Traduzione (a cura di Ecologia Politica Milano) di questo testo originariamente apparso sulla Monthly Review per insistere ancora sulle cause strutturali della crisi epidemiologica (e di civiltà capitalistica) in corso: agrobusiness, appropriazione e sfruttamento della terra, definitivo disallineamento tra il ciclo della riproduzione sociale umana in questo sistema specifico e rigenerazione della terra.
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Calcolo
Il COVID-19, la malattia causata dal coronavirus SARS-CoV-2, il secondo virus da sindrome respiratoria acuta grave dal 2002, è ora ufficialmente una pandemia. Dalla fine di marzo, intere città sono state messe in quarantena e, uno dopo l’altro, gli ospedali si sono riempiti per l’impennata improvvisa di pazienti.
La Cina, la Corea del Sud e Singapore al momento tirano un sospiro di sollievo₁. L’Europa (soprattutto l’Italia e la Spagna), ancora all’inizio dell’epidemia, è gravata da moltissime morti. mentre in America Latina e Africa stiamo avendo i primi casi; alcuni Paesi sono più pronti ad affrontare l’epidemia di altri. Negli Stati Uniti, uno fra i paesi più ricchi, il futuro prossimo appare tetro. Il picco dell’epidemia negli USA non è previsto prima di maggio e già adesso, gli operatori sanitari ed i pazienti degli ospedali stanno lottando duramente per avere accesso alle sempre più scarse scorte di dispositivi di protezione individuale₂. Gli infermieri, ai quali il Centers for Disease Control and Protection (CDC) ha spaventosamente raccomandato di usare bandane e sciarpe come mascherine, hanno dichiarato che “il sistema è spacciato”3.
Nel frattempo, l’amministrazione statunitense continua a sovraccaricare i singoli Stati di quelle stesse attrezzature mediche di base che si era rifiutata di procurare all’inizio [dell’epidemia]. È stato anche annunciato, come manovra per la salute pubblica, un inasprimento dei controlli alle frontiere, mentre il virus imperversa all’interno del paese senza essere adeguatamente affrontato4.
Un’equipe di epidemiologi dell’Imperial College ha previsto che la migliore campagna di mitigazione – ovvero appiattire la curva di accumulazione dei casi, mettendo in quarantena i casi rilevati e distanziando socialmente gli anziani – lascerebbe comunque gli Stati Uniti con 1,1 milioni di morti e un ammontare di casi pari a otto volte il numero totale di letti di terapia intensiva del paese5. Per fermare il virus, ponendo dunque fine all’epidemia, sarebbe necessaria una quarantena dei malati (e dei loro famigliari) in stile cinese e un distanziamento sociale comunitario, compresa la chiusura delle attività istituzionali. Ciò ridurrebbe negli Stati Uniti il numero dei decessi a circa 200.000 .
Il gruppo di ricerca dell’Imperial College stima che una campagna di soppressione [della malattia ndt.] di successo dovrebbe durare almeno diciotto mesi, comportando dunque una contrazione economica ed un peggioramento dei servizi pubblici. Il team ha proposto di bilanciare le esigenze di controllo della malattia e quelle dell’economia, attivando e disattivando la quarantena comunitaria sulla base della quantità di posti disponibili in terapia intensiva.
Altri esperti hanno respinto l’idea. Un gruppo guidato da Nassim Taleb, famoso per “Il Cigno Nero”, ha dichiarato che il modello dell’Imperial College non include il “contact tracing” e il monitoraggio porta a porta6. Il loro punto di vista non tiene conto del fatto che la gravità dell’epidemia ha impedito il desiderio di molti governi di adottare quel tipo di cordone sanitario e la situazione rimarrà tale fino a quando l’epidemia non inizierà il suo declino, quando molti paesi prenderanno in considerazione tali misure, si spera con un test funzionale e accurato. Come scherzosamente si sente dire in questi giorni: “Il Coronavirus è troppo radicale. L’America ha bisogno di un virus più moderato al quale possiamo rispondere in modo incrementale”7.
Il gruppo di Taleb sottolinea che il team dell’Imperial non ha voluto indagare in che modo il virus possa essere portato all’estinzione. Tale estirpazione non significa “zero casi”, ma un isolamento sufficiente a far sì che i singoli casi non producano nuove catene di infezione. Solo il 5% dei soggetti vulnerabili a contatto con un caso in Cina sono stati successivamente infettati. In effetti, il team di Taleb è favorevole al programma di soppressione utilizzato Cina, che è il più veloce nel debellare l’epidemia senza entrare in una gara tra controllo della malattia e garanzia di manodopera per l’economia. In altre parole, l’approccio rigoroso della Cina (che richiede molte risorse) libera la sua popolazione dalla reclusione di mesi, o addirittura di anni, che il team dell’Imperial raccomanda ad altri Paesi.
L’epidemiologo matematico Rodrick Wallace, uno di noi, ha capovolto completamente la discussione. Per pianificare la gestione di un’emergenza è necessario individuare ciò che l’ha causata. Le cause strutturali fanno parte dell’emergenza, includerle ci aiuta a capire come rispondere al meglio andando oltre il semplice riavvio dell’economia che ha prodotto il danno. “Se ai vigili del fuoco vengono date risorse sufficienti”, scrive Wallace,
“in condizioni normali, la maggior parte degli incendi, il più delle volte, può essere contenuta con il minimo di vittime e di distruzione di beni. Tuttavia, tale rischio può essere contenuto attraverso uno sforzo molto meno romantico, ma non meno eroico: attraverso persistenti, continui, sforzi di regolamentazione che limitino l’azzardo edilizio attraverso lo sviluppo e l’applicazione del regolamento e assicurino anche che le risorse per la lotta contro il fuoco, l’igiene e la conservazione dell’edificio siano fornite a tutti ai livelli necessari… Il contesto in cui è maturata, è determinante per definire l’infezione pandemica, infatti, le attuali strutture politiche che consentono alle imprese agricole multinazionali di privatizzare i profitti mentre esternalizzano e socializzano i costi, devono diventare oggetto di ulteriori regolamentazioni al fine di ridurre quei costi se si vuole evitare una vera e propria pandemia fatale nel prossimo futuro”8.
L’incapacità da parte degli stati di prepararsi e reagire all’epidemia non si è scoperta a dicembre, quando i paesi di tutto il mondo non sono riusciti ad attuare misure di sicurezza, una volta che il COVID-19 è fuoriuscito da Wuhan. Negli Stati Uniti, per esempio, il primo errore non è stato quando Donald Trump ha sciolto la squadra di preparazione alla pandemia del suo team di sicurezza nazionale o ha lasciato scoperte settecento posizioni del CDC9. Né è stato fatto dai federali che non sono riusciti ad agire in base ai risultati di una simulazione di pandemia del 2017 che mostrava che il Paese era impreparato10. Né è stato quando, come si legge in un titolo di Reuters, gli Stati Uniti “hanno tagliato sul personale tecnico del CDC in Cina mesi prima dello scoppio del virus”, sebbene il mancato precoce contatto diretto da parte di un esperto statunitense sul campo in Cina abbia certamente indebolito la risposta degli Stati Uniti. Né è stata la sfortunata decisione di non utilizzare i kit di test forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sicuramente, i ritardi nelle prime informazioni e la totale negligenza nel fare i test sono stati senza dubbio responsabili di molte, probabilmente migliaia di vite umane perse11.
I fallimenti sono stati in realtà programmati decenni fa, quando i beni comuni della sanità pubblica sono stati contemporaneamente trascurati e monetizzati12. Un paese conquistato ad un regime di epidemiologia individualizzata e just-in-time – una contraddizione assoluta – con letti d’ospedale e attrezzature appena sufficienti per le normali operazioni, è per definizione incapace di mobilitare le risorse necessarie per perseguire una soppressione del virus sullo stampo di quella cinese.
Seguendo il punto di vista del team di Taleb sui modelli strategici in termini più esplicitamente politici, l’ecologo delle malattie Luis Fernando Chaves, un altro coautore di questo articolo, fa riferimento ai biologi dialettici Richard Levins e Richard Lewontin per concordare sul fatto che “lasciare che i numeri parlino” non fa altro che mascherare tutte le ipotesi formulate precedentemente13. Modelli come quello dello studio dell’Imperial College limitano esplicitamente il campo di analisi a domande circoscritte e tagliate su misura, formulate all’interno dell’ordine sociale dominante. Per definizione, non riescono a catturare le più ampie forze di mercato che causano le epidemie e le decisioni politiche alla base degli interventi.
Consapevolmente o meno, le proiezioni che ne derivano pongono la salute di tutti al secondo posto, comprese le molte migliaia di persone più vulnerabili che verrebbero uccise se un paese oscillasse tra la lotta alla malattia e l’economia. La visione foucaultiana di uno Stato che agisce su una popolazione nel proprio interesse rappresenta solo un aggiornamento, anche se più benevolo, della spinta malthusiana per l’immunità del gregge che il governo britannico Tory e ora i Paesi Bassi hanno proposto, lasciando che il virus divampi tra la popolazione senza ostacoli14. Ci sono poche prove, al di là di una speranza ideologica, che l’immunità del gregge possa garantire l’arresto dell’epidemia. Il virus può facilmente emergere anche da sotto la coperta immunitaria della popolazione.
Intervento
Cosa si dovrebbe fare invece? In primo luogo, dobbiamo capire che, nel rispondere all’emergenza nel modo giusto, continueremo ad impegnarci sia nella necessità che nel pericolo.
Dobbiamo nazionalizzare gli ospedali come ha fatto la Spagna in risposta all’epidemia15. Dobbiamo sovraccaricare i test in termini di volume e ripetizioni come ha fatto il Senegal16. Dobbiamo socializzare i prodotti farmaceutici17. Dobbiamo applicare le massime protezioni per il personale medico per rallentare il contagio del personale. Dobbiamo garantire che i ventilatori e gli altri macchinari medici vengano riparati18. Dobbiamo iniziare a produrre in massa cocktail di antivirali come il remdesivir e la clorochina antimalarica di vecchia scuola (e qualsiasi altro farmaco che sembri promettente) mentre conduciamo test clinici per verificare se funzionano al di fuori del laboratorio19. Si dovrebbe implementare un sistema di pianificazione per 1) obbligare le aziende a produrre i ventilatori e i dispositivi di protezione personale necessari per gli operatori sanitari e 2) dare priorità all’assegnazione nei luoghi in cui sono più necessari.
Dobbiamo istituire un massiccio dispositivo pandemico che fornisca la forza lavoro – dalla ricerca alla cura – che affronti le problematiche che il virus (e qualsiasi altro agente patogeno a venire) ci sta ponendo innanzi. Fare in modo che il numero di casi registrati corrisponda al numero di letti per la terapia intensiva, al personale e alle attrezzature necessarie, in modo che la soppressione possa colmare l’attuale divario numerico. In altre parole, non possiamo accettare l’idea di sopravvivere semplicemente a questo attacco in corso di COVID-19 solo per tornare poi a fare il tracciamento dei contatti e isolare i casi per contenere l’epidemia. Dobbiamo assumere un numero sufficiente di persone per identificare il COVID-19 casa per casa adesso e dotarli dei necessari dispositivi di protezione, come mascherine adeguate. Nel frattempo, dobbiamo fermare questo modello economico basato sull’espropriazione, dai proprietari immobiliari fino alle sanzioni contro gli altri Paesi, in modo che le persone possano sopravvivere sia alla malattia che alla sua cura.
Tuttavia, fino a quando un tale programma non sarà attuato, la maggior parte della popolazione verrà lasciata in stato di abbandono. Anche se è necessario esercitare una pressione continua sui governi che non sentono ragione, la gente comune che è in grado di farlo dovrebbe unirsi ai gruppi di mutuo soccorso emergenti e alle brigate di quartiere20, riprendendo lo spirito di una tradizione oggi perduta di organizzazione proletaria che risale a 150 anni fa. Il personale sanitario pubblico professionale dovrebbe formare questi gruppi per evitare che gli atti di carità irresponsabile contribuiscano alla diffusione del virus.
La nostra insistenza nel voler collegare le origini strutturali del virus alla pianificazione dell’emergenza ci offre la chiave avvicinarci a una società fondata sulla salvaguardia delle persone prima che sui profitti.
Uno dei tanti pericoli sta nel normalizzare la “pazzia da cacca di pipistrello” attualmente in corso, nome divertente data la sindrome di cui soffrono i pazienti – la proverbiale merda di pipistrello nei polmoni. Dobbiamo estire lo shock che abbiamo provato quando abbiamo appreso che un altro virus della SARS è emerso dai suoi rifugi selvaggi e nel giro di otto settimane si è diffuso in tutta l’umanità21. Il virus è comparso al capolinea di una linea di approvvigionamento regionale di alimenti esotici, innescando successivamente una catena di infezioni da uomo a uomo fino all’altro capo, a Wuhan, in Cina22. Da lì, l’epidemia si è diffusa a livello locale ed ha viaggiato sugli aerei e sui treni, diffondendosi in tutto il mondo attraverso una rete strutturata da collegamenti di viaggio e lungo una gerarchia che va dalle città più grandi a quelle più piccole23.
Oltre a descrivere il mercato del cibo esotico nel tipico modo orientalista, quasi nessuno sforzo è stato fatto per rispondere alla più ovvia delle domande. Come ha fatto il settore del cibo esotico ad arrivare a un punto in cui poteva vendere le sue merci accanto al bestiame più tradizionale nel più grande mercato di Wuhan? Gli animali non venivano venduti sul retro di un camion o in un vicolo. Pensate ai permessi e ai pagamenti (e alla loro deregolamentazione) che ne derivano24. Ben al di là della pesca, quello degli animali selvatici è un settore sempre più formalizzato in tutto il mondo, sempre più capitalizzato dalle stesse fonti che sostengono la produzione industriale25. Anche se non c’è nulla di simile per quanto riguarda l’entità della produzione, la distinzione è ora più opaca.
La geografia economica si estende dal mercato di Wuhan fino all’entroterra, dove i cibi esotici e tradizionali sono allevati con operazioni al limite di una natura selvaggia in fase di contrazione26. Poiché la produzione industriale invade l’ultimo lembo della foresta, le operazioni per il cibo selvatico devono tagliare più in profondità per allevare le loro prelibatezze o saccheggiare le ultime foreste. Di conseguenza, i più esotici tra i patogeni, in questo caso la SARS-2 ospitata dai pipistrelli, salgono su un camion, sia che si tratti di animali da mangiare o della manodopera che li gestisce, spingendosi da un’estremità all’altra di un circuito periurbano che si allunga, prima di raggiungere la scena mondiale27.
Infiltrazione
La connessione porta all’elaborazione, sia per aiutarci a pianificare il futuro durante questa epidemia, sia per capire come l’umanità si è infilata da sola in una tale trappola.
Alcuni agenti patogeni emergono proprio dai centri di produzione. Mi vengono in mente batteri di origine alimentare come la Salmonella e il Campylobacter. Ma molti, come il COVID-19, hanno origine alle frontiere della produzione di capitale. In effetti, almeno il 60% dei nuovi agenti patogeni umani emergono diffondendosi dagli animali selvatici alle comunità umane locali (prima che quelli di maggior successo si diffondano nel resto del mondo)28.
Un certo numero di luminari nel campo dell’eco-salute, alcuni finanziati in parte da Colgate-Palmolive e Johnson & Johnson, società di traino nel sanguinoso processo della deforestazione guidata dal settore agro-alimentare, hanno prodotto una mappa globale basata su precedenti epidemie risalenti al 1940, che indica dove è probabile che emergano nuovi agenti patogeni andando avanti29. Più caldo è il colore della mappa, più è probabile che un nuovo agente patogeno emerga in quella zona. Ma confondendo geografie così assolute, la mappa prodotta dal team – rosso scuro in Cina, India, Indonesia e parti dell’America Latina e dell’Africa – ha tralasciato un punto critico. Concentrarsi sulle zone di espolsione dell’epidemia non tiene conto delle relazioni tra gli attori economici globali, che danno forma alle epidemie30. Gli interessi di profitto che sono alla base dello sviluppo, e della produzione, hanno indotto cambiamenti nell’uso della terra e l’insorgenza di malattie nelle zone sottosviluppate del globo, ricompensano gli sforzi che attribuiscono la responsabilità delle epidemie alle popolazioni indigene e alle loro pratiche culturali così “sporche”31. La preparazione della carne di animali selvatici e la sepoltura in casa sono due pratiche accusate della comparsa di nuovi agenti patogeni. La tracciatura di geografie relazionali, al contrario, trasforma improvvisamente New York, Londra e Hong Kong, punti nevralgici del capitale globale, in tre delle peggiori zone calde del mondo.
Le zone d’esplosione, nel frattempo, non sono più organizzate nemmeno sotto la politica tradizionale. Lo scambio ecologico non equo – che ha reindirizzato i peggiori danni dall’agricoltura industriale verso il Sud del mondo – si è spostato dalle mere località depredate di risorse dall’imperialismo statalista verso nuovi complessi di scala e merci32. L’agrobusiness sta riconfigurando le sue operazioni estrattiviste in reti spazialmente discontinue in territori di diversa scala33. Una serie di “Repubbliche della soia” gestite da multinazionali, per esempio, si estendono ora in Bolivia, Paraguay, Argentina e Brasile. La nuova geografia è rappresentata da cambiamenti nella struttura di gestione aziendale, nella capitalizzazione, nei subappalti, nelle sostituzioni della catena di fornitura, nell’affitto e nella messa in comune delle terre a livello transnazionale [con leasing and land pooling qui si intende che la “messa in comune” è per il Capitale]34. A cavallo dei confini nazionali, questi “paesi delle merci”, integrati in modo flessibile attraverso le ecologie e i confini politici, stanno producendo nuove epidemie lungo il percorso35.
Per esempio, nonostante un generale spostamento della popolazione dalle aree rurali standardizzate alle baraccopoli urbane che continua oggi in tutto il mondo, il divario rurale-urbano che guida gran parte del dibattito sull’insorgenza delle malattie dimentica il lavoro rurale e la rapida crescita delle città rurali in desakotas periurbane (villaggi di città) o zwischenstadt (città-di-mezzo). Mike Davis e altri hanno identificato come questi nuovi paesaggi in fase di urbanizzazione fungano da mercati locali e da centri regionali per i prodotti agricoli globali di passaggio36. Alcune di queste regioni sono addirittura diventate “post-agricole”37. Di conseguenza, le dinamiche delle malattie forestali, le fonti primordiali degli agenti patogeni, non sono più limitate ai soli hinterland. Le epidemiologie a loro associate sono diventate a loro volta relazionali, percepite nel tempo e nello spazio. La SARS può improvvisamente riversarsi sull’uomo nella grande città, pochi giorni dopo essere uscita dalla sua bat-caverna.
Gli ecosistemi in cui tali virus “selvaggi” erano in parte controllati dalla complessità della foresta tropicale vengono drasticamente snelliti dalla deforestazione guidata dal capitale e, all’altro estremo dello sviluppo periurbano, dai deficit di salute pubblica e di igiene ambientale38. Mentre molti agenti patogeni selvatici stanno morendo con la specie ospite, come risultato, un sottoinsieme di infezioni che una volta si estinguevano in modo relativamente rapido nella foresta, se non altro per un tasso irregolare di incontro con la loro tipica specie ospite, si stanno ora propagando tra le popolazioni umane suscettibili, la cui vulnerabilità alle infezioni è spesso aggravata nelle città da programmi di austerità e da una regolamentazione corrotta. Anche a fronte di vaccini efficaci, i focolai che ne derivano sono caratterizzati da una maggiore estensione, durata e slancio. Quelle che una volta erano ricadute locali, sono ora epidemie che si stanno facendo strada attraverso le reti globali dei viaggi e del commercio39.
Con questo effetto di parallasse – grazie a un cambiamento dell’ambiente circostante – le vecchie Ebola, la Zika, la malaria e la febbre gialla, che si sono evolute relativamente poco, si sono tutte trasformate in minacce regionali40. Sono passate improvvisamente dal riversarsi di tanto in tanto in remoti villaggi a contagiare migliaia di persone nelle capitali. In un’altra prospettiva ecologica, anche gli animali selvatici, che sono abitualmente serbatoi di malattie da lungo tempo, stanno subendo un contraccolpo. Poiché la loro popolazione è stata dispersa dalla deforestazione, le scimmie indigene del Nuovo Mondo, suscettibili alla febbre gialla di tipo selvatico, a cui sono state esposte per almeno cento anni, stanno perdendo l’immunità del branco e muoiono in centinaia di migliaia41.
Espansione
Già solo tramite la sua espansione globale, l’agricoltura industriale funge sia da propulsore che da connettore tramite cui i patogeni di origini diverse si muovono dalle riserve patogene fino ai centri abitati più cosmopoliti42. È da qui, e lungo la filiera, che nuovi patogeni infiltrano “le gated communities” dell’agricoltura. Più lunga la filiera e maggiore la deforestazione che ne risulta, maggiori (ed esotici) i patogeni zoonotici che entrano nella filiera alimentare. Tra patogeni agricoli e presenti negli alimenti emergenti e riemergenti e causati da attività antropiche, ci sono la peste suina Africana, Campylobacter, Cryptosporidium, Cyclospora, Ebola Reston, E. coli O157:H7, l’afta epizoootica, epatite E, Listeria, Nipah virus, Q fever, Salmonella, Vibrio, Yersinia, e diversi nuovi agenti incluso di H1N1 (2009), H1N2v, H3N2v, H5N1, H5N2, H5Nx, H6N1, H7N1, H7N3, H7N7, H7N9, e H9N243.
Sebbene non intenzionale, l’intera filiera di produzione è organizzato intorno a pratiche che accelerano la evoluzione della virulenza patogena e la successiva trasmissione44. Il crescente numero di monocolture genetiche – cibo, animali e pianti con genomi identici – elimina la resistenza immunitaria che nelle popolazioni più diverse rallenta la trasmissione45. Ora gli agenti patogeni possono evolvere rapidamente nei genotipi ospiti immuni più comuni. Nel frattempo, condizioni di sovraffolamento inibiscono la risposta immunitaria46. Dimensioni e densità degli allevamenti maggiori facilitano l’aumento di trasmissione e l’infezione ricorrente47. L’alta produttività, parte di ogni produzione industriale, fornisce uno stock di potenziali infetti continuamente rinnovati al livello di stalla, fattoria e regione, rimuovendo la soglia di evoluzione della letalità dei patogeni48. Tenere molti capi di bestiame insieme ricompensa quei ceppi di malattie che possono diffondersi più velocemente. Riducendo l’età della macellazione – fino a sei settimane nei polli – rende più probabile la selezione di patogeni capaci di sopravvivere in sistemi immunitari più forti49. Estendendo la portata geografica del commercio e l’esportazione di animali vivi ha aumentato la diversità dei segmenti genomici scambiati dai patogeni associati, aumentando il tasso a cui agenti patogeni esplorano le proprie possibilità evolutive50.
Tuttavia, mentre la evoluzione degli agenti patogeni esplode a ritmo esponenziale, si attua poco o nessun intervento, nonostante le richieste dello stesso settore, salvo ciò che è necessario per soccorrere i margini di profitto trimestrali dall’improvviso emergere di un’epidemia51. La tendenza va verso meno ispezioni governative degli allevamenti e degli impianti di lavorazione, legislazioni contro i controlli governativi e il lavoro degli attivisti e addirittura legislazione contro la diffusione sui mezzi di comunicazione di particolari sulle epidemie letali. Nonostante i recenti successi in tribunale contro l’uso di pesticidi e l’inquinamento derivante dagli allevamenti suini, l’obiettivo dei produttori rimane completamente centrato sul profitto. I danni causati dalle epidemie sono esternalizzati sul bestiame, le colture, la fauna selvatica, i lavoratori, i governi locali e nazionali, i sistemi sanitari pubblici; i sistemi di agricoltura alternativa esteri come una questione di priorità nazionale. Negli stati uniti, la CDC segnala che le epidemie causate dalla produzione alimentare stanno aumentando sia in termini di stati federali colpiti che nel numero delle persone infettate52.
In altri termini, la alienazione causata dal capitale sta operando a favore degli agenti patogeni. Mentre l’interesse pubblico è bloccato alle porte degli allevamenti e delle fabbriche di cibo, i patogeni oltrepassano le misure di biosicurezza che l’industria è disposta a fornire alla comunità. Il normale processo di produzione rappresenta una scommessa pericolosa ma lucrativa che corrode il bene comune della nostra salute collettiva.
Liberazione
C’è una ironia rivelatrice nel vedere New York, una delle più grandi città del mondo, in quarantena contro COVID-19 in un emisfero lontano dalle origini del virus. Milioni di newyorkesi si rifugiano nel settore immobiliare sorvegliato fino a poco tempo fa da Alicia Glen, vice-sindaco della città per l’edilizia abitativa e lo sviluppo economico53 fino al 2018. Glen è un ex dirigente di Goldman Sachs che ha supervisionato il gruppo Urban Investment Group della società di investimento, che finanzia progetti nei tipi di comunità che le altre unità dell’azienda contrassegnano come “zona rossa”54.
Glen, ovviamente, non è in alcun modo personalmente responsabile per lo scoppio, quanto il simbolo di una connessione che colpisce più vicino a casa. Tre anni prima che la città la assumesse, in seguito a una crisi abitativa e alla Grande recessione in parte autoprodotta, il suo ex datore di lavoro, insieme a JPMorgan, Bank of America, Citigroup, Wells Fargo & Co. e Morgan Stanley, prese il 63 percento del conseguente finanziamento di prestiti di emergenza federale55. Goldman Sachs, liberato dalle spese generali, è passato alla diversificazione delle sue partecipazioni dalla crisi. Goldman Sachs ha acquisito il 60 percento delle azioni di Shuanghui Investment and Development, parte della gigantesca industria agroalimentare cinese che ha acquistato la Smithfield Foods, con sede negli Stati Uniti, il più grande produttore di maiali al mondo56. Per $ 300 milioni, ha anche ottenuto una proprietà totale di dieci allevamenti di pollame nel Fujian e Hunan, una provincia da Wuhan e ben all’interno del bacino di cibo selvaggio della città57. Ha investito fino a altri $ 300 milioni a fianco di Deutsche Bank nella raccolta di maiali nelle stesse province58.
Le geografie relazionali esplorate sopra sono circolate indietro nel tempo. C’è la pandemia che oggi sta facendo ammalare i collegi elettorali di Glen da appartamento a appartamento in tutta New York, il più grande epicentro degli Stati Uniti di COVID-19. Ma dobbiamo anche riconoscere che il ciclo di cause dell’epidemia va in parte esteso da New York all’inizio, anche se in questo caso gli investimenti di Goldman Sachs potrebbero certamente avere un peso minore in un sistema delle dimensioni dell’agricoltura cinese.
Puntare il dito nazionalistico, dal razzista “virus cinese” di Trump al continuum [del discorso] liberale, oscura le direzioni globali interconnesse di stato e capitale59. “Fratelli nemici”, li descrisse Karl Marx60. La morte e il danno sopportati dai lavoratori sul campo di battaglia, nell’economia e ora sui loro divani su cui lottano per riprendere fiato, manifestano sia la competizione tra le élite che manovrano per ridurre le risorse naturali, sia i mezzi condivisi nel dividere e catturare la massa dell’umanità negli ingranaggi di queste macchinazioni.
In effetti, una pandemia derivante dal modo di produzione capitalistico e che da un lato lo stato dovrebbe gestire, dall’altro può offrire un’opportunità sulla quale i gestori e i beneficiari del sistema possono prosperare. A metà febbraio, cinque senatori degli Stati Uniti e venti membri della Camera hanno scaricato milioni di dollari in azioni detenute personalmente in settori che potrebbero essere danneggiati dalla pandemia in arrivo61. I politici hanno basato il loro insider trading sull’intelligence non pubblica, anche se alcuni rappresentanti hanno continuato a ripetere pubblicamente le missive del regime secondo cui la pandemia non rappresenterebbe una tale minaccia. Al di là di questo grossolano fracasso, la corruzione negli Stati Uniti è sistemica, un indicatore della fine del ciclo di accumulazione degli Stati Uniti, il momento in cui il capitale passa all’incasso. C’è qualcosa di relativamente anacronistico negli sforzi per mantenere il controllo, per quanto questo si basi sulla reificazione finanziaria della realtà delle ecologie primarie (e delle epidemiologie correlate). Per la stessa Goldman Sachs, la pandemia, come le crisi precedenti, offre “spazio per crescere”:
“Condividiamo l’ottimismo dei vari esperti e ricercatori di vaccini delle aziende biotecnologiche sulla base dei buoni progressi compiuti finora con varie terapie e vaccini. Crediamo che la paura diminuirà alla prima prova significativa di tali progressi… Cercare di negoziare con un possibile obiettivo al ribasso quando l’obiettivo di fine anno è sostanzialmente più elevato è appropriato per i day trader, i momentum follower e alcuni gestori di hedge fund, ma non per gli investitori a lungo termine. Di pari importanza, non vi è alcuna garanzia che il mercato raggiunga i livelli più bassi che possono essere utilizzati come giustificazione per la vendita odierna. D’altro canto, siamo più fiduciosi che il mercato alla fine raggiungerà l’obiettivo più elevato, data la resilienza e la preminenza dell’economia statunitense. Infine, riteniamo che i livelli attuali offrano l’opportunità di lente aggiuntere ai livelli di rischio di un portafoglio. Per coloro che potrebbero essere seduti su liquidità in eccesso e hanno un potere stabile con la giusta allocazione di asset strategici, questo è il momento di iniziare ad aggiungere in modo incrementale azioni S&P”.62
Inorriditi dalla carneficina in corso, la gente di tutto il mondo trae conclusioni diverse63. I circuiti di capitale e produzione che i patogeni segnano come etichette radioattive una dopo l’altra sono ritenuti inconcepibili. Come caratterizzare tali sistemi al di là dell’episodico e del circostanziale? Il nostro gruppo è quasi giunta al punto di derivare un modello che supera gli sforzi della moderna medicina coloniale del tipo espressa nell’eco-salute e nella One Health, che continua a incolpare i piccoli proprietari locali e gli indigeni della deforestazione che porta all’emergere di malattie mortali64.
La nostra teoria generale sull’emergenza della malattia neoliberale, Cina inclusa, combina:
– i circuiti globali di capitale;
– il dispiegamento di detto capitale che distrugge la complessità ambientale regionale che tiene sotto controllo la crescita virulenta della popolazione di agenti patogeni;
– i conseguenti aumenti delle tariffe e dell’ampiezza tassonomica degli eventi di ricaduta;
– i circuiti di merci periurbani in espansione che trasportano questi patogeni appena versati nel bestiame e nel lavoro dall’entroterra più profondo alle città regionali;
– le crescenti reti di viaggi globali (e commercio di bestiame) che consegnano i patogeni da tali città al resto del mondo in tempi record;
– i modi in cui queste reti riducono l’attrito della trasmissione, selezionando per l’evoluzione di una maggiore mortalità dei patogeni sia nel bestiame che nelle persone;
– e, tra le altre imposizioni, la scarsità della riproduzione in loco del bestiame industriale, eliminando la selezione naturale come servizio ecosistemico che fornisce protezione in tempo reale (e quasi gratuita) dalle malattie.
La premessa operativa di base è che la causa di COVID-19 e altri agenti patogeni simili non si trova solo nell’oggetto di un agente infettivo o nel suo decorso clinico, ma anche nel campo delle relazioni ecosistemiche che il capitale e altre cause strutturali hanno individuato per il loro vantaggio65. L’ampia varietà di agenti patogeni, che rappresentano diversi taxa, host di origine, modalità di trasmissione, corsi clinici ed esiti epidemiologici, tutti i segni distintivi che ci inviano frenetici i nostri motori di ricerca ad ogni epidemia, contrassegnano diversi parti e percorsi lungo gli stessi tipi di circuiti di uso del suolo e accumulo di valore.
Un programma generale di intervento corre in parallelo ben oltre un determinato virus.
Per evitare i risultati peggiori, la disalienazione offre l’opportunità di una prossima grande transizione umana: abbandonare le ideologie dei coloni, reintrodurre l’umanità nei cicli di rigenerazione della Terra e riscoprire il nostro senso di individuazione in moltitudini oltre lo Stato e il Capitale66. Tuttavia, l’economicismo, la convinzione che tutte le cause sono solo economiche, non sarà sufficiente per un’autentica liberazione. Il capitalismo globale è un’idra a molte teste, che si appropria, interiorizza e ordina molteplici strati di relazione sociale67. Il capitalismo opera attraverso terreni complessi e interconnessi di razza, classe e genere per relizzazare [capitalisticamente] differenti regimi di valore da un posto all’altro.
A rischio di accettare i precetti di ciò che la storica Donna Haraway ha bollato come storia della salvezza – “possiamo disinnescare la bomba in tempo?” – la disalienazione deve smantellare queste molteplici gerarchie di oppressione e le modalità specifiche locali che interagiscono con l’accumulazione68. In questo modo, dobbiamo uscire dalle espansive riappropriazioni del capitale attraverso materialismi produttivi, sociali e simbolici69. Cioè, da ciò che si riassume in un totalitarismo. Il capitalismo mercifica tutto: l’esplorazione di Marte qui, il sonno lì, le lagune al litio, la riparazione del ventilatore, persino la sostenibilità stessa, e così via, queste molte permutazioni si trovano ben oltre la fabbrica e la fattoria. Tutti i modi in cui quasi tutti ovunque sono soggetti al mercato, che in un momento come questo è sempre più antropomorfizzato dai politici, non potrebbe essere più chiaro70.
In breve, un intervento in grado di impedire a uno dei tanti agenti patogeni in coda nel circuito agroeconomico per uccidere un miliardo di persone, deve attraversare la porta di uno scontro globale con il Capitale e i suoi rappresentanti locali, per quanto ogni singolo soldato della borghesia, Glen tra loro, tenta di mitigare il danno. Come il nostro gruppo descrive in alcuni dei nostri ultimi lavori, l’agroindustria è in guerra con la salute pubblica71. E la salute pubblica sta perdendo.
Se, tuttavia, un’umanità migliore dovesse vincere un tale conflitto generazionale, possiamo ricollocarci in un metabolismo planetario che, per quanto espresso in modo diverso da luogo a luogo, ricolleghi le nostre ecologie e le nostre economie72. Tali ideali non sono solo affari dell’utopista. Nel fare ciò, convergiamo su soluzioni immediate. Proteggiamo la complessità della foresta che impedisce agli agenti patogeni mortali di allineare gli ospiti e sferrarci un colpo diretto attraverso la rete di viaggio globale73. Reintroduciamo il bestiame e le diversità delle colture e reintegriamo l’agricoltura animale e delle colture su scale che impediscano agli agenti patogeni di aumentare in virulenza ed estensione geografica74. Permettiamo ai nostri animali da cibo di riprodursi in loco, riavviando la selezione naturale che consente all’evoluzione immunitaria di tracciare i patogeni in tempo reale. Quadro generale: smettiamo di trattare la natura e la comunità, così pieni di tutto ciò di cui abbiamo bisogno per sopravvivere, come solo un altro concorrente da sconfiggere sul mercato.
La via d’uscita non implica niente meno che far nascere un mondo (o forse più qualcosa tipo un ritorno alla Terra). Aiuterà anche a risolvere – maniche rimboccate – molti dei nostri problemi più urgenti. Nessuno di noi, bloccato nei nostri salotti da New York a Pechino o, peggio ancora, in lutto per i nostri morti, vuole nuovamente affrontare una tale epidemia. Sì, le malattie infettive, che per gran parte della storia umana sono state la nostra più grande fonte di mortalità prematura, rimarranno una minaccia. Ma dato il bestiario di agenti patogeni ora in circolazione – il peggiore spillover verrà fuori con cadenza annuale – affronteremo un’altra mortale pandemia in tempi molto più brevi rispetto alla pausa centenaria dal 1918. Possiamo regolare in forme un po’ più profonde le modalità con cui ci appropriamo della natura e arrivare a qualcosa di più di una tregua con queste infezioni?
[i]1 – Max Roser, Hannah Ritchie, and Esteban Ortiz-Ospina, “Coronavirus Disease (COVID-19)—Statistics and Research,” Our World in Data, accessed March 22, 2020.
[i]2 – Brian M. Rosenthal, Joseph Goldstein, and Michael Rothfeld, “Coronavirus in N.Y.: ‘Deluge’ of Cases Begins Hitting Hospitals,” New York Times, March 20, 2020.[i]3 – Hannah Rappleye, Andrew W. Lehren, Laura Stricklet, and Sarah Fitzpatrick, “’The System Is Doomed’: Doctors, Nurses, Sound off in NBC News Coronavirus Survey,” NBC News, March 20, 2020.
[i]4 – Eliza Relman, “The Federal Government Outbid States on Critical Coronavirus Supplies After Trump Told Governors to Get Their Own Medical Equipment,” Business Insider, March 20, 2020; David Oliver, “Trump Announces U.S.-Mexico Border Closure to Stem Spread of Coronavirus,” USA Today, March 19, 2020.
[i]5 – Max Roser, Hannah Ritchie, and Esteban Ortiz-Ospina, “Coronavirus Disease (COVID-19)—Statistics and Research,” Our World in Data, accessed March 22, 2020.
[i]6 Nassim Nicholas Taleb, The Black Swan (New York: Random House, 2007); Chen Shen, Nassim Nicholas Taleb, and Yaneer Bar-Yam, “Review of Ferguson et al. ‘Impact of Non-Pharmaceutical Interventions,’” New England Complex Systems Institute, March 17, 2020.
[i]7 NewTmrw, Twitter post, March 21, 2020.
[i]8 Rodrick Wallace, “Pandemic Firefighting vs. Pandemic Fire Prevention” (unpublished manuscript, March 20, 2020). Available upon request.
[i]9 Jonathan Allen, “Trump’s Not Worried About Coronavirus: But His Scientists Are,” NBC News, February 26, 2020; Deb Riechmann, “Trump Disbanded NSC Pandemic Unit That Experts Had Praised,” AP News, March 14, 2020.
[i]10 David E. Sanger, Eric Lipton, Eileen Sullivan, and Michael Crowley, “Before Virus Outbreak, a Cascade of Warnings Went Unheeded,” New York Times, March 19, 2020.
[i]11 Marisa Taylor, “Exclusive: U.S. Axed CDC Expert Job in China Months Before Virus Outbreak,” Reuters, March 22, 2020.
[i]12 Howard Waitzkin, ed., Health Care Under the Knife: Moving Beyond Capitalism for Our Health (New York: Monthly Review Press, 2018).
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[i]16 Jeva Lange, “Senegal Is Reportedly Turning Coronavirus Tests Around ‘within 4 Hours’ While Americans Might Wait a Week,” Yahoo News, March 12, 2020.
[i]17 Steph Sterling and Julie Margetta Morgan, New Rules for the 21st Century: Corporate Power, Public Power, and the Future of Prescription Drug Policy in the United States (New York: Roosevelt Institute, 2019).
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[i]20 Manli Wang et al., “Remdesivir and Chloroquine Effectively Inhibit the Recently Emerged Novel Coronavirus (2019-nCoV) In Vitro,” Cell Research 30 (2020): 269–71.
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[i]60 Katie Rogers, Lara Jakes, Ana Swanson, “Trump Defends Using ‘Chinese Virus’ Label, Ignoring Growing Criticism,” New York Times, March 18, 2020.
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[i]63 Sharmin Mossavar-Rahmani et al., “ISG Insight: From Room to Grow to Room to Fall,” Goldman Sachs’ Investment Strategy Group.
[i]64 Sharmin Mossavar-Rahmani et al., “ISG Insight: From Room to Grow to Room to Fall,” Goldman Sachs’ Investment Strategy Group.
[i]65 Wallace et al., “The Dawn of Structural One Health”.
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[i]72 Rodrick Wallace, Alex Liebman, Luke Bergmann, and Robert G. Wallace, “Agribusiness vs. Public Health: Disease Control in Resource-Asymmetric Conflict,” submitted for publication, 2020, available at https://hal.archives-ouvertes.fr.
[i]73 Robert G. Wallace, Kenichi Okamoto, and Alex Liebman, “Earth, the Alien Planet,” in Between Catastrophe and Revolution: Essays in Honor of Mike Davis, ed. Daniel Bertrand Monk and Michael Sorkin (New York: UR, forthcoming).
[i]74 Wallace et al., Clear-Cutting Disease Control.
[i]75 Wallace et al., “Industrial Agricultural Environments.”
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FONTE: https://www.infoaut.org/global-crisis/covid-19-e-i-circuiti-del-capitale