Sulla prima linea

21 aprile 2020

C’è chi non accetta di pagare il prezzo troppo alto di questa crisi in una lotta quotidiana per la vita. L’emersione di comportamenti di rifiuto, di richieste di necessità, di riformulazione di bisogni è ciò che possiamo intravedere come spinta e possibilità di presentare il conto.

Attraverso l’inchiesta che vogliamo presentare in queste righe, sviluppatasi come una rete che costruisce nodi un po’ qua e un po’ là, ci si propone, innanzitutto, di raccogliere una panoramica di esperienze e racconti vissuti in prima linea. Voci di persone che, a loro dire, nulla hanno di leggendario ma tutto di drammaticamente reale. Tanto reale quanto le ore di vita regalate a chi nei passati decenni ha scelto di tagliare i fondi e i letti di ospedale, quanto il rischio di contagiarsi e di portare la malattia a casa dai propri cari. Reale quanto il peso di convivere quotidianamente con la morte, una morte di massa in una solitudine assordante. Quanto la responsabilità di riorganizzare il proprio lavoro nell’emergenza perché nella cosiddetta normalità i dirigenti hanno pensato esclusivamente alla produttività dimenticandosi di costruire un accesso alla cura equo e universale.

L’intento dell’indagine è sì di partire dall’ambito della sanità, evidentemente “epicentro della crisi e della sua gestione” inteso come luogo di osservazione e di potenziale attivazione privilegiato, in quanto contenitore della trasformazione in atto dei rapporti che riproducono il sistema, e la società stessa, nel continuo trovarsi di fronte alla condizione o di vita o di morte. Nelle interviste che seguiranno proviamo a comprendere questi rapporti: com’erano, come sono ora, perché non funzionano ma anche come e perché cambiano. Non vorremmo limitarci a questo ambito ma provare ad addentrarci nella formazione trasformata in telelavoro, nel ricatto travestito da missione per chi lavora nei settori essenziali del settore sociale, nelle manifestazioni di forza degli operai che si sono rifiutati essere trattati da merce. I limiti precedenti all’emergenza emergono in maniera dirompente e stanno nell’impossibilità stessa di riorganizzare il lavoro secondo i criteri di sicurezza, perché mancano spazi adeguati, manca personale degnamente pagato e formato, mancano forniture di materiali. In questo momento più che mai è ora di immaginare e mettere le basi per una società in cui l’educazione, la cura, la presa in carico delle fasce più deboli, la tutela, la prevenzione, la salute non siano costi scaricati su soggetti sfruttati sia nella sfera della produzione che in quella della riproduzione sociale.

Perché? Perché tutte quelle capacità umane che fino ad oggi sono state schiacciate dentro la dimensione del consumo e della produttività conoscono spinte inedite e si riappropriano del loro valore. Attraverso le parole di chi sta in prima linea possiamo iniziare a darne un nome, stabilire dei confini dell’accettabilità: qualcosa di estremamente prezioso, risorsa antagonistica a un sistema da (s)travolgere. Perché accumularle significa costruire un sapere di parte, autonomo e che sia patrimonio collettivo.

Per provare a essere all’altezza della sfida, inforcando le lenti giuste per individuare le domande nuove che, prima soffocate dal fluire della normalità, possono sorgere. Per esserci nelle nuove direzioni che inizia a prendere la storia. O che potrebbe, se colte in tempo.

Per iniziare questo percorso vi proponiamo una dettagliata intervista che abbiamo fatto a uno specializzando anestesista rianimatore che svolge il suo lavoro nei reparti di terapia intensiva. Periodicamente, ogni lunedì mattina, faremo uscire una nuova puntata di questo lavoro d’inchiesta, con nuove interviste e materiali. Buona lettura!

Sezione sanità:

Prima puntata: Intervista dalla terapia intensiva

Seconda puntata: «Ci sono una serie di limiti e problemi che questo sistema ha sempre avuto»

Terza puntata: Voci dalla corsia, tampone sì tampone no

Quarta puntata: Cosa vuol dire lavorare in una USCA?

Quinta puntata: «Una medicina più medicalizzata e molto meno umana»

Sesta puntata: Il punto di vista di un’epidemiologa

Settima puntata: Un medico di territorio in pieno distanziamento sociale

Sezione formazione:

Prima puntata: Mal-formazioni: primi esiti dell’inchiesta sull’emergenza nel settore della scuola

Qui inseriamo la pubblicazione di alcune lettere che abbiamo ricevuto in queste settimane in relazione all’inchiesta [Sulla prima linea]. Sono lettere molto interessanti perchè, se pur parzialmente, riportano i frammenti condivisi di un’esperienza comune che stiamo vivendo, quella della crisi da Covid, mostrando le omogeneità e le specificità dei contesti dalla voce viva di chi li abita. Sono testimonianze e denunce necessarie delle condizioni di vita, di sfruttamento e di impoverimento che la crisi sta facendo venire a galla, ma che erano spesso preesistenti.

In bilico, in un equilibrio tragicomico

Le taskforce territoriali dei medici mandate allo sbaraglio

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FONTE: https://www.infoaut.org/precariato-sociale/sulla-prima-linea


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