Sembra di essere in guerra, in stato d’assedio. Ovunque sui media si parla di combattimenti e combattenti, di trincee, di eroi, di caduti. È solo retorica funzionale o è in qualche modo la realtà? Forse siamo davvero in guerra, quella che lo stato e il nuovo capitale digitale stanno conducendo contro i poveri e i refrattari di tutto il mondo già da tempo. 30 anni di internet, smartphone, telecamere nelle strade, repressione giuridica e poliziesca, psicofarmaci, medicalizzazione dei corpi, devastazione (riqualificazione) dei quartieri, scrittura della storia da parte dei vincitori… Tutto ciò ha cancellato ogni traccia di memoria delle lotte passate e abituato lentamente la popolazione a servire con gusto gli interessi di governi e capitale. Ed eccoci arrivati alla terapia d’urto. Senza il consenso che i governi hanno conquistato pian piano negli anni e che altri hanno pagato con morte e galera, non sarebbe stato possibile ciò che vediamo in questi giorni.
“Io resto a casa”, io non scendo in strada, non lavoro quindi ho molto più tempo da passare in fila al supermercato per ore, ordino tutto da internet, guardo Netflix tutto il tempo quindi ho bisogno di sempre più giga, seguo le lezioni scolastiche da casa quindi mi serve una connessione fissa.
Mentre “faccio” tutto questo, quando esco a far la spesa guardo con sospetto e diffidenza i pochi individui che incontro, accelerando il processo di frammentazione sociale che è stato imposto negli ultimi quarant’anni. Appena torno a casa però, quando mi metto al sicuro dietro lo schermo e ascolto le parole d’ORDINE diffuse in modo virale dai media, mi sento parte della patria in guerra, non più sospettoso e diffidente, ma collaborativo e responsabile. Sono il milite ignavo di un fronte unito, compatto, astratto da ogni differenza sociale, di classe. Godo di un’armonia calata dall’alto, tanto falsa per me quanto utile a chi mi governa. In fondo ciò accadeva anche nella vita “normale” quando aderivo ai fronti unici per l’ambiente, per la salvezza del pianeta. Ora milito per la sicurezza della nazione. Non ragiono, non metto in discussione, mi mobilito e basta. Non vado alla radice dei miei guai per individuarne i responsabili.
In fondo siamo tutti sulla stessa barca, no?
Ma certo che no. I governanti, la scienza medica che si fa politica, la forza poliziesca e militare che stanno gestendo direttamente le nostre vite non sono sulla nostra stessa barca. Mentre i governi sperimentano nuove forme di controllo di massa, mentre si riformulano gli assetti geopolitici internazionali, la scienza, quella con la esse maiuscola, a livello globale assume un ruolo predominate e inattaccabile. Nessuno più osa mettere in discussione i diktat elargiti dai professoroni con curriculum lunghi come autostrade. Ne è un esempio lampante l’Organizzazione Mondiale della Sanità che in questa particolare fase storica si è fatta carico, prepotentemente, delle sorti dell’intero pianeta. È lei che detta le linee guida che i governi devono seguire ed è lei che decide la pericolosità di una determinata malattia senza ombra di smentita. Non a caso appena è stata dichiarata la pandemia per il coronavirus grossa parte delle nazioni mondiali sono diventate enormi prigioni con centinaia di milioni di detenuti.
Se si va però a scavare, nemmeno tanto in profondità, si scopre che parecchi membri di questa organizzazione hanno interessi diretti in varie piccole e grandi aziende farmacologiche che si occupano, guarda caso, di produrre vaccini per combattere i virus epidemici.
Creare la malattia e poi creare gli strumenti per curarla è un ottimo metodo per fatturare miliardi di euro che gli stati sborseranno alla faccia di tutti noi poveri coglioni che seguiamo indicazioni “scientifiche” ridicole come lavarsi diligentemente le mani, mantenere le distanze quella rara volta che usciamo e gioire per inutili disinfestazioni. Quando saranno messi in commercio i vaccini che verremo tutti obbligati a dover fare, saranno le case farmaceutiche e gli stati a trarne grandi profitti, non certo chi è rimasto chiuso in casa fino ad ora.
È molto probabile che le restrizioni messe in atto in questi giorni non verranno ritirate una volta conclusa l’emergenza. L’ideologia del progresso non torna mai indietro e lo stato non butta via niente. Uno dei mantra di questo periodo è proprio “nulla tornerà come prima”. Rendere norma l’emergenza è l’obiettivo ormai chiaro che il potere, politico e non, si prefigge per spazzare via qualsiasi tipo di dissenso all’interno del corpo sociale.
Gli abitanti dell’Italia stanno facendo da cavie a una domanda importante. Ci si chiede come reagiranno le persone quando si addormenteranno con la pillola dorata della democrazia e si sveglieranno in un’aperta dittatura? Viene da rispondere: bene, se a risolvere il problema c’è la grande quantità di schermi, piccoli e grandi, che sembrano farci evadere dalle quattro mura di casa. Però, per favore, installate il 5 G.
A dire il vero, gli unici ad essere evasi in questo momento sono quelle decine di prigionieri che dalle carceri in rivolta hanno mostrato di essere il nervo scoperto dell’autorità e dei suoi diktat . Quanto a tutti gli altri abitanti del cosiddetto mondo libero, essi restano prigionieri nelle mura di casa e non sarà certo una connessione internet a spezzare la reclusione mentale e fisica. Saranno partecipi dell’ennesima rivoluzione delle nostre vite calata dall’alto. Quando il capitale globale si ristruttura l’unico metodo che funzioni è quello dello shock, della terapia d’urto. Quale miglior occasione che un’emergenza virale?
Insomma, emergenze di qua, emergenze di là. Ci mancava solo la pandemia oltre a quelle di tutti i giorni.
Tanto per cominciare, EMERGENZA CARCERI, che più che un’eccezione è la normalità, dato che la galera era un inferno anche prima, con la differenza che ora una trentina di prigioni si sono rivoltate e 14 detenuti sono stati uccisi dalle guardie e dal sistema carcerario.
EMERGENZA SANITARIA, forse un vero e proprio collasso, che dovrebbe finalmente sfatare il luogo comune che lo Stato serve, è indispensabile, perché può salvarci, perché da soli non ce la faremmo; perché se ci prende un’epidemia, un tumore o una cardiopatia (che l’inquinamento e lo stress ci hanno provocato), ci vogliono gli ospedali. Peccato che allo stato, per sua natura, interessino più i soldi che la salute, cosicché negli ultimi anni sono stati chiusi almeno un centinaio di ospedali pubblici; cosicché i limiti mostrati in questi giorni possono solo accelerare il processo di privatizzazione della sanità. Ciò significherà che, come in ogni altra cosa, soltanto alcuni avranno il privilegio di essere curati. Quindi lo Stato non servirà neanche più a questo. E allora sarà evidente che esso è indispensabile solo per qualcuno, e cioè per chi lo sostiene con i suoi soldi per trarne un tornaconto. Ma per chi lo alimenta col suo sudore per riceverne ordini e sottomissione, esso è solo un cappio. D’altronde si sa che la medicina può convertirsi facilmente in politica. Quando non si è in grado di curare, l’unica terapia che tenga è la repressione.
EMERGENZA MIGRANTI, loro sì che sono davvero su una barca, non quella del “bene comune” ma una delle tante fatte affondare nel Mediterraneo oppure messe in quarantena in mare , o, ancora, svuotate per deportare i passeggeri in un qualche lager. Intanto Grecia e Turchia, entrambi alleati NATO, aprono fuoco al confine. La Turchia usa le vite dei profughi come oggetto di pressione sull’Unione Europea e “libera” la frontiera verso nord nel mentre che la Grecia la chiude sparando; i nazisti, poi, mobilitati al confine danno la caccia all’uomo in sella a trattori. Milioni di persone erano e sono un problema che l’Unione Europea può risolvere soltanto finanziando un dittatore come Erdogan o chiudendo le frontiere e sparando. E quale momento migliore per alzare muri? E che dire dell’arrivo di 37.000 soldati in Europa per una esercitazione NATO chiamata “DefenderEurope”, nel mentre che la Turchia chiede aiuto nella guerra contro la Siria, a sua volta finanziata dalla Russia?
EMERGENZA CLIMATICA, il pianeta in fiamme fino a ieri, e ora vengono a dirci che in Cina grazie al blocco della produzione c’è stata una riduzione delle emissioni di CO2. A dire il vero, che fino a quando le fabbriche continueranno a produrre la natura verrà devastata e le persone sfruttate, era evidente anche prima, ma non per questo le fabbriche smetteranno di produrre. Se esse vengono chiuse dall’alto, prima o poi riapriranno e quindi niente sarà cambiato davvero. Piuttosto, ciò che sembra vogliano dirci è che la mobilitazione totale, che invece di mandarci in trincea ci rinchiude dentro casa, funziona su tutti i fronti. Funziona tanto sul fronte unito più interclassista che sia stato creato negli ultimi anni per la pacificazione sociale, ovvero quello ambientalista, quanto sul fronte del controllo sociale e della rivoluzione digitale.
Insomma, dalle emergenze di tutti i giorni alla emergenza delle emergenze. Ma, forse, non è che ciò che sta emergendo davvero è la dura realtà quotidiana dei fatti? È ciò che in fondo c’è sempre stato e che una pandemia sembra venuta a rischiarare?
È vero, ci hanno tolto gli strumenti, innanzitutto il cervello, per capire e interpretare la realtà. Gli unici mezzi per conoscerla sono quelli mediatici che la masticano e la sputano a uso e consumo del Potere, distogliendo sistematicamente lo sguardo. È il vecchio inganno del dito e della luna. Se il dito indica la luna, lo stolto guarda il dito. Ma se abbiamo ancora gli occhi per vedere le conseguenze possiamo agire di conseguenza.
Molto banalmente, i nodi sono saliti al pettine: nel caso non fosse già chiaro, il carcere è un inferno, la sanità non serve a niente, il governo sciacalla sull’emergenza mettendoci agli arresti domiciliari, internet è la nostra ora d’aria mefitica.
Le parole d’ordine sono slogan che servono a costruire o a conservare, appunto, l’ordine imposto. Le forze dell’ordine servono a farlo rispettare con le armi della legge e col monopolio della violenza. Il linguaggio del potere costruisce gabbie da cui evadere e i suoi gendarmi hanno un monopolio che va spezzato.
C’è differenza tra una vita conservata in campana ed una vita vissuta senza briglie.