17 ottobre 2020
Ad un mese dall’inizio delle scuole la situazione del mondo della formazione italiana è già al collasso.
Come sapevamo da mesi i flussi di milioni di studenti e studentesse per tutto lo stivale avrebbero rappresentato una dinamica favorevole alla diffusione del Covid-19.
La perdita pressoché totale della seconda parte dell’anno scolastico scorso aveva imposto all’attenzione della politica e del dibattito pubblico l’urgenza di intervenire con piani dettagliati per la ripresa dell’anno scolastico 20-21 dalle materne all’università.
Tanto se n’è parlato che poco si è fatto, e i risultati sono davanti agli occhi di tutti: interventi di edilizia scolastica straordinaria fatti di fortuna, spazi assenti, protocolli inapplicabili, cronica assenza di personale docente divenuta una voragine di disorganizzazione, contagi in salita e le prime chiusure (si veda la Campania dello sceriffo pagliaccio De Luca).
L’esecutivo continua con la retorica della piaga inarrestabile ed imprevedibile, invocando costantemente la responsabilità individuale come parametro di giudizio del peggioramento della crisi sanitaria.
Le responsabilità dell’esecutivo sono invece piuttosto evidenti e hanno più origini.
La più grave e centrale è quella legata alla gestione delle risorse. Come sappiamo la scuola e l’università pubblica sono settori martoriati da 30 anni di continui tagli, composti da spazi obsoleti con crescenti quote di lavoro precario e ricordiamolo mal retribuito a tutti i livelli. Con un paese scosso dal blocco della formazione e della cultura quanti soldi sono stati investiti quest’anno? Briciole.
Ci hanno tormentato con i banchi monoposto! Diciamolo che è un’idiozia rispetto alla complessità dei problemi legati al Covid. Le Regioni hanno speso qualche centinaio di milioni per l’edilizia mentre il Ministero, preoccupato su dove si dovesse misurare la febbre, giocava la partita del decennio: assumere qualche insegnante, sia mai servissero.
Qui è necessario spendere qualche parola sulla Ministra dell’Istruzione. La Azzolina, con la quale si sviluppa una certa empatia alla luce degli schifosi attacchi sessisti alla quale è settimanalmente sottoposta, si è confermata al pari dei suoi predecessori incapace di pretendere RISORSE, intrappolata nei suoi deliri meritocratici, perennemente impegnata a difendere il suo operato fatto di slogan che inseguono il dibattito più pop.
L’idea che chi concorre per ottenere un posto nella scuola pubblica sia uno sfigato furbo approfittatore non nasce oggi. Sono anni che si attacca la categoria con la favola delle 18 ore a settimana, dei tre mesi di vacanze, della gente che suda e questi a leggere il giornale in classe ecc ecc.
Queste menzogne, miscela ottima per giornali, televisioni e politica, si sono rapidamente trasformate nel delirio meritocratico dei 5stelle. I nostri figli si meritano insegnanti di qualità tuona la Ministra in diretta da Mentana.
Come se gli insegnanti di oggi facessero schifo e il problema non fossero le migliaia di posti ancora vacanti o la voragine del mondo del sostegno, settore appaltato al privato a causa dei continui rinvii nell’assunzione di personale formato e preparato all’accompagno delle disabilità.
La ministra dice che i titoli non bastano, i titoli sarebbero le lauree prese all’università, sommate ai crediti aggiuntivi per ottenere una classe d’insegnamento, alle quali bisogna aggiungere i 24 crediti formativi pedagogici del FIT, più esperienza pregressa come supplente. Insomma non carta straccia ma anni di sacrifici e costi da sopportare.
La qualità dovrebbe essere certificata da test concorsuali nozionistici, questa è la grande trovata dei 5S.
Quindi, nonostante l’emergenza nessuna assunzione per titoli e si è in attesa del concorso straordinario per circa 30 mila posti, e poi ci sarà il concorso ordinari per un numero di posti che non è dato sapere. In un settore ‘chiuso’ con previsioni certe di utenti e personale necessario non è dato mai sapere quanti insegnanti servano in Italia. E’ sempre stata la lotteria di settembre.
Se possibile, con la pandemia, l’estrazione ha fatto più schifo del solito.
Nel frattempo tanti che parteciperanno al primo e al secondo concorso già lavorano nella scuola, da precari, in un contesto oggettivamente pericoloso a causa del Covid, e comunque mancano i docenti.
Oggi sulle colonne di repubblica, uno dei loro pennivendoli di punta parla addirittura dell’assenza di insegnanti causata dal reddito di cittadinanza. Articoli che fanno ben capire l’idea che un certo tipo di società porta avanti rispetto alla scuola.
Siamo a metà ottobre, e il tema dei banchi monoposto e dei concorsi dell’Azzolina, sono stati sostituiti dal ben più pressante dibattito del tenere aperte o chiuse le scuole.
Tutti quelli che non hanno un ruolo al riguardo gridano allo scandalo vergognoso della mala gestione, la Ministra Azzolina e Conte come da copione difendono il proprio operato, nel frattempo stretti tra politiche vessatorie e virus milioni di lavoratori e lavoratrici della scuola tengono duro e svolgono una funzione imprescindibile nella società.
Il virus c’è, la parziale e classista didattica a distanza anche, il fallimento dell’anno scolastico 20-21 non sembra così lontano.
Ps: 404 Università italiana not found.
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FONTE: https://www.infoaut.org/saperi/la-scuola-e-di-fatto-al-collasso