E’ stato licenziato l’operatore sanitario che aveva denunciato la Fondazione Don Gnocchi, una delle Rsa private finita al centro di una delle inchieste della procura di Milano per epidemia e omicidio colposi.
Si tratta di uno dei 18 dipendenti della cooperativa Ampast, operante nella Rsa, che aveva accusato i vertici della Don Gnocchi di numerose irregolarità nel corso dell’emergenza coronavirus. In particolare il divieto di utilizzo di mascherine e dispositivi di protezione che avrebbero contribuito alla diffusione del virus che ha causato la morte di decine di ospiti della struttura.
La lettera di licenziamento all’operatore della cooperativa Ampast è arrivata dopo che il Don Gnocchi, che appalta alla cooperativa alcuni servizi interni alla struttura, aveva esercitato la clausola di non gradimento nei confronti di 18 lavoratori della cooperativa. Gli altri dipendenti avrebbero invece ricevuto lettere di sanzione disciplinare in cui si preannuncia il trasferimento in altre sedi.
Già il 20 aprile i lavoratori erano stati sospesi “cautelativamente dal servizio con diritto alla retribuzione” per avere “leso l’immagine” della cooperativa, nonché della Fondazione.
Quest’ultima aveva precisato di “aver legittimamente esercitato il proprio diritto contrattuale di non gradimento nei confronti della cooperativa Ampast, ritenendo la presenza di alcuni dei loro lavoratori all’interno della struttura incompatibile e inopportuna dopo che gli stessi, a mezzo stampa e televisione, avevano espresso giudizi gravi e calunniosi, tali da ledere il rapporto fiduciario con la Fondazione”.
La Don Gnocchi è una delle Rsa private lombarde che hanno applicato la ormai famosa delibera regionale dell’8 marzo, creando un reparto per ricevere pazienti covid “a bassa intensità” dagli ospedali allo stremo.
Nel fascicolo aperto dai pm Maria Letizia Mocciaro e Michela Bordieri risultano indagati il dg Antonio Dennis Troisi, il direttore sanitario Federica Tartarone, il direttore dei servizi medici Fabrizio Giunco, e il presidente dell’Ampast, Papa Waly Ndiaye.
11 maggio 2020
REDAZIONE DI CONTROPIANO