Il Grande fratello si può fare al tempo del Coronavirus

Il Garante della Privacy Antonello Soro: “Misure eccezionali purché siano proporzionate e limitate nel tempo”. Cellulari e Google maps per controllare se ci si muove troppo

Verremo tracciati tutti. La libertà al tempo dell’emergenza è un concetto difficilissimo da maneggiare. Lo dimostrano tutte le vicende delle guerre, e questa a suo modo lo è, in cui i diritti personali e civili sono andati in sofferenza. Il Coronavirus ha portato il Grande Fratello, tra cellulari e Google maps ogni movimento, seppur in maniera non direttamente personalizzato, finisce dentro il cervellone del nuovo controllo di Stato. Nella stanza dei bottoni gli italiani diventano delle particelle monitorate. Non più solo dalle Forze dell’Ordine, chiamate a multare chi non rispetta le regole, ma anche dalle nuove tecnologie che per la prima volta diventano protagoniste della lotta a un contagio. Nella prima pandemia al tempo dell’innovazione digitale si impone un tema epocale: quanto i diritti costituzionali dei cittadini italiani sono compatibili con una normativa da tempi di guerra?

Di certo saranno messe in atto misure eccezionali per far fronte all’emergenza, purché siano proporzionate e limitate nel tempo. È il monito del Garante per la Privacy, Antonello Soro, che si sta confrontando in queste settimane con il governo e la Protezione civile, dicendosi pronto a collaborare se arriveranno proposte da organismi e istituzioni competenti.

Privacy e tutela della salute è il grande tema, nel giorno in cui il governatore del Veneto Luca Zaia dice che “controllare le persone, i loro spostamenti, grazie ai cellulari, per verificare il rispetto delle norme contro il coronavirus sarebbe un’ottima soluzione, ma servono norme giuridiche”. In pratica la Regione Lombardia in collaborazione con le compagnie telefoniche di rete mobile ha monitorato i cellulari per verificare gli spostamenti dei possessori di telefono al di fuori di una cella telefonica.

Anche Google sta studiando come l’utilizzo di dati aggregati e anonimi potrebbe aiutare la lotta al Coronavirus. Un esempio potrebbe essere il supporto alle autorità sanitarie per determinare l’impatto del distanziamento sociale, in modo simile a quello per cui mostriamo gli orari di punta nei ristoranti e i flussi del traffico in Google Maps. Tuttavia un portavoce dell’azienda americana spiega che tale monitoraggio non includerebbe la condivisione di dati sulla posizione personale, sugli spostamenti e sui contatti di nessuno.

A questo proposito, spiega il Garante Soro in un’intervista di ieri all’Ansa, “bisognerebbe conoscere proposte più definite. Non esistono preclusioni assolute nei confronti di determinate misure in quanto tali. Vanno studiate però molto attentamente le modalità più opportune e proporzionate alle esigenze di prevenzione, senza cedere alla tentazione della scorciatoia tecnologia solo perché apparentemente più comoda, ma valutando attentamente benefici attesi e costi, anche in termini di sacrifici imposti alle nostre libertà”.

Ha un senso quindi parlare di tutela della privacy in un momento in cui è predominante l’interesse generale a combattere la pandemia? “Non solo ha senso – rispondeva ieri Soro – ma è essenziale per consentire di orientare l’azione di prevenzione nel modo più equilibrato e compatibile con i principi democratici. I diritti possono, in contesti emergenziali, subire limitazioni anche incisive, ma queste devono essere proporzionali alle esigenze specifiche e temporalmente limitate”.

Infatti il 2 febbraio – ovvero due giorni dopo la dichiarazione dello stato di emergenza da covid19 – l’Authority per la Privacy ha espresso un parere favorevole, sulle misure previste dal Governo, ampiamente derogatorie – come inevitabile – delle regole generali.

 

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