Sono tornati in disordine, lasciandosi alle spalle speranze e illusioni di un esistenza migliore, di un futuro diverso. Sono i siciliani tornati a casa dopo la chiusura di aziende e università nel nord del Paese. Migliaia di persone si sono ritrovate improvvisamente senza più salario, gli studenti non hanno più lezioni da seguire, tutti hanno perso le loro certezze.
Tornavano a casa pensando di trovare un abbraccio solidale invece hanno trovato il dileggio, l’insulto, l’accusa di infettare la propria terra.
Si tratta dello stesso trattamento che i razzisti di ogni latitudine hanno riservato ai migranti. La storia si ripete. Una terra con milioni di emigrati non può abdicare al proprio diritto-dovere alla solidarietà in un momento di grandi difficoltà. Invece di far scatenare denunce e delazioni sarebbe bastato effettuare dei semplici controlli sullo stato di salute, come si è fatto negli scali aerei internazionali.
Invece politici spregiudicati, come il presidente della Regione, il fascista Nello Musumeci, e il sindaco di Messina, il populista Cateno de Luca, hanno guidato una campagna dai toni e dai contenuti razzisti nel tentativo di ricattare il governo nazionale e nascondere le loro inadempienze nel contrasto della pandemia. Sono stati capaci di smuovere gli istinti più biechi della popolazione e, come unica soluzione, hanno proposto la militarizzazione del territorio, in una Regione dove la gestione della sanità è storicamente in mano alla borghesia mafiosa.
Personaggi ed aree politicamente ed apparentemente insospettabili hanno plaudito all’operato di Cateno de Luca portandolo come esempio di autentica difesa degli interessi del popolo siciliano contro l’operato irresponsabile del Ministro dell’Interno Lamorgese.
Il virus sta mettendo a nudo la precarietà e la drammaticità delle condizioni nell’isola, con una sanità degradata, un sistema produttivo asfittico, una disoccupazione e una povertà dilaganti e drammaticamente persistenti.
Diversi sono stati i tentativi di risposta disperata dei siciliani, condannati a vivere in una terra amara: le rivolte nelle carceri per ottenere l’indulto, i tentativi di esproprio in alcuni ipermercati della città di Palermo da parte di alcune famiglie povere. I vecchi gattopardi della politica, come il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, hanno risposto paventando il pericolo dell’infiltrazione mafiosa, per poi chiedere l’estensione del reddito di cittadinanza come mediazione del conflitto.
In questo eterno presente, rappresentato dalla quotidianità di una narrazione bellica dell’emergenza sanitaria che lo Stato utilizza per alimentare uno stato di costante tensione, sospettosità e paura noi rispondiamo con la solidarietà diffusa che rilancia la pratica dell’autogestione, dell’aiuto comunitario, sempre lottando contro il capitalismo, per liberare la Sicilia dalla mafia, dal nazional-populismo e dallo Stato.
Federazione Anarchica Siciliana