Mentre il governo prorogava le restrizioni per le misure di contenimento dell’epidemia da coronavirus fino al 3 maggio, alla vigilia di Pasqua il ministro dell’interno, Luciana Lamorgese, intanto inviava ai prefetti una allarmata direttiva invitandoli a mettere in campo “una strategia complessiva di presidio della legalità” per prevenire malcontenti e tensioni sociali.
“Alle difficoltà delle imprese e del mondo del lavoro – scrive Lamorgese nella direttiva ai prefetti – potrebbero accompagnarsi gravi tensioni a cui possono fare eco la recrudescenza di tipologie di delittuosità comune e il manifestarsi di focolai di espressione estremistica”.
Compito dell’intelligence italiana (servizi segreti) quello di supportare governo e prefetti nell’attività di monitoraggio per “contenere le manifestazioni di disagio che possono verosimilmente avere risvolti anche sotto il profilo dell’ordine e sicurezza pubblica”.
Il Governo a fine marzo-inizio aprile aveva messo in campo alcuni minimi strumenti di sostegno a chi ha perso il lavoro o si trova in palesi difficoltà economiche (vedi il bonus-spesa e i 6oo euro del decreto “Cura-Italia”), ma è evidente come questi siano ad ora del tutto inadeguati a fronteggiare l’avanzare dell’impoverimento di molte categorie di persone (lavoratori precari, in nero, disoccupati, piccoli commercianti schiacciati dal peso degli affitti, ecc…) e dai palazzi sanno bene che il perdurare delle restrizioni potrebbe innescare delle proteste sociali, magari inizialmente diffuse e disorganizzate, espresse magari con singoli saccheggi di supermercati e piccoli espropri, ma un domani chissà.
Al fine di scongiurare questa eventualità che tanto spaventa lorsignori, il ministro chiede dunque ai prefetti, di concerto con gli enti locali e comunali, di “dare massimo impulso alle attività di ascolto, di dialogo e di confronto con gli attori istituzionali, i rappresentanti territoriali delle categorie produttive, delle parti sociali e del sistema finanziario e creditizio” nonché di “intercettare ogni segnale di possibile disgregazione del tessuto sociale ed economico, con particolare riguardo alle esigenze delle categorie più deboli” e svolgere “un’opera di sensibilizzazione rivolta agli enti territoriali competenti ad adottare ulteriori misure di sostegno a situazioni di disagio sociale ed economico e di assistenza alla popolazione anche attraverso l’attivazione di sportelli di ascolto e la promozione di iniziative di solidarietà a vantaggio delle fasce di cittadini con maggiori difficoltà. In tale ambito, una particolare premura dovrà essere prestata, tra gli altri, al tema del disagio abitativo che nell’attuale scenario è destinato a subire un incremento significativo, a maggior ragione in quei contesti territoriali nei quali più alto è il rischio di tensioni”.
Insomma, la paura di possibili proteste e rivolte è tale nei politici e nei padroni, al punto da invocare quelle misure mai attuate, come quelle volte ad attenuare il disagio abitativo, dopo che per anni la politica ha preferito agevolare le speculazioni edilizie private abbandonando qualsiasi piano di investimenti pubblici nel settore delle case popolari e delegando semmai al volontariato (spesso di stampo caritatevole, mai realmente solidale) la risoluzione di queste problematiche.
Quello della casa, infatti, è un tema caldo, come evidenzia il successo nel mondo della campagna per lo “sciopero degli affitti” lanciata dagli anarchici statunitensi, e che ha preso piede anche in Italia.
Ad oggi, infatti, non solo non si è mai parlato di blocco del pagamento dei canoni di affitto delle persone che in questo momento si trovano nella condizione – volenti o nolenti – di non poterli pagarli ma dal governo non è stata nemmeno presa in considerazione nessunissima misura per la loro momentanea sospensione. Il governo ha previsto solo una compensazione economica nel decreto “Cura-Italia” per i commercianti (l’affitto va comunque pagato anche qui, e poi si recupera al 60% indicando sull’F24 nella sezione Erario nella colonna “Importi a credito compensati” il codice tributo 6914 “Credito d’imposta canoni di locazione botteghe e negozi – articolo 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18”). Questo riguarda, dunque, soltanto l’affitto di attività commerciali e non le abitazioni.
Allo stesso modo, nei decreti del governo non è stata inserita nessuna misura di sostegno alle persone disoccupate o a quelle che prima del “lockdown” lavoravano in nero nel sommerso, che è una delle tipologie di lavoro più diffuse nel “belpaese” (poiché è una tipologia che prevede ampie possibilità di sfruttamento da parte del datore e nessuna tutela per il lavoratore).
Insomma, la questione sul tavolo non è se l’insofferenza diffusa e le proteste scoppieranno, ma quando queste scoppieranno. E sappiamo anche, una volta scoppiate, come verranno affrontate dal governo, dato che esso non può – e nemmeno vuole, se è per questo – risolvere le problematiche sociali e il divario economico esistente tra le varie classi sociali (al limite può soltanto provare a ridurle per renderle accettabili) ma può soltanto “contenere le manifestazioni di disagio” riconducendole sotto “il profilo dell’ordine e sicurezza pubblica”.

Vedi la direttiva del ministro Lamorgese:
https://www.interno.gov.it/…/direttiva-ministro-emergenza-c…

 

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