Lockdown. Una parola dal suono minaccioso che in italiano potrebbe tradursi con “isolamento”, “chiusura”. Definisce un protocollo di emergenza questa volta avviato dalle autorità per far fronte alla crisi sanitaria, che impedisce alle persone di muoversi liberamente da un posto all’altro.
Durante questi mesi di chiusura forzata, la possibilità di interagire con gli altri e di stare insieme è automaticamente venuta meno. Siamo stati costretti nelle nostre abitazioni, per chi ne ha una, vincolati nel poter frequentare solo chi viveva sotto il nostro stesso tetto. Molti di noi si sono trovati ad affrontare una nuova quotidianità tutta da reinventare: alcuni hanno dovuto cercare nuovi modi per sopravvivere, dopo la perdita del lavoro o in attesa
della cassa integrazione, altri si sono scontrati con una grande quantità di tempo a disposizione, spesso con la preoccupazione di trovare modi per impiegarlo. In entrambi i casi, il lockdown ci ha costretti a confrontarci, tra le altre cose, anche con un senso di solitudine e abbandono.
La solitudine e il senso di isolamento non sono figlie del Covid; semmai il Covid e la quarantena non hanno fatto che ampliare e rendere palesi alcune caratteristiche strutturali della società in cui viviamo. Questa condizione ha fatto emergere la povertà dei rapporti telematico-virtuali e del modo in cui siamo sempre più abituati a vivere le relazioni interpersonali, facendo sentire ancora più forte il bisogno di relazioni concrete. Il mondo in cui viviamo ci offre un quantitativo infinito di soluzioni massificate e di consumo per le nostre individuali esigenze, mentre noi vorremmo vivere in un mondo che sostiene e incoraggia lo scambio reale tra persone di diversa età e provenienza, sia sociale sia geografica. Che intende lo scambio come un valore arricchente e non come un limite. Vogliamo rapporti liberi, collettività, dove le decisioni possano essere prese insieme, ascoltando e supportando le necessità di tutti, mantenendo vivo un senso critico verso ciò che ci circonda.
Per evitare che il ritorno alla normalità ci catapulti nuovamente dentro le briglie di una società individualista ed egoista, dove ciascuno è indotto a bastare a se stesso nel soddisfare le proprie esigenze, sentiamo il bisogno di sperimentare un modo altro di stare insieme.
Durante i mesi di isolamento forzato abbiamo sentito forte la mancanza di uno spazio che potesse fare da catalizzatore per chi volesse praticare la solidarietà sotto svariate forme, da quella economica a quella abitativa. In generale a Saronno la mancanza di spazi aggregativi e sociali è cronica: non si muove nulla che
non sia frutto del profitto di pochi. Anche in quest’ottica, alla luce delle sempre più pressanti speculazioni edilizie, prendersi uno spazio significa sottrarlo a ciò che quotidianamente ingrigisce le nostre vite. Chiunque voglia varcare la soglia di questo spazio, potrà portare nuove idee e nuovi progetti, la cui realizzazione sarà discussa in un’assemblea circolare, e le decisioni verranno prese in maniera orizzontale.
Viviamo in una zona ad altissima densità abitativa, e pur essendo Saronno a tutti gli effetti diventata una città dormitorio, il circondario è costellato di fabbriche e snodi importanti per la logistica, in cui i lavoratori subiscono il ricatto di un salario infimo e condizioni di sicurezza inesistenti. Vorremmo che questo spazio possa forgiarsi giorno dopo giorno insieme alle persone che lo attraverseranno, con le loro esperienze. E che quindi possa essere uno spazio di incontro e commistione tra quella sempre più ampia fetta di persone che risulta esclusa dai privilegi di questa società. Sarà pertanto uno spazio mutevole, in continuo cambiamento, dove tutto verrà costantemente messo in discussione, favorendo un percorso di crescita collettivo.
In tempi imprevedibili come questi tutto può cambiare improvvisamente, non sappiamo cosa accadrà nei prossimi mesi, la crisi sanitaria potrebbe riscoppiare, quella economica è la luna celata dietro il dito. Ma siamo pronti a scommettere sul fatto che unendoci saremo più forti e più pronti a rispondere colpo su colpo all’attacco dell’economia e dello Stato alle nostre vite, un attacco che si protrae da tempo immemore e che antepone profitti e guadagni alla vita delle persone.
Non ci resta che iniziare, pronti?
Collettivo Adespota – Saronno