Di Renata Puleo, 19 marzo 2020
In questo periodo di grande paura, di confusione, di azioni resistenti, di necessità di pensiero critico, riprendo il tema della valutazione scolastica, leggendolo nel mutato scenario.
La confusione attiene, in ordine di priorità: alle notizie di tipo epidemiologico (che con la valutazione, in questo caso della ricerca scientifica, hanno a che fare); alle mosse dei governi europei molto impegnati sulla caduta delle borse e del PIL, insomma sulla tenuta del mercato globale (che sappiamo interessato al lavoro cognitivo e alla formazione dei soggetti di cui misurare le competenze da esso richieste); allo specifico campo del sistema di istruzione italiano in mano a un Ministero molto lontano ieri, e tanto più oggi, da una prestazione capace di rassicurare e di prestare davvero un ausilio, senza protervia. Ci tornerò più sotto. Indicherò i temi a punti fra loro tanto connessi da sovrapporsi, tenuti separati solo per semplicità di analisi.
INVALSI
1.1 L’Istituto ha avviato la tornata delle prove agli inizi di marzo, nella inconsapevolezza di quello che si stava preparando con l’epidemia e nonostante le critiche che hanno continuato a essere mosse sulla modalità censuaria, il computer based, la metodica di elaborazione dei dati e di restituzione delle prove. Per fortuna, la risposta delle scuole è stata molto bassa, prima che la macchina subisse un arresto inevitabile. La tetrarchia Ajello/Mazzoli/Ricci/Poliandri alla guida dell’Istituto, già solo per questo, dovrebbe “essere dimissionata”, mossa improbabile, visto che sembrano solo momentaneamente imbucati, in attesa di tempi migliori.
1.2 I docenti si sono divisi, come sempre, fra: i) ossessivi, che chiedono sui social cosa ne sarà della valutazione invalsiana a cui, per obbedienza servile, per convinzione, per ossequiosa delega agli esperti, hanno sempre aderito; ii) coloro che fanno della cautela una forma di saggezza, che conoscono tutte le pecche della valutazione standardizzata e rivendicano un’azione valutativa riportata nell’alveo della libertà di insegnamento. A ridosso di queste ampie classi (più variegate di come qui le divido) si muovono i Dirigenti Scolastici, anche loro presi da frenesie, da timori di esser lasciati soli, dalla constatazione che sono veramente soli, per funzione monocratica, per mancanza di indicazioni autenticamente tali, applicabili ai contesti.
1.3 Il MIUR sospende la tornata di prove obtorto collo (il grande decisore di questi giorni è il Covid), le esclude insieme ai PCTO dai requisiti per sostenere la maturità. Il 16 marzo, nel discorso sullo “Stato dell’Unione” la Ministra, irresponsabile dichiarata (“non rientra fra le mie competenze…”, del resto c’è l’autonomia no?) ribadisce il ruolo essenziale dell’INVALSI. Le indicazioni su questioni assolutamente inedite determinatesi con la metodica della didattica a distanza sono affidate ai Capi Dipartimenti del Ministero. Una letterina stucchevole del Capo Dipartimento della Task Force Emergenze Educative (sic), Giovanna Boda, precisa che il questionario diffuso nei giorni precedenti è un sondaggio solo esplorativo, per misurare le risorse in campo, mentre i commercianti di piattaforme private si sono già scatenati. Sempre pochi giorni fa ha girato una notiziola (poi sparita, non mi risulta ritirata in forma evidente) sull’assunzione di assistenti tecnici per implementare i laboratori informatici, insieme all’invito ad usare i 500 euro per attrezzarsi al lavoro a distanza. Ma tutto questo viene superato in retorica ed efficacia comunicativa da una nuova più autorevole nota a firma Marco Bruschi, Capo Dipartimento Sistema Educativo di Istruzione e Formazione, meritevole di una attenzione mirata che rimando a piè di pagina, il cui contenuto viene pedissequamente ripetuto – pari pari – dalla Ministra alla trasmissione di Giovanni Floris, DiMartedi del 17 marzo (nota MIUR 17/03/2020, allegata).
1.4 Le organizzazioni sindacali che si sono mosse, almeno le sigle di base, con l’indizione di sciopero nei giorni in calendario per le prove, sono state surclassate dalle revoche ad opera del Covid; una dichiarazione di qualche apertura verso un ripensamento della funzione del Servizio Nazionale di Valutazione la dobbiamo alla FlcCGIL, mentre siamo in attesa di un documento complessivo sulla materia, di cui – per ora – abbiamo solo notizie ufficiose (fra le proposte anche la ripresa degli argomenti del ricorso al TAR Lazio contro il Regolamento 80/2013)
1.5 Dalle parti della politica il silenzio è assordante, del resto il Parlamento su questo tema, mai davvero affrontato, è stato messo alle corde dal Covid e dall’azione del potere esecutivo.
VALUTARE.
Torno a una importante distinzione, come ho già segnalato a proposito di un altro tema (istruzione e formazione, competenza richiesta nei protocolli di autonomia differenziata), fra: A) valutazione di sistema, B) valutazione degli apprendimenti.
A) Nel primo caso: la struttura e l’organizzazione (F. Varela, 1987), la macchina, il cuore hard dell’istituzione scolastica oggi messo a durissima prova, date anche le carenze storiche (J. Scheerens, 2015/2018; Collettivo per l’Economia Fondamentale, 2018). Solo pochi esempi.
– ASPETTI STRUTTURALI: i) lo stato degli edifici trascurato fin dalla pubblicazione dei vecchi libri neri sulle condizioni di agibilità e di sicurezza; ii) la difforme – spesso vetusta – dotazione di attrezzature, anche di quelle oggi conclamate come essenziali (il digitale); le carenze di organici di tutti i profili. Insomma quelle condizioni che potremmo definire “livelli di prestazione essenziale”, quel contesto che l’Istituto INVALSI vorrebbe “depurare” perché possa essere valutato il Valore Aggiunto.
– 2) ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO, l’altro corno della coppia strutturale: i) con la sospensione delle lezioni, l’onere di aprire e mantenere il presidio; la partita del telelavoro degli amministrativi; l’adozione delle misure di “banca del tempo” per calcolare il recupero degli orari ridotti; ii) l’articolazione delle lezioni on line per tempi e modi, aspetti toccati dalla nota di Marco Bruschi.
B) Nel secondo caso, la valutazione degli apprendimenti, tutto si complica con la didattica a distanza. Valutarne gli effetti su insegnanti, famiglie, studenti e bambini sarebbe un utile impegno. Essa mette in mostra la “falsicabilità” delle sedicenti ricerche sul tema dell’apprendimento mediante tecnologia informatica. La didattica a distanza consta di un assemblaggio di azioni che nulla hanno di oggettivo ma godono della protezione di una sorta di validità teorica, ovviamente sempre confutabile (Habermas, 1981; Popper 1969). Confutabili tali azioni come del resto lo è ogni didattica, a qualsiasi livello, basata su dati empirici ricavati da esperienze non replicabili. Come commentava giorni fa un articolo di stampa, piuttosto fuori coro, il computer alimenta sogni onnipotenti di efficacia/efficienza (bassi sicuramente i costi per molto vantaggio ideologico) e millanta l’idea che l’algoritmo sia capace di lavoro tutoriale con l’allievo. Del resto milioni di studenti accedono già a corsi a distanza. Il lavoro di valutazione del loro impatto – la protezione teorica, dimostrazione dell’efficacia – è dovuta alla diffusione delle piattaforme e delle connessioni: una conferma tautologica. Il rischio concreto, ricordava ancora la giornalista, è confondere un insieme di supporti didattici, di materiali tecnici, con le strategie educative. (C. Pozzi, rivista <<7>> Corriere della Sera, 13/03/2020).
Paradossalmente viene a mancare l’aspetto legato alla necessaria esposizione reciproca dei corpi, della grana della voce non mediata, virata dalla macchina, tutti quegli aspetti affettivo, relazionali, emotivi a cui i ricercatori INVALSI (oltre tutta la gamma delle fondazioni, associazioni, aziende, ecc) sembrano tenere. Abbiamo parlato in più occasioni della gigantesca operazione sulle soft skills educate, indirizzate, strumentalizzate, fin dall’infanzia. A proposito di sentimenti, emozioni e apprendimento, poco si valuta l’importanza della stretta convivenza domestica obbligata dall’emergenza. Non tutte le case sono come quelle di Fiorello o di Amadeus. Mancano, in tantissimi appartamenti, gli spazi non solo per collegarsi e fare i compiti, ma molto spesso per un sano, questo sì, isolamento meditativo, riflessivo. Più nessun contatto, troppi contatti: un bel problema da affrontare nelle famiglie, fra conviventi. Come mi è stato fatto notare da un insegnante, un uomo, sono ancora le donne a reggere questo impatto, fra bambini, ragazzi, anziani, spesa, compiti, telelavoro, in fondo sempre di sotterraneo lavoro riproduttivo si tratta, abbinato – come accade già per molte categorie di persone – con lo smart working, di per sé invasivo del tempo personale anche quando sembra “intelligentemente organizzato”. Cos’è la valutazione degli apprendimenti in queste condizioni, cos’è la sua misura? Come applicare una scala di qualsiasi tipo a qualcosa che è, sia troppo pedissequamente controllabile (risposte giuste/sbagliate a domande secche), sia troppo opinabile senza necessaria valutazione del contesto di apprendimento?
Vengo ad un breve commento alla nota sulla didattica a distanza del Capo Dipartimento, Bruschi. Mentre scrivo, tutte le sigle sindacali ne hanno chiesto l’immediato ritiro, ma vale a maggior ragione conoscere il testo.
La forma è sostanza, dunque non inganni il tono amichevole (“Carissimi…”), lo stile è chiaramente performativo, non impone in forza di legge, modellizza comportamenti (“obbedisci! obbedisco!”). Una nota non rappresenta nella gerarchia delle fonti ministeriali una obbligazione, in questa non si citano neppure le norme (il Regolamento 80/2013, il Dlsg 62/2017), ma questo non sottrae, proprio per via della sua forma, alcuna potenza e vigenza agli adempimenti previsti. Anche perché questa la didattica a distanza è citata – indirettamente, per ragioni economico finanziarie – nei DPCM ultimo (18/03/2020), dunque resa ufficiale ope legis. Tralascio il richiamo alla deontologia professionale dei docenti – i doveri etici del fare scuola – i paragrafi sulla definizione dell’oggetto della nota, la questione del rispetto della privacy che deve evitare la profilazione degli attori, anche se sembrano precisazioni ad hoc per tranquillizzare le altre platee di lavoratori: gli insegnanti non sono in vacanza! Porto l’attenzione sui paragrafi dedicati alla progettazione e alla valutazione. Il tono si fa decisamente prescrittivo, la progettazione individuale (individuale, sottolineo) del lavoro didattico, nelle nuove linee del PTOF, deve essere “depositata agli atti” per il monitoraggio e la verifica a cura del Dirigente. Tutti gli organi collegiali, lasciati in ombra dalla legge 107, vengono coinvolti in un enorme insieme di funzioni. Il registro elettronico (mai diventato obbligatorio mancando i regolamenti sulla dematerializzazione) diventa lo strumento principe per una connessione sine tempora. Tale moltiplicazione di compiti da svolgere in telelavoro diventa ad un ad un tempo lavoro di aula (virtuale) e attività funzionale all’insegnamento. Il tutto senza quantificazione oraria rispettosa delle norme del CCNL e delle deliberazioni di inizio d’anno. Per fortuna, le OOSS se ne accorgono subito: nessuno ha chiesto pareri, interpretazioni, nessun tavolo di contrattazione è stato convocato. La modalità è quella di un esecutivo ministeriale che decreta a margine dei decreti del Governo, con poteri pieni, conditi con retorica paternalistica (la chiusa su uno degli aforismi di Publilio Siro è il colpo di scena!). Alla valutazione è dedicato uno scarno paragrafetto, anche questo nella sua piaggeria quasi ridicolo: si ricorda all’insegnante la differenza fra valutazione in itinere (formativa) e finale, la corretta gestione dell’errore, la necessità di dare agli allievi un ritorno sul lavoro svolto. Il nodo su come verrà gestita una sospensione sine die e la chiusura dell’anno scolastico, non viene sciolto. Cosa andrà rimandato a settembre? Tutti promossi in una inedita formula di “sei politico”? E gli esami di fine ciclo? La maturità, continuamente riformata in questi anni, come verrà gestita? Ancora un “ci stiamo pensando” da parte della Azzolina, nell’intervista su citata! Il valore legale del titolo di studio, oggi così implicato nell’operazione di “valutazione delle competenze”, subirà il tracollo vagheggiato da chi osteggia la scuola pubblica?
Prima che Bruschi e compagnia superino di nuovo se stessi, sulla valutazione vale quel che è stato scritto nei paragrafi precedenti, la verifica del lavoro la farà la logica della macchina unita al controllo occhiuto del dirigente e del suo staff. Fuor di retorica è forse arrivato il momento di rinominare – in un nuovo ordine simbolico – la comunità educante. Ad essa, Maestri e Allievi, adulti e creature piccole, andrà restituita la valutazione dell’apprendimento, come forma di cambiamenti evolutivi, frutto di modalità condivisa, nella divisione necessaria dei ruoli. Un modo diverso di coniugare l’effetto di ritorno, che volutamente non chiamo feedback, termine troppo inquinato e tanto ossessivamente caro ai valutatori di stato.
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FONTE: https://genitoreattivo.wordpress.com/2020/03/19/la-valutazione-ai-tempi-del-covid-19/#more-6449