Dal week-end la situazione in Corvetto è diventata più pesante. Polizia e Carabinieri hanno iniziato ad entrare nei cortili e nelle case per sciogliere gli assembramenti mentre i posti di blocco sono aumentati. Chiunque può essere fermato. Spesso durante il fermo la polizia non solo chiede le motivazioni dell’uscita ma controlla anche il terminale e perquisisce.
Spesso è proprio l’esito del terminale a fare la differenza: non importa se la borsa della spesa sia colma o il cane nell’area cani. Se il poliziotto di turno riconosce un profilo che non gli piace, ecco la multa; tanto poi, come ripetono, “si può sempre far ricorso…”
Ma nei quartieri popolari, dove la povertà rende difficile mantenere la fedina penale pulita, questo comportamento è fortemente discriminatorio. Ed è inutile sottolineare come questo tipo di controllo non abbia nulla a che vedere con il contenimento del contagio, ma sia solo una pratica vessatoria.
Come se poi questo non bastasse, il quartiere si è riempito di poliziotti in borghese. In diverse occasioni sono stati visti multare signori anziani colpevoli solo di voler prendere una boccata d’aria seduti da soli sulle panchine.
Le case popolari sono notoriamente piccole ed affollate e non tutti hanno i servizi igienici all’interno delle mura. Chi vive nelle case popolari, che a stento riesce a fare la spesa, non ha gli intrattenimenti e gli svaghi di chi abita nei quartieri alti. Non ha i terrazzi al sole, il giardino privato dove far giocare i bambini, né tantomeno i soldi per farsi consegnare la cena bio a domicilio.
Un motivo in più perché le persone di questo quartiere, ammassate nelle case, hanno ancor più bisogno di uscire, respirare aria pulita e provvedere ai propri bisogni.
Ci sono stati dei momenti in cui l’attività della polizia è divenuta una frenetica caccia all’uomo, fino ad ottenere il tetro spettacolo della strada vuota illuminata solo dai lampeggianti blu delle guardie.
Questo trattamento, lo ripetiamo, non è riservato a tutti gli abitanti di Milano, basta fare qualche passo fuori dal quartiere, per respirare un’aria più rilassata.
La polizia ha un comportamento arrogante e paternalistico. Non si comprende in nome di cosa siano loro a decidere quali comportamenti trasmettano il virus e cosa invece è sicuro. Il dubbio diventa più forte quando poi vediamo proprio poliziotti e carabinieri assembrarsi, indossare la mascherina in modo non corretto, non indossare i guanti, toccare la gente, invadere il metro di distanza, frequentare luoghi affollati come le caserme e caricare le persone in macchina senza motivi urgenti.
Si comportano, insomma, come se la loro divisa li rendesse immuni al virus.
Sulle bacheche dei social sono comparse immagini agghiaccianti di un gruppo di polizia che a Modena aggredisce e picchia un ragazzo sotto casa di fronte ai genitori, o di una persona a Torino colpita e atterrata da due scariche di taser di fronte alle Poste.
Ha fatto sorridere in questi giorni il frontale tra due volanti nelle strade deserte di Milano. Questo avviene perché si sentono i padroni della strada. L’atteggiamento sta diventando ogni giorno più spavaldo e vessatorio. Arrivano sgommando, fanno gare di velocità mentre portano qualcuno in caserma e si divertono a premere sull’acceleratore. La città è diventata il loro parco giochi.
Non sappiamo quanto questa situazione durerà, quello che stiamo sperimentando sulla nostra pelle è che la polizia rende le strade luoghi pericolosi e incerti. Ma qualcosa si può comunque fare.
Durante un fermo in piazza, alcune persone sono intervenute impedendo che la polizia portasse via una persona che protestava per essere stata multata mentre era in area cani col suo cane. Il fastidio delle persone si intravede negli insulti a denti stretti (per ora) che si sentono risuonare quando qualcuno viene fermato. Nei cortili l’arroganza della polizia è un argomento che viene sempre più fuori.
Non accettiamo di vivere nella paura. La solidarietà è un’arma, se reagiamo uniti possiamo rendergli il lavoro difficile.