Si potrebbe dire che l’esplosione della pandemia legata al Covid-19 abbia reso più evidenti le contraddizioni di un modo di vita che, lo diciamo da anni, non è più praticabile. La situazione che si è venuta a creare in Italia e nel Mondo negli ultimi due mesi ha infatti mostrato degli aspetti coerenti con tante analisi e critiche prodotte nel tempo. Si potrebbe dire, senza il rischio di sbagliare, che il problema è il sistema che abbiamo di fronte, che il problema è il capitalismo. Ma limitandoci a questo assunto non avanzeremmo di un centimetro né nell’analisi né nella proposta di lotta. Quanto avvenuto infatti, seppure in teoria prevedibile, ci ha colto tutti materialmente impreparati. La pandemia si è diffusa durante una delle crisi più profonde che i movimenti rivoluzionari (in Occidente) si siano mai trovati ad attraversare. La pioggia sul bagnato insomma. In questo contesto sembra proprio che sviluppare delle strategie, ma anche solamente capire quali siano i margini di agibilità, sia una faccenda complicata.
Tra le varie possibilità prese in considerazione finora, quello della solidarietà e del mutuo appoggio è un ambito d’azione che ha convinto e coinvolto molte realtà di lotta, ma non solo. Concretamente, in molti luoghi, questo ha determinato la nascita di gruppi e organizzazioni che si sono adoperati nella consegna e/o raccolta e distribuzione gratuita di cibo e generi di prima necessità per rispondere ai bisogni venutisi a creare data la crisi economica, oltre che sanitaria.
Al di fuori del mondo dei compagni nessuno si sognerebbe di mettere in discussione la giustezza di una distribuzione gratuita di cibo. Tanto che, con molta sagacia, anche governo e istituzioni varie non si sono risparmiati nel lodare, senza fare troppe distinzioni, le molteplici attività di questo tipo. Al massimo si può essere indifferenti, ma chi mai obietterebbe su un’iniziativa di tal genere?
Tra compagni e compagne è giusto invece che la questione venga affrontata e che non si dia niente per scontato…
Ma un dibattito, ragionato solo *in teoria*, sui *pro* e i *contro* produrrebbe di sicuro due lunghi elenchi, probabilmente anche poco interessanti. Questo perché il dibattito teorico, seppur utile e necessario, per come spesso viene impostato non è in grado di cogliere i molteplici aspetti di un contesto. Quando ciò non accade per divergenza di vedute, spesso accade per un abituale vizio interpretativo molto comune negli ambienti militanti, ovvero quello di porre, oltre l’azione “criticata”, anche la *critica* stessa fuori dal tempo e dallo spazio, rinunciando quindi a cogliere non solo l’ambito specifico, ma anche le prospettive a cui una singola iniziativa guarda, ponendola spesso impropriamente in antagonismo o in competizione con metodi e proposte differenti.
Il campo si sgombera allora da ogni dubbio. Non c’è ambiguità in una iniziativa di questo tipo. E difficilmente si viene scambiati per Caritas, o ciò che identifichiamo come *associazionismo* della sinistra borghese. Se così non sarà, la responsabilità sarà anche nostra.
Altra questione: siamo ben consapevoli che il cibo dovremmo andare a prendercelo. Ma affermarlo in maniera retorica ci avvicina forse di un centimetro al farlo praticamente? Sbandierare questa affermazione in modo assertivo ci aiuta ad organizzarci in numero per tutelarci da clienti zelanti, vigilantes eroi o da una polizia molto, troppo, rapida negli interventi? Crediamo di no.
Al di fuori di un bell’immaginario, la realtà che ci circonda ci sembra purtroppo distante da quella nella quale si producono gli assalti ai forni. Il capitalismo ha lavorato fin troppo bene in termini di controllo tecnologico, repressione, propaganda legalista e disgregazione sociale.
Allora, sempre rimanendo nell’ambito della progettualità e non in quello del fatalismo, questa cosa va creata. Non perché sia bello. Ma, banalmente, perché *è giusto*, in quanto una redistribuzione della ricchezza e dei beni è l’unico modo per far sì che non siano i poveri a pagare le crisi dei ricchi. Sanitarie, economiche o sociali che siano.
Certo, arriva il momento in cui c’è bisogno di uno strappo necessario, della volontà, del coraggio, anche al costo di rischiare di sbagliarsi e prendere cantonate. Ma se non vogliamo proporre il lancio della monetina come strumento decisionale, dobbiamo provare a ragionare in prospettiva, partendo dallo stato attuale.
Ci sembra corretto ribadire, riprendendo le parole che dei compagni greci hanno usato recentemente, che: “l’uscita senza ostacoli del capitalismo dalla sua crisi sanitario-economica, lascerà dietro di sé le condizioni per un cimitero sociale. Silenzio, paura e miseria”. E che “La scelta, quindi, sorge nuovamente con enfasi: O NOI O LORO.” Ma se questi tempi e i prossimi che verranno mostreranno come LORO siano in grado di difendere i propri interessi con sempre più efficacia e violenza, NOI, nei luoghi dove abitiamo, siamo disgregati, sconosciuti, disillusi. Noi oggi abbiamo bisogno di ricostruire e organizzare forza e fiducia.
La volontà che ha motivato questo contributo trascende dal desiderio di raccontare e condividere un’esperienza che, nonostante sia appena abbozzata, crediamo possa aprire possibilità interessanti. Ma dietro ogni esperienza ci sono un’analisi specifica ed un metodo.
È nella cura, nello sviluppo e nel legame di questi due elementi che, a parer nostro, si sviluppa un agire rivoluzionario puntuale.
Aprire interrogativi attraverso esperienze reali ci sembra una modalità efficace e coerente per arricchire quel dibattito che in questa fase un movimento rivoluzionario deve affrontare con rinnovata e crescente vitalità.
Maggio 2020, Roma.
NED-PSM
NED Punto Solidale Marranella
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FONTE: https://www.facebook.com/nedpsm/photos/a.625767334191562/2448878241880453/