All’indomani dello sciopero generale proclamato da USB per il 25 Marzo scorso la Commissione di Garanzia – anche detta Autorità di garanzia sugli scioperi – ha aperto un procedimento d’infrazione nei confronti del sindacato. Per capire come si è arrivati a questo punto in prima battuta è necessario focalizzare l’attenzione sulla funzione di questa Autorità. È nata nel 1990 e deve preoccuparsi di contemperare[1] il diritto di sciopero ai servizi essenziali, di fatto vigila sull’attività dei sindacati per fare in modo che questi non minaccino “il godimento dei diritti della persona”. L’Unione Sindacale di Base è da anni che porta avanti la sua lotta contro un’Autorità che ritiene essere garante degli interessi padronali[2] ma oggi con l’arrivo del Cigno nero risalta maggiormente all’occhio quanto sia mobile la definizione di servizi essenziali, e di conseguenza quanto la funzione dell’Autorità sia di fatto diretto effetto delle scelte padronali. La pandemia in corso ha costretto il governo Conte a prendere delle decisioni drastiche per contenere i contagi, tuttavia in questo contesto dominano più che il buon senso le ragioni degli industriali di Confindustria. È da domenica scorsa che Conte è finito nel pantano della definizione di servizi essenziali, incapace di prendere una decisione politica che anteponga la salute dei cittadini e dei lavoratori agli interessi delle aziende, ha così demandato la decisione al mercato lasciando, in buona sostanza, scegliere alle stesse industrie se fermarsi oppure andare avanti con la produzione. La conseguenza di questo fatto è che l’Autorità assume il compito di preservare le decisioni prese da Confindustria, cioè si mette a garanzia di certi interessi e punisce chi li minaccia. Se prima della pandemia l’Autorità poteva giocare sull’ambiguità del termine “garanzia”, e di conseguenza guadagnarsi una certa legittimità anche agli occhi della gente comune, adesso diventa tutto più chiaro: il procedimento d’infrazione che è stato aperto nei confronti di USB ha proprio l’intento di punire chi ha osato minacciare gli interessi economici delle classi dominanti, nonostante lo sciopero generale partiva dalla necessità di preservare la salute dei lavoratori.
Tutto ciò acquisisce una piega ancora più negativa se si pensa alle parole che il presidente dell’Autorità ha affidato proprio al giornale degli industriali. Santoro Passarelli invita alla collaborazione tra lavoratori, sindacati, aziende e istituzioni perché “il conflitto al tempo del Coronavirus ci porta davanti ad uno scontro terribile ed inedito”, una collaborazione che per quanto detto precedentemente può avvenire appunto solo sulla base delle decisioni di Confindustria. Collaborazione data come naturale ma che, come sta dimostrando questa pandemia, non è possibile in quanto gli interessi dei lavoratori divergono totalmente dagli interessi delle aziende. È proprio questa ragione che ha portato rabbia e malcontento tra i lavoratori, la salute di tutti è stata messa a rischio per gli interessi particolari delle aziende, e i lavoratori in varie forme – dallo spontaneismo all’assenteismo fino all’organizzazione dello sciopero generale – hanno chiarito che non sono disposti a morire. Qualcuno potrebbe pensare che in una situazione di emergenza che mette a rischio la vita di tutti alcune misure, anche repressive, siano inevitabili. Tuttavia le formazioni sociali e le strutture giuridiche e istituzionali che a queste corrispondo si cristallizzano proprio nei momenti di crisi – o emergenza se vogliamo – tant’è vero che il presidente dell’ Autorità conclude il suo intervento sul Sole 24 ore con questa dichiarazione: “Ma la Commissione deve sin d’ora pensare anche al ‘dopo’ quando, superata l’emergenza sanitaria, il conflitto, prima di tornare ad assestarsi sui suoi binari tradizionali, attraverserà, verosimilmente, una fase acuta.”.
Non è un caso che il presidente della commissione pensi già ad affrontare gli effetti sociali che questa pandemia sta scatenando. Si stima che per effetto della crisi economica cui andremo in contro, il 2% delle famiglie del Sud finiranno sotto la soglia di povertà (1,5% al Centro e circa 1% al Nord). Questo significa che qualche milione di persone non avrà più la possibilità di vivere dignitosamente, uno sbilanciamento delle condizioni di vita che avverrà in un tempo relativamente ristretto e in un arco temporale stravolto da un evento che rimarrà ben impresso nella mente delle persone. A differenza dello stillicidio delle politiche di massacro sociale portate avanti negli ultimi anni, l’emergenza coronavirus e la crisi economica che ne seguirà agiscono pesantemente tanto sulle condizioni di vita materiale quanto sulla percezione rispetto alla trasformazione che il mondo sta subendo.
La quotidianità dipende dalle scelte del governo, andare a lavorare oppure no, laurearsi, fare gli esami, fare la spesa e incontrarsi con gli amici dipende dalle scelte che lo Stato farà. Perciò c’è un’attenzione generalizzata ai temi della politica che prima della pandemia non poteva esserci. I primi elementi di questo rinnovato conflitto si stanno già presentando, sono ormai diventati virali i video che riprendono persone che non hanno più soldi per comprare i beni di prima necessità, esattamente come con la rivolta delle carceri di qualche settimana fa la popolazione è portata a scegliere tra la vita e la morte e di conseguenza reagisce. Tutto questo non produce automaticamente una trasformazione della società coerente con gli interessi delle classi popolari, anzi prendendo come riferimento la gestione della rivolta nelle carceri – sedata con la messa in campo dell’esercito e con l’intervento delle organizzazioni mafiose – le classi dominanti si stanno riorganizzando per reprimere il conflitto. Davanti ai supermercati del Sud sono già schierati i militari, i fascisti e le organizzazioni criminali stanno già cercando di convogliare la rabbia verso soggetti e obiettivi che nulla hanno a che vedere con i responsabili di questa situazione. Allo stesso tempo gli avanzamenti tecnologici – anche in un momento come questo, in cui le strutture sanitarie sono al collasso e si palesa la necessità di una produzione orientata ai bisogni reali della popolazione come appunto la salute – si esprimono nella forma della repressione. Lo sdoganamento del controllo territoriale attraverso la ricognizione con i droni o il controllo delle celle telefoniche, pratiche giustificate dalla necessità di costringere la persone a restare a casa, quando non devono lavorare ovviamente… sono l’effetto di un modello sociale capace di percepire il collettivo solo attraverso la pratica repressiva, quando per anni ha lavorato per atomizzare la società privandola di quel senso di comunità capace di salvaguardarla in situazioni come questa. Per questo motivo, anche in questa fase, come studenti e lavoratori precari abbiamo ancora il compito di organizzarci, in maniera tale che usciti tutti insieme da questa emergenza avremo accumulato le forze necessarie per avere un ruolo – nel nostro piccolo – all’interno del conflitto che si svilupperà.
[1] Da Treccani: contemperare 1. a. Adattare una cosa, conformarla alla natura, all’essenza, al temperamento di un’altra; adeguare a un’esigenza, a una situazione. b. Moderare, correggere, mitigare: c. la severità dei rimproveri con la dolcezza dello sguardo. 2. letter. Mescolare con giusta proporzione: [Giove] contemperò piu diversamente che per l’addietro i colori del cielo (Leopardi).
[2] https://www.usb.it/leggi-notizia/usb-la-commissione-di-garanzia-ci-sanziona-e-promette-restrizioni-sugli-scioperi-sara-una-battaglia-di-liberta-e-democrazia-1021.html