2 luglio 2020, da https://it.crimethinc.com/2020/07/02/la-zona-libera-da-sbirri-riflessioni-dagli-esperimenti-di-autonomia-negli-stati-uniti
La zona libera da sbirri non è un quartiere particolare, una rotonda o un parcheggio. È l’impegno condiviso nel difendere uno spazio ed eliminare le dinamiche della Polizia e della supremazia bianca. Nel seguente testo, analizziamo le esperienze di alcune persone che cercano di creare zone autonome libere dai poliziotti in diverse parti degli Stati Uniti. Ieri la Polizia di Seattle ha sfrattato la Capitol Hill Autonomous Zone (CHAZ), nota anche come Capitol Hill Organized Protest (CHOP), ponendo fine a un esperimento di autonomia che si stava protraendo da tre settimane, ispirando creatività e tragedie strazianti. Eppure, la leggendarietà di questo spazio si è diffusa in tutto il mondo, ispirando azioni solidali in luoghi lontani Tokyo e ispirando tentativi di emulazione da Portland a New York e Washington, DC.
Per una panoramica sulla storia dell’occupazione di Seattle, potresti iniziare da qui.
Introduzione: domande sull’autonomia
Stabilire una zona libera da sbirri è una dimostrazione di forza, sia che duri per una sola sera sia che si protragga per anni. Può espandere sensibilmente l’immaginazione popolare: proprio come l’abolizione della Polizia era impensabile fino a quando la rivolta di Minneapolis non ha dimostrato che i manifestanti potevano sconfiggere gli agenti in un confronto aperto, anche la zona autonoma più temporanea può consentire alla gente di ripensare le loro convinzioni sulla polizia. Soprattutto, una zona liberata offre uno spazio dove ricordare ed essere in lutto. Proprio come, nel 2011, Occupy Oakland ribattezzò la piazza che occupava in onore di Oscar Grant, le attuali zone libere da sbirri sono servite da monumenti per commemorare coloro le cui vite sono state prese dalla violenza della Polizia, ospitando installazioni artistiche partecipative mozzafiato. A oggi, negli Stati Uniti, le più importanti attività artistiche e gli spazi di aggregazione per la comunità si ritrovano in questi luoghi.
Allo stesso tempo, quando i poliziotti sono ancora così potenti e la classe dirigente che servono si sta arrampicando sugli specchi per legittimarli agli occhi del popolo, la creazione di una zona libera da sbirri comporta sfide e rischi. In risposta all’improvvisa popolarità dell’abolizione della Polizia, lo Stato ha l’urgenza di creare degli spettacoli che diano l’impressione che l’abolizione della Polizia sia ancora più raccapricciante della perdurante violenza della stessa.
Cercare di controllare un territorio prestabilito ci mette sulla difensiva, trasformandoci in bersaglio immobile che può essere aggredito da suprematisti bianchi e altri. Questi attacchi possono andare da vere e proprie sparatorie, come nel caso dell’ esperienza descritta da DeJuan Young a Seattle, alla campagna palesemente disonesta che Fox News ha perpetrato contro quell’occupazione. Allo stesso tempo, Polizia e altri attori statali cercano di far confluire la violenza e l’attività antisociale in aree non sottoposte al loro controllo per screditare chi vi abita. In Grecia, questa tattica è stata a lungo utilizzata contro quei quartieri ingovernabili come Exarchia e le zone autonome nelle università greche.
Non è detto che il controllo di un determinato spazio ci consenta di interrompere quei processi che causano la violenza antisociale utilizzata dalle autorità per giustificare la sorveglianza. La proposta di abolire la Polizia non è solo una proposta per tagliare i fondi a un’istituzione particolare ma quella di revisionare tutta la nostra società, abolendo le disparità che rendono la Polizia necessaria per mantenere l’ordine prevalente. All’interno di una zona autonoma, possiamo dar prova dell’economia del dono e di altri modelli di mutuo aiuto ma ciò non basterà a proteggere i partecipanti dalle pressioni del capitalismo e della supremazia bianca, che sono tenuti a perpetuare un processo di destabilizzazione delle nostre relazioni fino a quando non potremo attuare il cambiamento sociale.
Ciò non significa che dovremmo abbandonare il linguaggio dell “autonomia” in favore dell’”occupazione” o dell’”organizzazione,” come sostenuto da qualcuno. Piuttosto, dobbiamo diffondere un diverso modo di comprendere l’idea di autonomia. Per come la vediamo noi, essere autonomi non significa amministrare una zona giuridica indipendente nello stesso modo in cui lo fa lo Stato; piuttosto, l’autonomia è legata all’influenza che tutti i partecipanti hanno in un ambiente su ciò che sono in grado di fare e sperimentare in esso. In questo senso, l’autonomia non è la proprietà di uno spazio fisico definito ma una qualità di una rete di relazioni.
“Autonomia… non significa necessariamente soddisfare tutte le tue esigenze in modo indipendente; potrebbe anche voler dire che quel tipo d’interdipendenza ti dà un vantaggio sulle persone dalle quali dipendi. Nessuna singola istituzione dovrebbe essere in grado di monopolizzare l’accesso alle risorse o alle relazioni sociali. Una società che promuove l’autonomia richiede ciò che un ingegnere chiamerebbe ridondanza: una vasta gamma di opzioni e possibilità in ogni ambito della vita.”
Far convergere il potere su una zona autonoma verso un’unica direzione o struttura decisionale è una responsabilità, non un vantaggio. Di solito, i monopòli al potere avvantaggiano che è relativamente privilegiato, chi è meglio attrezzato per ricorrere a contesti di legittimità per porsi in una situazione favorevole, mentre chi si trova dalla parte sbagliata delle disparità di razza e classe è spesso escluso anche quando si suppone che questi contesti dovrebbero emanciparli. Se il nostro obiettivo è di abolire la supremazia bianca, la nostra massima priorità dovrebbe essere quella di sostenere le voci e le azioni delle persone nere, latine e queer con meno diritto di voto, non seguire la guida di chi già beneficia di uno status di qualche tipo. Allo stesso modo, troppa enfasi sull’unità tende a limitare a un minimo comun denominatore sia la tattica sia gli obiettivi a lungo termine, minando la diversità e l’imprevedibilità che, in primo luogo, consentono ai movimenti di stabilire zone autonome.
Tutte queste considerazioni suggeriscono che, anche se il nostro obiettivo è semplicemente di mantenere un determinato spazio fisico, dobbiamo far sì che, in tutta la società, la priorità sia data allo svolgimento di attività offensive in grado di tenere i nostri avversari sulla difensiva, investendo energia nelle attività che alimentano movimenti e spazi anziché concentrarsi sulla difesa di determinati confini. Dovremmo vedere gli spazi occupati come un effetto dei nostri sforzi anziché come la causa centrale intorno alla quale ci raduniamo.
Altri movimenti hanno già affrontato queste domande in passato. Possiamo imparare molto dal movimento di squatter in Europa, dal Movimento sem Terra (MST) in Brasile, dal movimento Occupy negli Stati Uniti e da altri in tutto il mondo. Nel peggiore dei casi, l’incomprensione dello spazio autonomo come territorio fisico anziché come relazioni e coraggio che lo sostengono può portare alcuni partecipanti a fare disastrosi compromessi con le autorità, nella speranza di essere autorizzati a conservare quel territorio. Infine, la creazione e la difesa di zone libere da sbirri ci obbliga a sviluppare una solida analisi su cosa sia la sorveglianza della Polizia al fine di assicurarci di non replicarla. La misura in cui noi stessi potremo risolvere il conflitto in questi spazi sarà uno dei fattori più importanti nel determinare se potremo aggrapparci a essi e portare alla luce un modello di autonomia che merita di diventare contagioso. Non dovremmo confondere la nostra capacità di difendere le zone libere da sbirri con la possibilità di impiegare forze letali al pari di quelle della Polizia. Se commettiamo quest’errore, rischiamo di riprodurre le dinamiche dei sistemi di Polizia esistenti e quelli che subiranno le conseguenze peggiori saranno probabilmente i giovani neri.
“Dovremo trovare soluzioni reciprocamente soddisfacenti o altrimenti subire le conseguenze del conflitto in corso. Questo ci incoraggia a prendere sul serio le esigenze e le percezioni di tutti e a sviluppare abilità con cui disinnescare la tensione. Non è necessario che tutti siano d’accordo, ma dobbiamo trovare dei modi per differenziarci che non producano gerarchie, oppressione e antagonismo inutili.”
- Dalla democrazia alla libertà (https://it.crimethinc.com/books/from-democracy-to-freedom)
A tal proposito, la prima linea difensiva della zona libera da sbirri non è la forza violenta con cui viene difesa ma i modi in cui i partecipanti modificano la cura in forza trasformativa.
Resoconti da zone libere da sbirri
Nei seguenti resoconti da New York, Portland e altre aree degli Stati Uniti, i partecipanti a zone autonome riflettono sulle proprie esperienze.
New York: City Hall Autonomous Zone
Lunedì sera [29 giugno], mi sono diretto verso l’occupazione presso il Municipio, aspettandomi uno sgombero. Avevo programmato di passare lì la notte. Sapevo che avrebbe potuto significare non dormire.
Diversi cortei stavano convergendo sulla piazza contemporaneamente. La sezione del parco circondata da barricate della Polizia e piena di manifestanti era molto più grande di Zuccotti Park, il sito di Occupy Wall Street. Tuttavia, la folla in rapida crescita non poteva stare tutta in quello spazio. Abbiamo dovuto espanderci.
All’inizio, il piano migliore sembrava addentrarci nel parco. L’estremità meridionale era sorvegliata solo da alcuni poliziotti che si aggiravano ai suoi margini. Riversarsi in quella direzione avrebbe potuto comportare un piccolo scontro ma avremmo potuto sicuramente vincere. Tuttavia, le persone preposte alle barricate nella zona sud erano titubanti all’idea di spostare la linea. Anziché litigare, la gente decise di imboccare il percorso della minor resistenza e si riversò nelle strade all’angolo nord-est. Prendere Centre Street ha significato bloccare l’accesso in auto al Ponte di Brooklyn. Essersi impossessati di Chambers Street ha dato ai manifestanti l’opportunità di riempire il tribunale di graffiti. L’espansione verso le strade ha assicurato che, nel bene o nel male, ci fosse un conflitto. Tenendo in considerazione quanti eravamo, avremmo potuto facilmente mantenere lo spazio, almeno fino al mattino presto. A quel punto, la maggior parte della gente se ne sarebbe andata e i poliziotti avrebbero potuto fare tranquillamente irruzione. Questo risultato era dolorosamente palese.
Tuttavia, stava accadendo a prescindere. Mi misi subito al lavoro cercando di fare il possibile affinché l’espansione dell’occupazione riuscisse.
Gli occupanti si sono radunati su Chambers per un dibattito improvvisato in strada. A un certo punto, numerose discussioni collettive, presentazioni e assemblee si svolgevano contemporaneamente. Dei tavoli che erano stati portati sull’incrocio sono stati riempiti di pizza gratis. Dopo mesi di disordini, la maggior parte di Lower Manhattan straripava di barricate controllate dalla gente. Queste e i materiali edili rinvenuti in zona sono stati rapidamente riutilizzati per rafforzare la nostra presenza nell’area.
In tutto il parco, la gente condivideva cibo, vestiti, dispositivi di protezione individuale, lenzuola e altri beni di prima necessità. C’erano refrigeratori per bevande ordinati ed etichettati: acqua, acqua frizzante, succo, Gatorade. Una stazione di ricarica per cellulari alimentata da un generatore ha fatto sì che chi si trovava lì rimanesse più a lungo, restando in comunicazione con il resto del mondo. Una biblioteca gratuita – senza sanzioni per il ritardo – strabordante delle parole dei rivoluzionari e dei poeti neri è stata istituita in poco tempo. Entro il 1° luglio, l’occupazione offriva anche test gratuiti per il COVID-19. Sono rimasto sorpreso dalla rapidità e dalla competenza di coloro che si sono uniti per costruire infrastrutture efficaci. A un certo punto, ho sentito qualcuno chiedere come fare per aiutare con la distribuzione del cibo. Un volontario ha risposto che si poteva andare dietro il tavolo per distribuire la pizza, e così è stato fatto.
Quando di notte, verso le 2.30, le tensioni con la Polizia si sono inasprite, ho chiesto agli addetti al tavolo dei rifornimenti ogni ombrello in loro possesso. Intendevo distribuirli tra coloro che si trovavano in prima linea per difendersi dallo spray al peperoncino. Gli addetti alle consegne erano così calmi e raccolti. Ricordo d’aver desiderato avere il loro livello di equilibrio mentale sulle barricate.
Con il calar delle tenebre, la folla ha cominciato a chiudersi in se stessa. Nonostante le barriere circondassero l’accampamento da giorni e notti, un paio di persone ha improvvisamente deciso che, invece di dissuadere i poliziotti dal caricare, queste stavano mettendoci in trappola. Dicevano cose come “Dobbiamo creare una via di fuga” o “Le barricate danno alla polizia una scusa per fare un raid nel parco.” In realtà, gli agenti avevano tutte le scuse di cui avevano bisogno per evacuare il parco, barricate o no, e il NYPD non ha mai aspettato di avere una scusa per attaccarci. Le barricate impediscono ai poliziotti di correre a effettuare arresti casuali. Le barricate non provano dolore quando vengono colpite con i manganelli. Le barricate non devono essere fatte uscire di prigione.
Per quanto riguarda la questione delle vie di fuga, ricorda, ogni uscita è anche un’entrata. Poiché l’obiettivo previsto dell’occupazione è di mantenere lo spazio anziché essere mobili, ha senso avere un perimetro solido su tutti i lati. Sì, i perimetri saranno i punti di conflitto. Sarà sempre così, non importa quanto grande o piccolo possa essere lo spazio. La geometria ci mostra che più grande è l’area occupata, più poliziotti ci vorranno per circondarla. La vastità della zona autonoma del Municipio è ciò che consente a un piccolo gruppo di difendersi durante la notte. Mercoledì mattina sul presto, gli agenti hanno impiegato due ore per smantellare le barricate non custodite. Se la gente avesse scelto di lasciare il parco mentre la Polizia stava attaccando, sarebbe occorso parecchio tempo per far uscire tutti dall’altra parte.
Abbiamo visto questo spettacolo lunedì notte (martedì mattina). Mentre qualcuno smantellava le barricate sul lato nord-est del parco, i manifestanti rinforzavano quelle sul lato nord-ovest. File di sbarramenti erano sparse per la strada e collegate l’una all’altra in un blocco compatto. Nonostante i numerosi tentativi, i poliziotti non sono stati in grado di attraversare il lato nord-ovest fintanto che era protetto dai manifestanti. Eppure, mentre la gente stava dipingendo il volto ora iconico del tribunale, gli agenti sono entrati attraverso il buco a nord-est e hanno potuto compiere degli arresti. Fortunatamente, sono stati respinti rapidamente al limitare del parco, dove avevano atteso il sopraggiungere delle prime ore del giorno affinché le nostre fila diminuissero di numero. Di prima mattina si sono riversati in tutto il parco passando per la zona nordorientale. Ciò dimostra l’importanza delle barricate per mantenere lo spazio e tenerci al sicuro.
Siamo onesti: la City Hall Autonomous Zone non è altro se non caos. Sin dal primo giorno, gli organizzatori hanno avuto discussioni animate con i megafoni, per non parlare di tutte le altre discussioni in corso. Questo è prevedibile con un insieme così diversificato di obiettivi e ideologie. Alcuni anarchici archiviano l’occupazione come prodotto del complesso industriale noprofit. È stato anche detto che alcuni degli organizzatori originali avessero stretto un accordo verbale con la polizia secondo il quale sarebbero potuti rimanere fino al 1° luglio se fossero rimasti tranquilli e se ne fossero andati subito dopo. Inutile dire che abbiamo oltrepassato quel punto.
Pur non essendo assolutamente d’accordo con la proposta di eliminare le barricate, mi è sembrato meglio non litigare sulla questione. È sia una benedizione sia una maledizione che nessun condizionamento regni sull’occupazione. L’atmosfera al NYCHAZ è tale che alcuni manifestanti possono collegarsi con zoom e applaudire i politici, mentre altri dipingono ACAB sui tribunali del centro e ammucchiano materiali edili lungo le strade. Ogni cosa ha il suo tempo e il suo posto. Se alcune tattiche o idee non prendono piede a un’estremità del parco, ci sono buone probabilità che lo facciano ancora dall’altra parte. Le dinamiche della folla cambiano sempre. Se si prova qualcosa e non si ottiene la reazione desiderata, si prova qualcos’altro o si aspetta un po’ e poi si riprova. Lunedì sera la gente litigava per le barricate. Entro martedì stava rinforzandole e costruendo ripari all’interno del parco.
La verità è che la New York City Hall Autonomous Zone — NYCHAZ — è di gran lunga la cosa più conflittuale che stia verificandosi in questo momento a New York. Se fosse solo un accampamento di frange radicali con anni di esperienza e politica impeccabile, sarebbe molto più piccolo e molto meno interessante. La bellezza è il processo, non l’occupazione. Sebbene la Polizia abbia ripulito con successo le strade dalle barricate dopo parecchie notti di scontri, non possono cancellarle dalla memoria di tutti coloro che vi hanno preso parte. Ciò che sta accadendo ora produrrà una nuova generazione di radicali, proprio come Occupy fece un decennio fa. Intere moltitudini di persone possono imparare così tanto in poche notti. Qualcosa può essere comunicato online; nella maggior parte dei casi, non puoi far altro che essere lì.
Mercoledì mattina. La mia seconda notte consecutiva di barricate e di rinuncia al sonno. Sono in piedi con amici e sconosciuti che, stringendosi l’un l’altro, spingono contro gli scudi dei poliziotti. Per la seconda notte di fila ho la semicertezza che saremo tutti arrestati. Allo stesso modo, non c’è altra scelta se non quella di tener loro testa e resistere. Dopo ore di scontri, spray al peperoncino e percosse, gli agenti ricevono finalmente l’ordine di ritirarsi. Sono sopraffatto da sollievo e adorazione per tutti coloro che hanno scelto di passare la notte qui.
Ci prendiamo un momento per stringerci nei festeggiamenti, un momento per bere acqua. Sono circa le 9 del mattino. Mi cambio e lascio il parco con una coppia di amici, sperando di dormire un po’ prima di tornare.
Poche ore dopo, uno di loro mi manda un messaggio: “È bello essere vivi.”
Rapporto dalla zona X
Quel che segue è un resoconto in prima persona di ciò che chiameremo Zona X. Zona X è un nome inventato per un luogo reale senza nome; per rispettare l’opacità di questo spazio, i dettagli chiave saranno sfocati. La Zona X è una zona libera da sbirri da qualche parte negli Stati Uniti. Si trova in un sito in cui un edificio è stato incendiato dopo che un uomo nero è stato assassinato. La Zona X funge sia da monumento ai caduti sia da luogo di ritrovo – un’area della città in cui la Polizia non può far rispettare la Legge e l’Ordine e con cui non può negoziare.
Per me, è iniziato così. Siamo arrivati sul posto meno di un’ora dopo l’omicidio. Il nostro compagno aveva assistito a tutto e ci aveva reso partecipi di ciò che era successo esattamente. Per fortuna, il nostro compagno se l’era cavata senza problemi.
Quando siamo arrivati, abbiamo trovato una piccola folla arrabbiata di fronte a un cordone di agenti. La folla era composta soprattutto da neri, un riflesso del quartiere in cui era avvenuto l’omicidio. La gente urlava contro gli sbirri e contro il Procuratore distrettuale usciti per calmare le persone che, dopo aver parlato tra loro di ciò che era accaduto, sono rimaste in strada fino a tardi. Il giorno dopo, il sito è rimasto quasi sempre affollato; al tramonto, gli sbirri sono stati costretti ad abbandonare la zona a causa di quelli che lanciavano bottiglie e ne attaccavano le auto. Dopo aver sparato lacrimogeni e granate stordenti, gli sbirri si sono ritirati dietro una nuvola di fumo. Pur avendo abbandonato scena, sono rimasti appostati lungo un’autostrada vicina con autoblindo, veicoli della SWAT, fai tu.
Poco dopo che gli agenti si erano ritirati, si è formato un corteo che ha invaso l’autostrada e bloccato il traffico. Col senno di poi, questo è stato un momento decisivo. La gente ha chiuso la superstrada e bloccato il traffico e poi, com’era prevedibile, 30 minuti dopo, gli attivisti muniti di megafoni si sono rivolti alle persone dicendo loro di “unire le braccia,” “prepararsi a essere arrestati,” tutto ciò che so, significa “non è questa la chiave.” La mia squadra è uscita dall’autostrada. Il flusso del traffico è stato fermato per un momento mentre chi si trovava sulla superstrada ci rendeva omaggio – ma rimanere lì troppo a lungo significa solo creare traffico e noi dobbiamo essere acqua. Non appena siamo usciti dalla superstrada, abbiamo superato altri pacificatori con megafoni, lasciandoli al loro angolo su una rampa d’accesso.
Siamo scesi fino al luogo dove era avvenuta la sparatoria della sera precedente. Quello era il luogo della lotta. Non c’era nessuno che cercasse di placare o neutralizzare, solo una massa eterogenea di persone che desiderava una cosa soltanto: radere a terra quell’edificio. È interessante notare che l’unica ragione per cui la folla è stata in grado di attaccare lo stabile in pace è perché tutti gli attivisti e le ONG erano concentrati sulla superstrada, a una certa distanza da quella che sarebbe diventata la Zona X.
Il primo passo per creare la Zona X è stato distruggere l’edificio. I media sono stati costretti a ritirarsi dall’area quando questo ha preso fuoco. La folla ha fermato un medico esterno che cercava di spegnere l’incendio. Mentre l’edificio stava andando a fuoco, uno sbirro ha cercato di liberare le strade di fronte alla Zona X guidando in modo pericoloso attraverso la strada dove si erano radunate decine di persone. Il suo obiettivo era di aprire un varco per i camion dei pompieri ma il suo tentativo ha fallito perché l’autopattuglia è stata ripetutamente attaccata con dei mattoni. Dopo aver girato per un po’, è stato costretto a ritirarsi. Mentre abbandonava la scena, sono apparsi le autopompe; anche loro sono state bloccate da un gruppetto di persone con le braccia unite che rifiutavano di muoversi. I conducenti sono stati costretti a invertire la marcia.
A questo punto, un’imponente folla turbolenta si è separata per unirsi a un corteo militante guidato da Afroamericani e diretto verso un Distretto di Polizia nei paraggi. Quel giorno, i poliziotti erano stati bloccati sull’autostrada e in altre zone della città e ora una nuova formazione stava dirigendosi in un quartiere vicino, facendo distogliere loro ulteriormente l’attenzione. Nel frattempo era calato il buio, ma ciò non ha impedito a qualcuno di continuare a marciare con i propri figli. Il corteo è stato sorvegliato da barricatori e lanciatori di pietre che hanno attaccato i poliziotti quando hanno tentato di sparare sulla folla. Non appena la gente arrivò al Distretto di Polizia, emersero divisioni legate al fatto se “presentare un rapporto collettivo della polizia” o “fare casino” mentre i detentori del megafono mettevano in guardia la folla sugli “agitatori.” Neanche questo ha funzionato poiché i poliziotti hanno iniziato a sparare lacrimogeni e granate stordenti e la gente ha risposto tirando bottiglie e pietre, lanciando razzi e utilizzando laser.
Questa marcia dalla Zona X al Distretto ha fissato le coordinate geografiche della rivolta dei due giorni successivi, con una serie di cortei che si spostavano in diverse località nell’area.
La Zona X è una manifestazione armata quasi interamente gestita da Afroamericani. Proprio a causa del suo essere armato, liberali e ONG, organizzatori ufficiali del BLM (Black Lives Matter), politici, manifestanti e altri attivisti evitano in gran parte lo spazio. Alle agenzie di stampa è stato praticamente impedito di entrare nella Zona X. Questo non vuol dire che non vi sia alcun ordine o organizzazione per il modo in cui questo viene mantenuto. È completamente intergenerazionale: gli anziani sono là fuori come i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti. Molte persone nella Zona X hanno una visione molto chiara che condividono con coloro che fanno domande. Una delle prime cose che abbiamo dovuto capire come compagni organizzati era come combattere a fianco della forza già esistente qui.
Da quando è avvenuta la sparatoria, siamo venuti nella Zona X ogni giorno, incontrando persone, parlando, bloccando le strade con le macchine, guardando spettacoli e così via. A un certo punto, per un buon motivo, la Zona X non ha permesso ai bianchi di avere accesso allo spazio. Come gruppo di compagni che non è solo bianco ma ne include diversi, questo ha rappresentato un ostacolo per noi. Indica un problema comune riguardante i limiti della politica delle alleanze.
Ci siamo organizzati per offrire supporto materiale di vario genere: cibo, barricate espropriate per aiutare a proteggere lo spazio, panchine, tonnellate di provviste. Una delle sfide nell’organizzare con gli altri è stata che, in quanto anarchici, siamo organizzati “informalmente,” vale a dire in un modo caotico e intenzionalmente opaco. Ciò può rendere complicata la comunicazione formale tra gruppi. Ovviamente, abbiamo sviluppato affinità a livello personale con alcune persone ma con altre il processo è stato impegnativo.
Come diceva un compagno, il dilemma non è tanto una questione di attrito tra organizzazione formale e informale o di differenza tra modalità di organizzazione memetica e sintetica. Dal punto di vista memetico, la domanda da porsi è come una ribellione possa riprodurre gruppi e reti basate sull’affinità in modo che si dividano e si moltiplichino, consentendo all’antagonismo di diffondersi attraverso le divisioni sociali e politiche. Da quello sintetico, la domanda è: come questi sforzi possano essere armonizzati e potenzialmente resi più coerenti.
Nella nostra esperienza, la forma memetica dell’organizzazione ha raggiunto i suoi limiti quando non è riuscita a sostenere l’entusiasmo insieme all’occupazione nella Zona X. Laddove nel corso delle prime notti i cortei turbolenti di giovani in prima linea e le persone della Zona X combattevano contro i poliziotti nel vicino Distretto, alla fine sono svaniti. Potremmo creare qualcosa di più sintetico che vada oltre i modelli obsoleti di organizzazione formale che già conosciamo? Ci siamo mossi in direzione sintetica adottando l’abitudine di portare sempre provviste o supporto materiale. Vogliamo che la gente sappia che siamo potenti, che siamo in grado di combattere ma non lo facciamo solo attraverso conflitti e militanza. Gran parte del modo in cui utilizziamo il nostro potere dimostra il nostro potere di dare, condividere, prenderci cura. Gli anarchici che affrontano i limiti della politica alleata potrebbero prendere in considerazione la specializzazione in questi settori. In molti modi, molti di noi lo fanno già.
Quando abbiamo invitato alcune persone della Zona X a partecipare a un rave squat proprio dietro il luogo dell’occupazione, abbiamo ampliato le nostre affinità personali. Questo cambiamento d’impostazione, che ha visto l’espansione delle aree incontrollabili vicino alla Zona X, ha anche aggiunto una nuova dimensione alle nostre amicizie.
È ancora troppo presto per dire cosa sta succedendo qui nella Zona X ma è qualcosa di potente, qualcosa che nessuno avrebbe potuto immaginare due mesi fa. Abbiamo ancora così tante domande. Come possiamo costruire qualcosa come il campo di Red Warrior? Come possiamo aprire nuovi fronti per impedire alla Polizia di ripristinare il vecchio status quo? Come negoziamo disaccordi politici e strategici con gli altri partecipanti?
Portland
Tre resoconti di diversi partecipanti in tre tentativi di creare zone autonome a Portland.
Primo tentativo
La gente si era radunata al Justice Center per diversi giorni quando si era sparsa la voce di “portare visori notturni” quella notte. All’inizio si era trattato solo di passaparola e gruppi su Signal. Poi, con il sopraggiungere della sera, l’appello è apparso sui social e si è diffuso. Fu eretta una barricata improvvisata ma la folla fu quasi immediatamente dispersa via dai lacrimogeni e dalle munizioni sparate dalla polizia. Con il passaparola e gli sms si diffuse poi la voce per “cancellarlo”. Quella notte non furono fatti altri tentativi per creare una zona autonoma.
Secondo e terzo tentativo
Ci sono state numerose voci su tentativi relativi alla creazione di zone autonome a Portland che non sono andate a buon fine prima dei tentativi reali a cui ho preso parte.
Il primo ha avuto luogo all’esterno della lussuosa residenza del sindaco Ted Wheeler, in una delle zone più esclusive della nostra città. All’inizio della giornata, una branca abolizionista locale di Care Not Cops, una diramazione di Critical Resistance, aveva organizzato una protesta nella stessa location per esercitare pressioni sul primo cittadino e sul Consiglio Comunale affinché votassero contro il taglio di bilancio proposto per il Dipartimento di Polizia di Portland, sostenendo che una semplice riduzione non era sufficiente perché lo era solo del 3% in base a ciò che era in realtà un aumento del loro budget. Il tentativo di occupazione di quella sera aveva lo scopo di mantenere la pressione sui funzionari pubblici.
Al mio arrivo, mi sono aggregato a un gruppo di alcune centinaia di persone che cantavano e battevano sui pali della luce. Avevamo circa mezzo isolato per noi, con gente che aveva costruito blocchi elaborati per tutta la notte. L’atmosfera era gioiosa, decentralizzata, a volte caotica. Abbiamo chiamato quest’area Patrick Kimmons Autonomous Zone (PKAZ) per onorare un uomo nero ucciso dalla Polizia nel 2018. Il nome è stato scelto spontaneamente dopo lo svolgimento di una veglia per lui. Per la maggior parte della notte, c’erano alcune tende ma non abbastanza da fornire una sensazione di sicurezza a chi vi si era ritirato.
Ci chiedevamo quando sarebbero arrivati gli sbirri. Ci sono stati alcuni falsi allarmi. La folla si è diradata verso le 2 del mattino, rendendoci vulnerabili agli attacchi. La polizia ha aspettato fino alle 5:30 del mattino, quando abbiamo sentito i nostri compagni urlare e, attraverso gli altoparlanti, una voce che diceva “Questo è il Dipartimento di Polizia di Portland.”
Credo che ci abbiano permesso di pernottare perché all’inizio eravamo numerosi, quando i liberali provenienti da altri cortei si erano uniti a noi. Questo gruppo iniziale era energia ribelle alla massima potenza, permettendoci di rafforzare la nostra posizione con delle barricate. I poliziotti hanno aspettato ad attaccare fino a quando non ci siamo ritrovati a essere meno di 100.
Il secondo tentativo si è verificato una settimana dopo, anche se, inizialmente, non era stato pensato per creare una zona autonoma. Un corteo si è concluso presso il Distretto di Polizia situato a nord, in uno dei nostri quartieri storicamente neri ma ora fortemente gentrificati. Mi sono unito dopo che la gente si era impadronita di un intero isolato; la Polizia aveva cessato di difendere la parte anteriore del Distretto per posizionarsi sul retro e sul tetto. Questa volta, sembravano vi fossero gruppi di affinità più organizzati, tra cui molti medici, squadre che costruivano barricate e chi puntava i laser verso gli sbirri sul tetto per ostacolare i loro tentativi di filmarci. A un certo punto, un’auto che ha attraversato la nostra barricata ha puntato verso la folla, non colpendo nessuno ma speronando diverse altre macchine.
Con il passare delle ore, alcuni organizzatori neri ci hanno consigliato di fare i turni in modo da poter mantenere la posizione durante la notte. Eppure non è stata montata nessuna tenda. I miei compagni stavano discutendo: da un lato, eravamo chiamati a restare accanto agli organizzatori e ai membri della comunità nera; dall’altro, i compagni neri ci chiedevano di andarcene a seguire gli eventi da casa, dimostrandosi preoccupati per l’occupazione che, in questo quartiere storicamente nero, avrebbe provocato più violenza di quella della Polizia.
Alcune ore dopo, gli agenti hanno caricato la folla usando proiettili di gomma. A quel punto me ne sono andato ma altri hanno continuato a resistere, usando le barricate mentre si ritiravano e tenevano il fronte per molte ore nel corso della notte.
Ancora una volta, la Polizia è stata in grado di contrastare questo tentativo a causa della poca affluenza e della divisione. Tendono a colpirci quando siamo più deboli, prima che possiamo stabilire una vera e propria posizione sicura. Per i nuovi che si uniscono al movimento, può essere difficile decidere dove andare o chi seguire. Entrambe queste occupazioni sono state organizzate in solidarietà con la rivolta per George Floyd e le proteste anti-polizia. Se non si compie un’analisi particolareggiata su come resistere allo Stato, è facile restare indietro rispetto alla politica di protesta liberale che risponde al confronto diretto con la polizia attraverso denunce reazionarie. Se la comunità è priva di relazioni e fiducia, può essere difficile sapere come mostrare al meglio la solidarietà a chi è stato danneggiato nel corso di queste azioni. Tuttavia, la vera causa del danno è la Polizia, che terrorizza le persone ogni notte dell’anno, non solo quando ci sono delle occupazioni.
Mentre gli abitanti di Portland escono notte dopo notte, alcuni di noi stanno imparando a fidarsi gli uni degli altri. Stiamo imparando come “disarrestare” le persone quando i poliziotti tentano di acchiapparle, come resistere ai loro attacchi e alle loro armi chimiche. Qui, è dove viene costruita la zona autonoma – ogni notte siamo qui fuori per imparare come stare insieme e come fidarci l’un l’altro, ritenendoci reciprocamente responsabili mentre costruiamo un mondo senza Polizia.
Terzo tentativo
È iniziato con un corteo. Sapevo che stavamo andando al Distretto e che l’obiettivo provvisorio era di “occupare lo spazio fino a quando non fosse stato chiuso” ma che ciò sarebbe avvenuto solo se fossimo stati abbastanza numerosi per farlo. Ma eravamo troppo pochi per riuscirci. A un certo punto, tra la folla si è sparsa la voce che saremmo andati lì solo per occupare lo spazio e “far sentire la nostra voce,” poi ce ne saremmo andati.
Non appena arrivati, ci siamo riuniti di fronte al Distretto e abbiamo ascoltato gli oratori sul retro di un camion. La situazione è rapidamente diventata confusa. Tutti i relatori sembravano dare messaggi contrastanti; li abbiamo visti litigare tra loro da una parte. A questo punto i poliziotti erano usciti e si erano schierati vicino a noi.
Un oratore sosteneva che dovevamo far capire ai poliziotti le storie dei neri, rimproverandoci per aver trollato la Polizia perché questo ci metteva inutilmente in pericolo. Un altro si alzava e diceva che stavamo “riprendendoci ciò che è nostro” e che saremmo rimasti lì tutta la notte e non avremmo distrutto nessun altro edificio nella zona oltre al Distretto – un messaggio che avrebbe potuto essere facilmente confuso o frainteso mentre si diffondeva tra la folla. Un altro ancora sosteneva che “non esistono manifestanti cattivi!” e affermava la diversità delle tattiche mentre quello successivo urlava che “ a meno che un nero non lo stia facendo accanto a te, stai sbagliando” e che “ACAB non è la priorità, BLM lo è” —anche un messaggio confuso che potrebbe facilmente essere frainteso in tali cirostanze.
Mentre ciò accadeva, la gente trasportava bancali e barricate improvvisate, spostandoli sul lato rivolto verso il Distretto. Un piccolo falò è stato acceso sul terreno lì accanto – questa è una forma riconosciuta a livello federale di protesta/raduno nativo, come spiegato da un cartello accanto al fuoco. La gente stava anche ricoprendo il palazzo del Distretto con alcune tag. Alcuni oratori urlavano ai tagger di fermarsi, mentre altri li incoraggiavano.
Dopo un’ora intensa e confusa, un relatore ha annunciato che stavano andandosene e che chiunque volesse andarsene in pace poteva seguirli, mentre chiunque volesse “rimanere di propria spontanea volontà” avrebbe potuto farlo. Alcuni se ne sono andati, mentre altri sono rimasti.
Il mio gruppo ha deciso di tornare a casa perché i messaggi e la direzione erano confusi e il gruppo non si sentiva sicuro nel suo insieme, e il numero di persone era troppo basso perché per noi fosse sicuro rimanere – c’erano forse 50 persone.
Un problema di carattere generale con tutti e tre i tentativi di creare zone autonome a Portland è stato che non erano stati annunciati fino al giorno prima e, quindi, i piani erano stati diffusi in lungo e in largo sui social, rovinando sia l’elemento sorpresa sia il vantaggio di attirare molta gente. Per avere successo, una zona autonoma deve sorgere nel momento e nel luogo opportuni. Quel momento non si è ancora verificato a Portland e non possiamo crearlo con la forza.
Una notte di libertà
AVVOCATO DIFENSORE WEINGLASS: Dove risiede?
ABBIE HOFFMAN: Vivo nella nazione di Woodstock.
AVVOCATO DIFENSORE WEINGLASS: Potrebbe dire alla Corte e alla giuria dove si trova?
ABBIE HOFFMAN: Sì. È una nazione di giovani alienati. La portiamo in giro con noi come uno stato mentale nello stesso modo in cui gli indiani Sioux portavano [sic] con sé la nazione Sioux. È una nazione che s’impegna alla cooperazione contro la concorrenza, all’idea che le persone dovrebbero avere mezzi di scambio migliori della proprietà o del denaro, che dovrebbero esserci altre basi per l’interazione umana. È una nazione che s’impegna a…
LA CORTE: Solo dove si trova, tutto qui.
IL TESTIMONE: È nella mia mente e nella mente dei miei fratelli e sorelle. Non consiste di proprietà o materia ma, piuttosto, d’idee e determinati valori. Noi crediamo in una società…
LA CORTE: No, vogliamo il luogo di residenza, se ne ha uno, il luogo dove lavora, se lavora. Niente sulla filosofia o sull’India, signore. Solo dove vive, se ha un posto dove vivere. Ora ha detto Woodstock. In quale Stato si trova Woodstock?
IL TESTIMONE: È nello Stato della mente, nella mia mente e in quella dei miei fratelli e sorelle. È una cospirazione. Al momento, la nazione è tenuta prigioniera, nei penitenziari delle istituzioni di un sistema in decomposizione.
La capitale del nostro Stato non è rinomata per la sua scena attivista. Tradizionalmente, la vicina città universitaria e la sua città gemella sono i luoghi in cui le persone si spostano per diventare politicamente attive o anche per sperimentare rivolte minori occasionali. Ogni volta che dobbiamo spostarci nella capitale – diciamo, per esempio, se i nazionalisti bianchi stanno arrivando in città – il classico borbottio che serpeggia sul circuito Signal della nostra zona è: “Quindi, c’è qualcuno lì che può fare il punto?” Di solito, questa rimane una domanda senza risposta ma quattro notti dopo l’omicidio di George Floyd mi sono reso conto che avevamo sempre posto.
Quella notte, senza essere particolarmente avvezza a una tradizione attivista o di protesta, la folla non aveva un programma da seguire. Tutto era possibile, ed era disordinato da morire. Si potrebbe dire che chi era lì vi si trovava con ogni sorta di attese contrastanti su cosa sarebbe accaduto. C’erano persone che pensavano che lo zenit della protesta significativa fosse trovare il cordone dei poliziotti e sedersi di fronte a loro. C’erano dei pubblici ufficiali che arrestavano chiunque facesse volare anche solo un aeroplanino di carta verso gli sbirri – questo è successo veramente. Ma c’era anche un gruppo di ragazzini che si è presentato con delle mazze da baseball. Circa metà della folla era nera ed era incredibilmente giovane. Due tizi, stile White Patriot, camminavano liberamente, scrutando la gente; curiosamente, sono stati accolti con meno sospetto rispetto ai manifestanti bianchi vestiti da black bloc. Proprio il giorno prima, degli “agitatori esterni” avevano dirottato le manifestazioni.
Io e il mio amico corrispondevamo sicuramente al profilo. Ancor prima che l’”agitatore esterno” diventasse un capro espiatorio mediatico, avevamo deciso di svolgere un ruolo di supporto orientato alla difesa anzichè svolgere azioni antagoniste o, meglio, protagoniste. Sono andato pronto per collaudare un metodo per estinguere i lacrimogeni che avevo visto solo in alcuni video di rivolte straniere. Quando sono arrivato, però, sembrava improbabile che avrei avuto la possibilità di mettere alla prova la mia attrezzatura. Certo, c’erano i ragazzini con le mazze ma la folla stessa non stava facendo granché, stava solo cantando all’infinito nella capitale. Non pensavo che sarebbe successo niente. A quanto pare, la narrativa sull’agitatore esterno aveva persino fatto presa su di me: avevo commesso l’errore di pensare che i poliziotti avessero bisogno di una scusa per venire da noi. Al contrario, senza alcuna provocazione, i lacrimogeni hanno iniziato a piovere dal cielo.
Mi sono precipitato a prendere un bossolo fumante con il mio guanto di pelle e l’ho immerso nel mio secchio d’acqua e bicarbonato di sodio. Occhi alzati. Sempre all’erta.
“Stanno spostandosi in avanti?”
“Ce n’è un altro!” ha gridato il mio amico.
Andai lì in un batter d’occhio per immergerne un altro. Mi sentivo bene! Era come essere di nuovo un esterno sinistro sul campo da baseball. Mentre m’inginocchiavo sul secchio, scuotendolo e tenendo delicatamente la parte superiore in modo che dal coperchio uscisse solo un po’ di fumo, un gruppo di giovani donne di colore ha iniziato a urlarmi: “Che cos’è? Hey! Chi è lui? Cosa stai facendo?!” Non sono sicuro del fatto che la narrativa dell’agitatore esterno fosse arrivata loro ma non so cos’altro potrebbe spiegare il loro aver scandagliato il comportamento di una sola persona in strada mentre un esercito di poliziotti avanzava sparando.
Mi voltai, ancora con la mano sul secchio, per spiegare che stavo spegnendo dei lacrimogeni ma dietro la mia mascherina antiCOVID, la mia voce non si spingeva molto in là. Dopo essermela tolta, le giovani si sono avvicinate. Il loro comportamento è cambiato quando, finalmente, sono riuscito a spiegare cosa stessi facendo. Sono arrivate a un centimetro dalla mia faccia: “Certo, sì! Ecco cosa succede.” Tutta colpa del distanziamento sociale! Almeno, speravo, avevo contribuito a creare un po’ più di fiducia reciproca nella folla.
I primi lacrimogeni sono esplosi mentre il sole era ancora alto e la scena è rimasta sostanzialmente invariata per ore. Tutto ciò che stavamo facendo era cantare slogan e stare in piedi. Alla fine, il sole cominciò a tramontare. Siamo arrivati al momento cruciale prima del calar della notte. Nella mia esperienza, questo è quando accade la magia. Qualunque cosa avvenga durante il giorno, se riesci a non far andar via la gente e a mantenere l’energia fino al tramonto, qualcosa di buono può accadere.
Mentre scendeva l’oscurità, il mio amico accese il boombox portatile che avevamo portato e iniziò a pompare un po’ di Boosie. Il tenore della manifestazione non si era sentito bene prima e non avevamo voluto impostare l’atmosfera per tutti gli altri ma dopo ore di slogan, la folla stava placandosi e c’era bisogno di qualcosa per mantenere alta l’energia. Alla gente è piaciuto. I cartelli rimbalzavano e tutti hanno iniziato a scendere in strada. Gli sbirri si sono ritirati e ciò ha reso tutti ancor più entusiasti. Le persone hanno iniziato a fare richieste, soprattutto per “Fuck The Police” di NWA. Ero sorpreso. Tipo, quella canzone non era una hit di quando i loro genitori erano dei ragazzini? E poi ancora, cosa è cambiato negli sbirri negli ultimi 30 anni?
Alla fine, i poliziotti sono ricomparsi con i rinforzi. Era giunto il momento di ricorrere al nostro terzo strumento difensivo notturno: il laser. Il mio amico l’ha puntato contro di loro; mentre li scansionava, ricordo di aver visto un ufficiale afferrare un secondo poliziotto con una grande arma da fuoco e indicare proprio noi, seguendo direttamente la linea del laser. Oh merda.1 Questa volta, il lacrimogeno non è piovuto dal cielo: è arrivato proprio contro di noi. Indossate tutti occhiali e caschi. La folla correva. Le persone erano spaventate. Corremmo tutti a un incrocio sull’altro angolo del parco, a pochi isolati dal cordone di poliziotti che avanzava.
L’umore è cambiato di nuovo. Abbiamo spento il boombox; mi sembrava stupido avere della musica mentre la gente cercava di orientarsi. La polizia ha invaso il terreno intorno al Campidoglio e ci ha lasciato prendere le strade a circa 100 metri da loro. La folla sparpagliata ha cominciato a riunirsi ancora, la paura stava lasciando il posto alla rabbia e qualcuno chiese ancora NWA. Cazzo, sì. L’abbiamo messa a palla, cantando insieme a tutti gli altri: “Fanculo gli sbirri! Fanculo gli sbirri!” Adesso eravamo forti. Era evidente che gli sbirri sarebbero rimasti vicini soprattutto al Campidoglio e agli edifici governativi, lasciando a noi l’incrocio. Un buon sound può fare molto per dare alla gente un senso di proprietà su uno spazio. Abbiamo continuato a trasmettere della musica.
Stavo cercando delle canzoni sul mio iPod quando arriva questo tipo bianco, un universitario che sembrava un socialdemocratico, che si avvicina al mio amico e dice: “Ehi, possiamo parlare?”
“Sì amico, certo.”
“La gente stava dicendo che il tuo laser è il motivo per cui gli sbirri hanno sparato lacrimogeni su di noi e hanno disperso tutti”.
Il mio amico e io, ci siamo scambiati uno sguardo del tipo “Eccheccazzo, ma sta scherzando, vero?”
“No, lo so. Non possiamo controllarli, ma le persone si sentono piuttosto a disagio con il laser.” Ha poi indicato il boombox: “Questo spacca però! Volevo solo dirtelo perché non so se qualcuno sarebbe venuto da voi che siete tutti vestiti di nero — che per me ci sta. Ho capito!” Difficile non trovare il ragazzo accattivante. Stava facendo del suo meglio per conciliare la buona politica alleata con un’apparente convinzione di andare oltre la protesta pacifica ma, come dire, in modo strategico. Il mio socio ha detto che ci sarebbe andato calmo con il laser e io ho detto al ragazzino che apprezzavo il fatto che fosse venuto a parlare con noi senza diventare aggressivo.
Ancora lacrimogeni. Ancora dispersione — ma questa volta non c’è voluto molto perché le persone tornassero insieme. All’incrocio presso il Campidoglio, gli sbirri potevano ancora vederci, un residuo della strategia del giorno precedente che consisteva nell’andare ovunque ci fossero gli sbirri e manifestare contro di loro. Questa volta, però, c’eravamo raggruppati nella zona commerciale del centro e gli sbirri non si vedevano da nessuna parte.
Eravamo liberi. Non liberi con la L maiuscola ma era comunque una specie di libertà. Per un periodo breve e limitato in una zona, eravamo liberi dalla Polizia. Tutti potevano capire che non sarebbero venuti per noi in quel momento. E tutta la rabbia, le emozioni frustrate trattenute quando gli agenti ci spingevano in giro prima quel giorno, prima nelle nostre vite – negli ultimi secoli, davvero – tutto ciò è esploso… e con esso le vetrine di tutte le attività vicine.
All’inizio, ci sono state alcune grida tipo: “Guarda questi figli di puttana bianchi qui che spaccano tutto!” Ma ci è bastato dare una rapida occhiata alla zona per vedere che non erano solo i bianchi a incitare e a prender parte alla devastazione. In quello spazio, la valuta della società è stata capovolta – non importava se un negozio fosse di una multinazionale, come Target o Subway,2 se avesse vetrine di vetro brillante, arredamento elegante, insegne elaborate e interessanti – l’avremmo preso. D’altra parte, qualunque posto apparisse un po’ malandato, o avesse una guardia della security nera e stanca, ha avuto un bonus. “Questo tizio sta solo lavorando,” urlava la gente mentre la guardia sorrideva alla folla e si affrettava a rispondere in segno di apprezzamento.
Gli sbirri non stavano ancora arrivando. Io e il mio amico siamo rimasti indietro mentre il corteo distruttivo passava davanti al Tribunale. La Guardia Nazionale e la Polizia hanno circondato il Tribunale ma, come i cattivi dei videogiochi programmati solo per spostarsi per una certa distanza da un determinato punto , i poliziotti non si muovevano dalle loro postazioni. Mentre stavamo facendo una pausa, abbiamo visto passare una seconda ondata di saccheggiatori. Abbiamo visto una famiglia entrare in un ristorante e uscirne con una bilancia. “Oh merda”, ha detto il mio amico, “ that’s capital!” Ho visto due giovani senzatetto entrare con nonchalance in un altro ristorante le cui vetrine erano state sfondate. Li ricordavo da prima perché, mentre eravamo sparpagliati, si trovavano sul marciapiede, assistevano allo spettacolo, commentavano su come i poliziotti avessero bloccato l’intera situazione e che non si potesse fare casino con gli sbirri. La parte dogmatica marxista del mio cervello li ha puniti per aver valorizzato la Polizia: “Non sapete che va contro i vostri interessi?” Ma ora, con molta attenzione, stavano uscendo dalle vetrine rotte del ristorante trasportando insieme una TV enorme. Che Dio v’assista. “Gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi.”
Abbiamo girovagato, ammirando i graffiti e la devastazione che decoravano la nostra città. “La nostra città!” Non c’eravamo mai sentiti così prima. A un certo punto, abbiamo gironzolato in un parcheggio dove si stava svolgendo un rave party dal ritmo incalzante e illuminato da laser. Fanculo! Se solo non avessimo gettato il nostro laser! Dopo mesi di quarantena, vibrare seguendo il ritmo a fianco di centinaia di altre persone sembrava una medicina per la mia mente e il mio cuore. Per alcuni minuti, ho semplicemente chiuso gli occhi e mi sono perso nella musica. È stato reale? Quanto tempo prima i poliziotti stavano cospargendoci di veleno e dolore? Ore, giusto? Millenni. Era questa la libertà? Conoscevo la parola ma di rado avevo provato la sensazione. Cos’è la libertà, comunque? La mia libertà è diversa da quella che tutti gli altri qui vedono come tale? La mia mente correva, si faceva domande e vagava mentre il ritmo spingeva i miei piedi l’uno davanti l’altro. Mi ero già stancato prima ma ora non potevo perdere un colpo. “Zio, sono su di giri,” ho detto al mio amico ma non avevo fumato niente e non mi ero calato nulla. La musica si è fermata quando una giovane donna nera è salita sul subwoofer e ha gridato: “Non è per questo che siete qui! È tempo di fare quello per cui siete venuti qui!”
Aveva ragione, e la folla si riversò nelle strade verso il Campidoglio per affrontare i poliziotti. Onestamente, ripensandoci, non so se mi sarei sentito libero se la serata fosse finita festeggiando tutta notte in un garage. Uno dei pochi modi in cui possiamo conoscere la libertà, quella che potremmo chiamare una libertà grossolana, è quando le autorità vogliono fermarti ma non possono. Se solo avessimo continuato a ballare e loro ci avessero permesso di farlo come un modo per fermare la distruzione, non sarebbe stato altrettanto bello. Ma come pausa nel bel mezzo di una notte piena di rivolte contro la polizia, contro il mondo intero, era esattamente ciò di cui avevo bisogno e ha trasformato l’atmosfera per il resto della notte. Non eravamo solo contro la polizia, eravamo lì insieme.
Al Campidoglio, gli sbirri ci hanno dispersi ancora. Altri lacrimogeni — e hanno tenuto le loro postazioni mentre ci sparpagliavamo. Io e il mio amico abbiamo trovato un altro gruppo di circa 50 persone, gente diversa rispetto a quella con cui eravamo stati al rave in precedenza. “Quanti gruppi come questo ci sono in centro?”
Questo era il gruppo meno palesemente “politico” che avevo visto nel corso della notte. Per esempio, La gente non aveva molti cartelli. Quella notte, era la prima volta che io e il mio amico eravamo gli unici bianchi. L’atmosfera era fantastica. Le persone scherzavano mentre lanciavano i bidoni della spazzatura in strada, li incendiavano e si accendevano le sigarette sulle barricate. Senza che la Polizia imponesse il controllo sulla nostra piccola zona, emerse un nuovo tipo di ordine. Le auto private non potevano essere toccate, non importava quanto fossero costose – tutti sapevano quanto valesse farci un giro e un sacco di belle macchine passavano in mezzo a melodie esplosive e lanciando cartelli in segno di solidarietà. Quando qualcuno voleva rompere una vetrina, i suoi amici si prendevano il tempo di sgombrare l’area in modo che nessuno si facesse male spaccando il vetro o per colpa di un sasso che tornava indietro. Se qualcuno ha spiegato perché un certo negozio non dovesse essere toccato – era di proprietà dei neri, o ha sostenuto il movimento, o qualsiasi altra cosa -, questo non è stato devastato. L’ho visto nel corso del saccheggio, nessuno ha litigato per nessuna delle merci e ho assistito anche a parecchi “non interventi.” Il traffico era per lo più bloccato ma i manifestanti passavano tra le auto con i bambini.
Il territorio che abbiamo controllato non era fisso. Si è ampliato e si è ritirato con il passare della notte. Non aveva nulla che Fox News potesse descrivere come un “confine,” come fecero quando diffamarono la Capitol Hill Autonomous Zone. Ma per me andava bene. Le responsabilità di mantenere un territorio fisso, soprattutto di fronte alla costante minaccia da parte delle autorità, possono diventare un peso che interrompe le opportunità di sperimentare anziché aprirle. In quanto anarchico, non cerco di controllare il territorio. Cerco di liberarlo.
Non che qualcuno lì avesse bisogno del mio aiuto! Tutti si limitavano a fare tag a caso, a bruciare immondizia; a un certo punto si è presentato un altro mago del microfono e, alla fine, è arrivato il suo turno di interpretare NWA e Lil Boosie per la cinquantesima volta quella notte. Qualcuno si è reso conto che i lampioni avevano bandiere americane e, senza alcun dibattito o discussione, tutti si sono impegnati per abbatterne uno e bruciarlo. “Non facciamo parte di questa cosiddetta nazione.” In quel momento, Law, lo sapevamo, non era presente. Le uniche persone che prendevano decisioni su come e chi ottenere qualcosa eravamo noi stessi. Tuttavia, mi scoccia ammetterlo, ero un po’ nervoso quando il ragazzo dall’aspetto duro con l’altoparlante si avvicinò al mio amico, abbassò il volume, attirando tutti gli occhi verso di noi e disse: “Bella. Sei il tipo che aveva quel laser, giusto?
Oh merda, questo è uno di quei tipi che prima erano stati in profondo disaccordo con il laser e che sentiva di potersi esprimere ora che eravamo lontani dagli agenti? Qualunque potessero essere le conseguenze, non avrei mentito. Quello spazio era la libertà, e mentre è difficile definire la libertà, la definizione più vicina che ha guidato la mia lotta verso di essa – attraverso diverse etichette politiche come socialista o anarchico – è la capacità di vivere la tua vita onestamente: non dover mentire. “Sì, eravamo noi,” ho risposto.
Se già non avesse avuto fiducia in noi a causa di ciò che i media dicevano sugli anarchici bianchi o perché il mio amico si era gravemente sbagliato a pensare che un laser fosse uno strumento innocente in questo contesto, non gli avrei dato altri motivi per diffidare di noi mentendo al riguardo. Qualunque cosa venisse dopo – e sarebbe potuto essere un alterco – avrebbe almeno avuto luogo in libertà. La libertà non è sempre piacevole ma è dignitosa. Comunque, qualunque cosa questo ragazzo provasse nei riguardi del laser, ne avremmo parlato senza quei fottuti porci.
“Zio, sei il motivo per cui ci hanno sparato i lacrimogeni.”
“Lo so, qualcun altro mi ha detto che le persone la pensavano così. Ascolta, mi dispiace, non sapevo che avrebbero…
“Che cosa? Cosa cazzo ti dispiace? Questa merda è DIVERTENTE. Grazie, amico.”
“Uh, prego…” Ma eravamo noi quelli a essere grati e bene accetti.
Non mi ero mai sentito più libero di così in “America.” Ma lo Stato non può permettere che esistano esempi di come sia vivere sotto un diverso tipo di ordine per prosperare. Dal nulla, un quad pieno di truppe d’assalto è sbucato dall’angolo. Waco. Il fuoco armonioso che avevamo acceso insieme scoppiò in comete impazzite in ogni vicolo e strada secondaria. MUOVERSI !
Ma non potevo muovermi. Sapevo che era un errore confondere le relazioni in quello spazio con lo spazio stesso ma il terreno su cui ci trovavamo era diventato sacro per me. Lo stato libero di Jones .
Una volta che mi hanno ammanettato, i poliziotti hanno smesso di urlare ordini e hanno iniziato a fare domande. La discussione può avvenire solo alle loro condizioni. Perché ero così cacasotto? Perché sono venuto a protestare in una città che non è la mia? Ho mai pensato a cosa sarebbe successo? Ma avevo abbastanza domande che mi rimbombavano nella testa. Quali sarebbero state le accuse? Stavo per perdere il lavoro? Ho bisogno di quel fottuto lavoro. Stavo per essere doxxato? La mia famiglia ha affermato di sostenere il movimento ma cosa accadrebbe se iniziasse a ricevere minacce di morte a causa delle folli teorie del complotto sul mio arresto? Questo potrebbe essere usato come ulteriore “prova” dell’esistenza di anarchici bianchi agitatori esterni nonostante il fatto che io non abbia fatto niente altro che essere lì? Il Futuro.
Non è stato il mio primo arresto. Ho trascorso anni della mia vita in libertà vigilata o affrontando accuse penali. Il Passato. Nella mia esperienza, la prima notte che si ha a che fare con il carcere e un’imputazione è la parte peggiore di un procedimento penale. Questo è lo sprint. Le udienze infinite e, spesso, ininterrotte e i colpi di scena nel corso del processo sono la maratona. Se riesci a superare lo sprint, in seguito troverai la giusta andatura da tenere.
Tornando all’Ora, ho fatto un respiro molto profondo, e mentre espiravo ho giurato a me stesso che, a prescindere dalle loro minacce, non importava come le cose sarebbero andate a finire, non mi sarei complicato l’esistenza preoccupando per ciò che sarebbe stato. Sapevo chi ero e sapevo che non avrei mai perso l’occasione di trovarmi nel mezzo di una ribellione come questa. Ed ero felice di quella mia parte.
Il riconoscimento non vale molto da solo, ma anche in quel momento ho riconosciuto il grado di privilegio che mi ha permesso riflettere: per fortuna, per esempio, non ho mai trascorso del tempo in carcere. Tuttavia, più di uno dei prigionieri con cui mi sono scritto, ha sottolineato un ritornello che, quella notte, ha davvero colpito nel segno: potresti non essere sempre in grado di difendere il tuo corpo ma devi sempre difendere la tua mente.
Ora radicato nel mio Essere, guardavo i poliziotti fuori da me che mi stavano trattenendo. I loro volti erano tristi e stanchi. Ho dovuto essere lì quel giorno a causa di chi ero ; loro dovevano essere lì a causa del loro capo. Mi sono quasi sentito dispiaciuto per loro. Quasi. Non erano esattamente arrabbiati. Vidi in loro la stessa scarica di adrenalina biologica che mi era scorsa nelle vene per tutta la notte ma proveniva da un posto diverso. Mi è piaciuto trovare il modo di incontrarmi con tutti gli altri lì, mi è piaciuto correre dei rischi, anche se ciò ha significato sporadiche conversazioni difficili. La gioia provata dai poliziotti proveniva dallo sminuirmi o dallo sminuire gli altri di fronte a me. Non provavano gioia dai rischi che avevano scelto di correre. Laddove io avevo trascorso tutta la notte ponendomi delle domande sui motivi che mi avevano spinto, sulle mie emozioni e sul mio Essere, loro avevano hanno lasciato che il loro Essere fosse determinato da meschine pacche sulle spalle a coloro che erano migliori nell’intimidire meglio gli altri.
Per i poliziotti libertà significa impunità, libertà dal dover affrontare le conseguenze del modo in cui trattano gli altri, esattamente l’opposto della responsabilità a cui aspiriamo. Pensavo ai luoghi oscuri che devono riversarsi nelle loro vite private e, all’improvviso, fui sopraffatto dal dolore per tutte le loro vittime, sia sul lavoro sia nelle loro vite personali. No, non potevo dispiacermi per loro. Meriteranno tutto ciò che avranno quando finalmente tutti i nodi verranno al pettine. Ma sapevo che se avessero potuto provare ciò che provavo quella notte, non sarebbero mai più stati in grado di barattare la loro dignità per una pistola e uno stipendio.
Coda: la nascita della Capitol Hill Autonomous Zone, 7 giugno
Alla fine del primo capitolo di questo ciclo, ricordiamo le vittorie che hanno dato origine alla zona priva di sbirri a Seattle.
Ieri sera a Capitol Hill, Seattle, abbiamo assistito a una meravigliosa dimostrazione della diversità di tattiche. Si è svolta una fiaccolata per omaggiare coloro i quali, dall’inizio di questa rivolta, sono state vittime della Polizia e dei vigilantes. Così tanti fiori e arte commovente e toccante. La veglia si è svolta in due luoghi diversi, uno in strada e uno su un marciapiede. Una band suonava dal vivo in una strada vicina e la gente ballava. Altri distribuivano quintalate di cibo gratis – un pasto caldo e snack, acqua, succo di frutta e materiale sanitario. Un presidio medico vero e proprio era stato allestito nel patio esterno di un ristorante. Arte e murales coprivano tutto, la gente sprayava liberamente dipingendo all’aperto sulla strada e sui muri. All’esterno, migliaia di persone, un botto di gente che gironzolava nel Cal Anderson Park, proprio accanto a tutto. Cartelli che indicano “Supporto emotivo—> da questa parte.”
In un altro isolato, gli sbirri e la Guardia Nazionale sono stati bloccati su tutti e quattro i lati vicino al Distretto. Di base, hanno subìto il kettling. Nel giro di poche ore, la barricata che avevano montato era stata spinta lentamente per quasi un intero isolato, praticamente fino al recinto. Alla fine, gli sbirri hanno attaccato chi si trovava lì con dei lacrimogeni e, in seguito quella notte, hanno sparato un sacco di proiettili al peperoncino e granate stordenti sulla folla. La gente continuava a raggrupparsi e a tornare con ombrelli, cassonetti, cassette di plastica e quant’altro potesse trovare per proteggersi, gettando oggetti contro i poliziotti ogni volta che questi attaccavano. Nel frattempo, un incendio di proporzioni epiche di un altro cassonetto stava verificandosi su un altro incrocio, con i neri attorno che dicevano a tutti di divertirsi e di non spegnere il fuoco – di andare altrove se non gli piaceva, ricordando alla gente che Minneapolis ha deciso di tagliare i fondi alle proprie forze di Polizia dopo molti incendi e dopo il rifiuto di protestare in “modo corretto e legale.” Alla fine, sono rimasto fino alle 2 del mattino. Era così difficile trovare il coraggio di andaresene! Così stimolante ed energizzante.
- In retrospettiva, il laser e la musica ad alto volume hanno sostanzialmente fornito agli agenti un bersaglio audiovisivo. Come la maggior parte delle tattiche della folla per resistere alla Polizia, i laser possono fornire una maggiore sicurezza usati da molti ma se ciò viene fatto da pochi, possono aumentare il rischio, soprattutto per chi li utilizza. ↩
- Nota dell’autore: giorni dopo questi eventi, la prima notte di proteste senza scontri, sono tornato nella capitale dello Stato. Una coppia bianca di trentenni della classe media distribuiva un volantino che diceva: “Fanculo Trump! Da Emmit (sic) fino a George Floyd, FERMIAMO LA DISTRUZIONE. Se vedi qualcuno che rompe le vetrine o saccheggia le attività commerciali locali FERMALO. SII pacifico, SII vigile. È tempo che la Storia smetta di ripetersi. I tuoi figli e i tuoi nipoti non dovranno essere qui fuori in futuro.” Di norma, non farei altro che prendere la pigna di volantini e direi alla coppia di andarsene affanculo con le loro cazzate condiscendenti e paternalistiche ma c’era così tanta enfasi sul rimanere in pace tra la folla che temevo sarei stato attaccato se avessi fatto qualcosa. Così ho spiegato, pazientemente e scrupolosamente, che nessuno avrebbe nemmeno conosciuto il nome di George Floyd se non fosse stato per il saccheggio e gli incendi di Minneapolis. Sono stato sorpreso dalla risposta che ho ricevuto: “Beh, sì, ma quello era un obiettivo, sto solo dicendo che le persone non dovrebbero saccheggiare le imprese locali. Come il banco dei pegni che è stato colpito la scorsa notte, è di proprietà di due ragazzi mussulmani che vivevo in questo quartiere, conosco quei ragazzi.” Ovviamente, non stavo parlando con qualcuno che aveva mai dovuto impegnare qualcosa per sopravvivere. Uno dei cambiamenti che ho notato nella politica di questa rivolta è che, ora, è quasi un consenso popolare il non aver bisogno di piangere per il saccheggio delle catene di negozi. Vi sono divergenze sul fatto che il saccheggio stesso sia strategico ma quasi tutti accettano l’argomentazione secondo cui non è necessario versare lacrime per i negozi delle multinazionali perché saranno coperti dalla loro assicurazione. Veramente, questo è un argomento controrivoluzionario, quasi un remix perverso della filantropia aziendale. Se la nostra risposta alle rivolte è una valutazione militaristica di “obiettivi,” ci manca la relazione fondamentale tra ricchezza e potere alla base dell’oppressione nella nostra società. Come esplicitato dalla coppia bianca di buoni samaritani che ha descritto i condomìni del centro città come la loro “comunità,” anche le buone intenzioni dei bianchi ricorreranno a una qualche forma di “anti-Blackness,” razzismo, supremazia bianca – comunque la si voglia chiamare — se le loro priorità sono la pace sociale e la preservazione della legittimità della proprietà privata. ↩