stata una pioggia di gas lacrimogeni, granate a concussione e proiettili di gomma.
Così come aveva rischiato la vita per salvare coloro affetti da COVID-19, ha scelto di difendere se stessa e gli altri manifestanti dalla violenza smisurata della polizia antisommossa pesantemente armata. Secondo la sua stessa ammissione, in risposta ai ripetuti attacchi della polizia, Farida si è unita ad altri nell’uso dei proiettili per tenere gli agenti antisommossa a distanza dalle persone che stavano cercando di ferire e deportare.
In tutta risposta, un gruppo di agenti di polizia la arrestava brutalmente, afferrandola per i capelli e trascinandola a terra, sostenendo che aveva lanciato proiettili contro di loro. Mentre era a faccia a terra, un ufficiale le mise un ginocchio sulla schiena per immobilizzarla. Ha detto di soffrire di asma e di aver bisogno del suo inalatore, ma i poliziotti l’ hanno ignorata. Riprese video e fotografie mostrano il suo volto sanguinante dopo essere stata ammanettata. Mentre gli agenti la stavano portando via alla stazione di polizia, ha tentato di urlare il suo nome ad altri manifestanti in modo che sapessero che era stata arrestata, ma i poliziotti hanno cercato di zittirla coprendogli la bocca.
È stata rilasciata dopo 24 ore di custodia. Il processo è atteso per il 25 settembre, con l’accusa di “oltraggio, ribellione e violenza a un pubblico ufficiale”. Rischia fino a tre anni di carcere e 45.000 euro di multa.
Dal nostro punto di vista, non vi è alcuna differenza sostanziale tra il coraggio e il sacrificio mostrato da Farida nel curare le vittime di COVID-19 e il coraggio e il sacrificio mostrato nel difendere i manifestanti dagli attacchi della polizia. Sia il virus COVID-19 che la polizia come istituzione cercano di rifare il mondo a loro disumana immagine, con sprezzo delle vite. Siamo solidali con le infermiere e i ribelli di tutto il mondo che lottano per bloccare questi processi: sono le prime linee della lotta contro la morte e l’oppressione.
Il problema fondamentale non è né una particolare pandemia né l’aggressione di alcuni agenti di polizia. Sono le interconnessioni gerarchiche del capitalismo e dello Stato, che mettono sistematicamente in pericolo intere popolazioni, concentrando il controllo delle risorse necessarie a sopravvivere nelle mani di pochi egoisti.
Libertà per Farida!
Assistenza sanitaria è anche combattere la polizia!