I PADRONI AFFILANO LE ARMI: ECONOMIA DI GUERRA PER NOI, ANCORA MAGGIORI PROFITTI PER LORO
Mentre diventano sempre più evidenti le conseguenze criminali di non aver fermato le produzioni non necessarie a causa delle pressioni di confindustria, disposta a continuare ad accumulare guadagni sui cadaveri delle vittime dell’epidemia, ecco che già il padronato si sfrega le mani pensando a quello che verrà “dopo”. Ieri infatti gli industriali, decisi a non lasciarsi sfuggire un’occasione ghiotta di aumentare il loro profitto e limitare i salari, hanno proposto a mezzo stampa la loro “ricetta” per il dopo-pandemia, incuranti dei casi che continuano ad aumentare e di un sistema sanitario ormai al collasso, riassumibile in un’espressione: economia di guerra, con restrizioni dei diritti sindacali e “mani libere” per loro, da notare come ormai non serva più invocare “nuove riforme”, a quanto pare si riconosce che tutto quello che era da fare è stato fatto.
Non siamo certo stupiti da questa uscita, sappiamo bene che per il capitale ogni crisi è occasione di un’ulteriore espansione del profitto a danno della classe lavoratrice, e infatti scorrendo l’elenco delle proposte è facile scorgere l’evidenza di un tentativo del genere: si va da un allentamento dei requisiti prudenziali sui prestiti (che limitano l’uso della leva finanziaria e quindi i rendimanti) ad una generica richiesta di “semplificazione delle procedure” per avvantaggiare investimenti criminali e ruberie; si chiede il riconoscimento del virus come causa di “forza maggiore” per le esecuzioni (di cosa è facile intuirlo: sfratti e licenziamenti sopra ogni altra cosa).
Ma l’apice dell’infamia si raggiunge con la proposta di un “Comitato Nazionale per la tutela del lavoro”, che rappresenti un luogo permanente di confronto politico ed economico” per coordinare l’attività economica e il fiume di denaro che dovrebbe arrivare (nelle tasche dei soliti noti) per la ricostruzione del dopo-pandemia. Da chi dovrebbe essere composto questo comitato? Ovviamente da imprese, governo e banche! Non sia mai che nel comitato per il “lavoro” ci siano dei lavoratori! Insomma, in un paese dove la compressione salariale già prima procedeva spedita grazie alla distruzione sistematica di ogni meccanismo di garanzia e con l’attiva collaborazione dei sindacati confederali, si chiedono “pieni poteri” per spazzare via quel poco che resta dei diritti dei lavoratori.
Non siamo stupiti da questa ennesima manovra ai danni della classe lavoratrice, tutt’altro: questa è semmai l’ennesima conferma non richiesta. Organizziamoci per fermare questa manovra regressiva e repressiva, non permettiamo che il “dopo” diventi peggio del “prima”.